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lunedì 22 maggio 2017

Lo sperimentalismo emozionale di Amelia Rosselli


Premessa

A partire dalla seconda età del Novecento la poesia si trova in una fase difficile e complessa. La diffusione dei nuovi linguaggi e i grandi cambiamenti che interessano il mondo della comunicazione , provocano sulla poesia effetti contraddittori. Da una parte essa si trova messa in discussione perché considerata uno strumento espressivo superato, dall'altra parte può essere indicata quale unica alternativa possibile alla crisi della comunicazione fra gli individui. Si possono riconoscere due tendenze generali : una di tipo sperimentale , dunque di ricerca di avanguardia , una di tipo restaurativo o regressivo che ripropone la riscoperta di modi espressivi del passato. Nonostante il clima incerto, in Italia continua anche nella seconda metà del Novecento la stagione fortunata che caratterizza la nostra poesia del primo Novecento. Innanzitutto prosegue ad alto livello l’attività di alcuni grandi poeti già affermatisi nel periodo precedente.(basti pensare a Montale, attivo fino alla morte nel 1981); contemporaneamente si affaccia una nuova importante  generazione di poeti, nati per lo più negli anni Venti. Alcuni esordiscono nel  Dopoguerra , come Vittorio Sereni, Andrea Zanzotto, Pier Paolo Pasolini, altri come Sanguineti e  Pagliarani pubblicano intorno alla metà degli anni Cinquanta.E le donne? Nell'esiguo canone delle scrittrici del Novecento, Amelia Rosselli occupa un posto importante.



 Nata a Parigi nel 1930 dall'esule antifascista Carlo Rosselli e da madre inglese, oltre che in Francia, ha vissuto negli Stati Uniti e in Inghilterra. Rientrata in Italia nel 1950, si è stabilita a Roma, dove ha abitato fino alla morte, avvenuta nel 1996. Ha compiuto studi di teoria e composizione musicale, che hanno influenzato al sua scrittura in versi, e ha svolto attività di traduttrice e giornalista. Il suo debutto italiano in poesia avviene nei primi anni ’60, quando Pasolini pubblica una scelta dei suoi versi sulla rivista “Il Menabò" (1963) seguita dalla raccolta poetica Variazioni belliche, 1964. In seguito ha pubblicato: Serie ospedaliera, 1969 contenente il poemetto "La libellula", Documento, 1976 che raccoglie le poesie tra ‘66 e il ’73, Impromptu, 1981, Appunti sparsi e persi, 1983
Sleep, 1992. È autrice di versi anche in altre lingue, Primi scritti (1980) raccoglie testi in inglese, francese e italiano scritti tra il ‘52 e il ’63.  


Sonia Bergamasco racconta A. Rosselli
https://www.youtube.com/watch?v=3wxdwbHmfyw&t=6s







Una curiosità: si chiamava Amelia anche la madre dei fratelli Carlo e Nello Rosselli.




La Rosselli non è coinvolta dal peso della tradizione , non insegue un processo di svecchiamento della lirica italiana   e si tiene piuttosto in disparte dall'ambiente dell'Avanguardia  anche  per l'impronta in maschile del gruppo . Intanto  continua senza sosta a coltivare l’idea precisa e dichiarata di una  lingua poetica universale come universale è  la musica , in tal modo punta  al cuore della sua personale  ricerca e scandaglia l’esperienza sofferta nel corpo e nella psiche. Va comunque detto che  la poetica, fortemente innovativa nelle forme e dai toni profondamente dolorosi della Rosselli,  dà vita ad alcuni dei momenti più alti della sperimentazione letteraria contemporanea.

Punto di forza ? La competenza musicale ha inoltre  favorito nella Rosselli la ricerca di una nuova metrica, dove il valore fonico delle sillabe , delle vocali e delle consonanti, il ritmo della frase finiscono per prevalere sul significato e sulle forme consuete della lingua: questo comporta l’invenzione di parole , la polivalenza del significato, la presenza di metafore oscure che dicono le cose mentre le celano, e, non ultima l’esigenza che la poesia sia detta ad alta voce, ascoltata più che letta.
La poesia della Rosselli è unica, nel panorama letterario italiano, per il senso che trasmette di un coinvolgimento emotivo totale nella parola e , non solo. (Un precedente può forse essere indicato nella” scrittura automatica” teorizzata dai surrealisti , a patto però di aggiungere subito che si tratta di un automatismo voluto e controllato, regolato da un’attenta scansione ritmica). Musica, ritmo, suono, contaminazione delle lingue, ricerca di sempre nuovi sensi da comunicare: forma e significato sono elementi altrettanto imprescindibili e altrettanto curati nel fare poetico di Amelia Rosselli, della quale ormai non resta che ascoltare la voce:


Contiamo infiniti cadaveri di Amelia Rosselli


Questi versi appartengono alla serie Variazioni, datata 1960-1961
qui Rosselli piange il limite umano di fronte al male

5) Contiamo infiniti cadaveri. Siamo l’ultima specie umana.
Siamo il cadavere che flotta putrefatto su della sua passione !
La calma non mi nutriva il solleone era il mio desiderio.
Il mio pio desiderio era di vincere la battaglia, il male,
la tristezza, le fandonie, l’incoscienza, la pluralità
dei mali le fandonie le incoscienze le somministrazioni                                         
d’ogni male, d’ogni bene, d’ogni battaglia, d’ogni dovere
d’ogni fandonia: la crudeltà a parte il gioco riposto attraverso
il filtro dell’incoscienza. Amore amore che cadi e giaci
supino la tua stella è la mia dimora.
Caduta sulla linea di battaglia. La bontà era un ritornello
che non mi fregava ma ero fregata da essa! La linea della
demarcazione tra poveri e ricchi.
Esplora il significato del termine: 5) Contiamo infiniti cadaveri. Siamo l’ultima specie umana.
Siamo il cadavere che flotta putrefatto su della sua passione !
La calma non mi nutriva il solleone era il mio desiderio.
Il mio pio desiderio era di vincere la battaglia, il male,
la tristezza, le fandonie, l’incoscienza, la pluralità
dei mali le fandonie le incoscienze le somministrazioni
d’ogni male, d’ogni bene, d’ogni battaglia, d’ogni dovere
d’ogni fandonia: la crudeltà a parte il gioco riposto attraverso
il filtro dell’incoscienza. Amore amore che cadi e giaci
supino la tua stella è la mia dimora.
Caduta sulla linea di battaglia. La era un ritornello
che non mi fregava ma ero fregata da essa! La linea della
demarcazione tra poveri e ricchi.
Versi liberi, che hanno però una certa costanza ritmica, per quanto estranea alla metrica italiana tradizionale.
Analisi
I temi
Sullo sfondo di un mondo di stragi, lotte e “fandonie”, l’autrice afferma la sua dedizione alle passioni forti e autentiche, la volontà di non piegarsi ai mali e alle mistificazioni sociali., la fedeltà a una “bontà” che la relega inevitabilmente tra i “poveri”.
LE FORME
Questa affermazione non è affidata solo al senso delle parole , ma più alla struttura formale della poesia che si presenta come un flusso traboccante di emozioni e di idee, apparentemente incontrollato. Più che dichiarata la passione è in atto in un  , eslamativo, e insieme ritmato come una litania, attraverso le insistenti ripetizioni.
Tutto questo sembra scaturire da un livello psichico profondo , primitivo, che non può parlare una lingua ordinaria:la Rosselli svolge continuamente le regole della comunicazione normale con le volute goffaggini della lingua (“su della” ,”la crudeltà a parte il gioco”, “ero fregata da esso”) vv.4-8, con gli scarti fra lingua letteraria” la sua stella è la mia dimora “e volgare” non mi fregava “come chi si sforzasse di balbettare una lingua mal conosciuta. Il fatto che la R. fosse stata educata in francese e in inglese ha una sua rilevanza, ma nel senso che questo le dava una particolare sensibilità linguistica,* non nel senso che non fosse che non fosse in grado di scrivere in italiano normale.
*
E’ Pasolini a scoprire la poesia di questa scrittrice, che definisce ‹‹la più grande poetessa del Novecento››.
Pasolini pubblica nel 1963, sulla rivista letteraria ‹‹Il Menabò››, diretta da Italo Calvino, una prima scelta di Variazioni belliche della Rosselli, preparazione all’edizione in volume dell’anno successivo  e descrive la sua scrittura poetica come ‘scrittura di lapsus’: versi fatti di distrazione, caratterizzati da ‹‹una grammatica di errori nell'uso delle consonanti e delle vocali››.Il tema del lapsus, aveva precisato comunque Pasolini, è un piccolo tema secondario rispetto ai grandi temi della Nevrosi e del Mistero che percorrono il tema  E’ sempre Pasolini il primo a riconoscere, nello stile di Amelia Rosselli quella venatura di tragedia collettiva: ritornano i grandi temi della Nevrosi e del Mistero che percorrono l’opera pasoliniana, ma arricchiti da una dimensione numinosa femminile, tragica e dissacrante, che unisce alto e basso, lingua del passato e del presente, trasversalità e scardinamento di regole e misure. Insomma una scrittura pericolosamente libera . 
Sonia Bergamasco racconta Amelia Rosselli





I miei occhi non s'aprono, dal
sonno o dalla tortura [...]
[...] ho un cuore che scotta
e poi si sfalda per ingenuamente ricordarsi
di non morire.
Con la malattia in bocca
spavento [...]

Lettura su Prometeo 




ANALISI DEL TESTO 


Tènere crescite mentre l’alba s’appressa tènere crescite
di quest’ansia o angoscia che non può amare né sé né
coloro che facendomi esistere mi distruggono. Tenerissima
la castrata notte quando dai singulti dell’incrociarsi
della piazza con strada sento stridori ineccepibili,
le strafottenti risa di giovanotti che ancora vivere
sanno se temere è morireNulla può distrarre il giovane
occhio di tanta disturbanza, tante strade a vuoto, le
case sono risacche per le risate. Mi ridono ora che le
imposte con solenne gesto rimpalmano altre angosce
di uomini ancor più piccoli e se consolandomi d’esser
ancora tra i vivi un credere, rivedo la tua gialla faccia
tesa, quella del quasi genio- è per sentire in tutto
il peso della noia il disturbarsi per così poco.


da Serie ospedaliera (1969)



Questo testo  si riferisce all'esperienza della  malattia e in particolare della malattia psichica che ha colpito la poetessa in una fase della sua vita.Il tema della malattia è un grande tema novecentesco . Il punto di vista del malato può diventare un punto di vista spietatamente lucido sulla realtà , un p. v.capace di smascherare quanto di inautentico si annida nei meccanismi della vita sociale.In questo caso, ad es. la p. rappresenta il p. v.della malata e rappresenta attorno alla malata alcuni fatti e le cure di alcune persone che sono con lei nell’ospedale, totalmente incapaci però di mettersi  in sintonia con il suo p. di vista . Cerchiamo molto rapidamente di ricostruire le linee generali di significato del testo.
Si avvicina l’alba e l’ansia o angoscia della persona malata si sta risvegliando.e questo risveglio di ansia o di angoscia è qualcosa che la malata sente quale fatto positivo.
Infatti il fondo della depressione costituisce nel non percepire più neanche  l’angoscia della vita , nel non avere proprio più alcun sentimento, quindi il risveglio dell’ansia che è un segnale di vitalità per la malata, potrebbe essere l’indizio di una ripresa e di un ritorno alla vita. Tuttavia la malata non può amare né se stessa, non può cioè fare un sentimento positivo su di sé , ma non può amare neppure gli altri intorno che, facendola esistere la distruggono, la costringono a vivere curandola e per questo la fanno soffrire.
Accade poi un episodio:
Dalla strada si sentono arrivare le grida allegre di ragazzi che rientrano  tardi o che sono usciti prestissimo di mattina “giovinotti- dice la poetessa- che ancora vivere sanno se temere è morire . La loro allegria è il segno di chi  può vivere felicemente perché non teme ma colui che teme, colui che vive la vita come timore, muore, non può più vivere allegramente.Questi segnali di vita che provengono dalla strada sono l’oggetto su cui si appunta l’attenzione della malata. Nulla può distrarre il giovane occhio da tale disturbanza
Cioè lei si concentra su questo signale di vita, e la R. conia qui una parola di sua invenzione disturbanza che è una parola che ha un significato ambiguo, è l’essere disturbati ma anche l’essere distolti dal fondo della depressione .Mi ridono dice dopo,  forzando la sintassi, cioè sembra che quelle persone ridono proprio per lei proprio nel momento in cui qualcuno presente nella stanza , un uomo, chiude le persiane , chiude la finestra con un gesto solenne per non farle sentire quelle risa allegre della strada. Questo gesto è il segno che quella persona non ha capito affatto lo stato d’animo della poetessa che invece era entrata in sintonia con quell’allegria e quasi quasi ne era animata . Ma il modo inautentico di vivere i rapporti interpersonali ha fatto sì che questa persona che si prende cura di lei ha piuttosto temuto che sentir ridere dalla strada potesse dar noia all’ammalata. Ecco allora a questo punto la p. dice di sentire in tutto il peso della noia il disturbarsi per così poco, sente in tutto il peso di nuovo della noia della vita cioè della mancanza di vitalità  questo gesto che è un gesto che corrisponde al vuoto modo di dire disturbarsi per così poco , tanto disturbarsi per così poco è il ridere per le strade tanto il disturbarsi per così poco chiudendo  la finestra, ma quello che più conta è la ripresa della parola disturbare dove però l’uso questa volta  corretto disturbarsi e non più disturbanza serve a segnalare una differenza : mentre il fastidio provato dalla p. per il ridere nelle strade era positivo , il disturbo da lei provato per il gesto di chiudere la finestra è il normale disturbarsi  per la inautenticità dei rapporti tra le persone incapaci ,appunto  in questo caso, di entrare in sintonia con la sensibilità profonda della malata.





Da Documento 


Pietre tese nel bosco

Pietre tese nel bosco; hanno piccoli
amici, le formiche ed altri animali
che non so riconoscere.Il vento non
spazza via il sasso,quelle fosse, quei
resti d'ombra, quel vivere di sogni
pesanti
Resti nell'ombra: ho un cuore che scotta
e poi si sfalda per ingenuamente ricordare
di non morire.
Ho un cuore come quella foresta:tutta
sarcastica a volte, i suoi rami lordi
discendono sulla testa a pesarti.
La poesia è costruita su tre momenti: di sei versi la prima,di tre le ultime due. E’ la conferma della ricerca di un controllo formale e  ritmico , che si sforza di disciplinare la materia magmatica dell’ispirazione.
Lo spunto potrebbe essere ungarettiano, per quanto riguarda il rapporto fra il “cuore”  e il “paese straziato”,ma mentre in  Ungaretti è evidente  un folgorazione analogica qui la “foresta” , motivo diffuso da Dante all’Ariosto,dal Tasso al Baudelaire di Correspondances,  è assimilato al soggetto e diviene un simbolo beffardo  che esprime attraverso i tentacoli mostruosi dei “rami lordi” una  condizione di dissoluzione e di delirio che devasta, ma non recide il legame con l’ esistenza.
La parola finale “pesarti” v.6, riprende ,con il sapiente richiamo di una circolarità ossessionante , il pesarti collocato al centro del componimento.
L’ordine formale racchiude così una materia dirompente e devastante , che richiama l’esperienza allucinata di un poeta come Dino Campana.
Vedi https://liminamundi.wordpress.com/2017/02/03/dino-campana-visionario-alla-rimbaud/
San Martino del Carso
Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato


Il suicidio

https://www.youtube.com/watch?v=5jBvt3ON_iU


Suicidio avvenuto esattamente trentatré anni dopo di quello di un'autrice da lei tanto studiata e tradotta con passione, Sylvia Plath. 

SCHOPENAUR sosteneva che il suicida vuole la vita , e in effetti stupisce la tragica esuberanza smaniosa di vita di famosi suicidi e pensiamo ad esempio a Silvia Plath, la poetessa americana che scriveva alla madre della sua " parossistica gioia di esistere" cosciente "delle fonti di tristezza e di dolore" da cui scaturivano.Scrive Silvia Plath nella poesia 



ARIEL DI Sylvia Plath

Stasis in darkness. 
Then the substanceless blue   
Pour of tor and distances. 

God’s lioness,   
How one we grow, 
Pivot of heels and knees!—The furrow 

Splits and passes, sister to   
The brown arc 
Of the neck I cannot catch, 

Nigger-eye   
Berries cast dark   
Hooks—

Black sweet blood mouthfuls,   
Shadows. 
Something else 

Hauls me through air—
Thighs, hair; 
Flakes from my heels. 

White 
Godiva, I unpeel—
Dead hands, dead stringencies. 

And now I 
Foam to wheat, a glitter of seas.   
The child’s cry 

Melts in the wall.   
And I 
Am the arrow, 

The dew that flies 
Suicidal, at one with the drive   
Into the red 

Eye, the cauldron of morning.


ARIEL
Stasi nel buio.
Poi l'insostanziale azzurro
versarsi di vette e distanze.
Leonessa di Dio,
come in una ci evolviamo,
perno di calcagni e ginocchi! - La ruga
s'incide e si cancella, sorella
al bruno arco
del collo che non posso serrare,
bacche
occhiodimoro oscuri,
lanciano ami -
boccate di un nero dolce sangue,
ombre.
Qualcos'altro
mi tira su nell'aria -
Cosce, capelli;
dai miei calcagni si squama.
Bianca
godiva, mi spoglio -
Morte mani, morte stringenze.
E adesso io
spumeggio al grano, scintillio di mari.
Il pianto del bambino
nel muro si liquefà.
E io sono la freccia,
la rugiada che vola suicida,
in una con la spinta
dentro il rosso
occhio, cratere del mattino.


Prometeo 


Disse bene anni dopo il critico Pier Vittorio Mengaldo a proposito della lingua della Rosselli definendola: ‹‹un organismo biologico, le cui cellule proliferano incontrollatamente in un'attività riproduttiva che come nella crescita tumorale diviene patogena e mortale››. Molti critici infatti, valutando la quantità di elementi di disagio, malinconia, depressione, nevrosi di cui le poesie sono colme, concordano nel sostenere che quello di Amelia Rosselli sia stato un suicidio lentamente, gradatamente preannunciato nei suoi versi. 



Biografia • Il ritmo faticoso della sofferenza
Bibliografia essenziale


Amelia Rosselli nasce il 28 marzo del 1930 a Parigi, figlia di Marion Cave, un'attivista del partito laburista britannico, e di Carlo Rosselli, esule antifascista (fondatore di Giustizia e Libertà) e teorico del Socialismo Liberale.
Nel 1940, ancora bambina, è costretta a fuggire dalla Francia in seguito all'assassinio, compiuto dalle cagoulards (le milizie fasciste), del padre e dello zio Nello, voluto da Benito Mussolini e da Galeazzo Ciano.
Il duplice omicidio la traumatizza e la sconvolge dal punto di vista psicologico: da quel momento Amelia Rosselli comincia a soffrire di ossessioni persecutorie, convinta di essere seguita dai servizi segreti con lo scopo di ucciderla.
Esule con i suoi familiari, si trasferisce in un primo momento in Svizzera, per poi spostarsi negli Stati Uniti. Si cimenta in studi di carattere musicale, filosofico e letterario, pur senza regolarità; nel 1946 torna in Italia, ma i suoi studi non le vengono riconosciuti, e decide quindi di andare in Inghilterra per completarli.
Tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta si dedica alla composizione, all'etnomusicologia e alla teoria musicale, non rinunciando a realizzare alcuni saggi sul tema. Nel frattempo nel 1948 inizia a lavorare per diverse case editrici di Firenze in qualità di traduttrice dall'inglese.
Gli anni '50 e '60

In seguito prende a frequentare, tramite l'amico Rocco Scotellaro, incontrato nel 1950, e Carlo Levi, gli ambienti letterari romani, entrando in contatto con gli artisti che genereranno l'avanguardia del Gruppo 63.

Negli anni Sessanta si iscrive al Partito Comunista Italiano, mentre i suoi testi attirano l'attenzione, tra gli altri, di Pasolini e di Zanzotto. Nel 1963 pubblica ventiquattro poesie su "Il Menabò", mentre l'anno successivo dà alle stampe per Garzanti "Variazioni belliche", la sua prima raccolta di poesie. In essa Amelia Rosselli mette in mostra il ritmo faticoso della sofferenza, senza nascondere la fatica di un'esistenza contrassegnata in maniera indelebile da un'infanzia di dolore.