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domenica 26 gennaio 2014

La poetessa dell'olocausto



LETTURA: Per la Giornata della Memoria: il “Coro dei superstiti” di Nelly Sachs

Scrivevo due anni fa, e riconfermo ogni parola,aggiungo da Lettere Migranti anche la traduzione di Anna Maria Curci .



Il 27 Gennaio una data stabilita per legge. Ma la memoria non può essere identificata con una sola data (anche se il 27 gennaio è la data in cui gli alleati liberarono e aprirono agli occhi del mondo il campo di concentramento di Auschwitz). Perciò pubblico oggi una poesia di Nelly Sachs, forse la poetessa che più di altri ha saputo parlare dello sterminio degli ebrei, dei campi di concentramento, dei forni crematori, anche se non è stata ospite in nessuno dei campi allestiti dai nazisti. Lei è riuscita a riparare in Svezia (nel 1940), dove poi è sempre vissuta, facendo la traduttrice.


Nata a Berlino nel 1891, è morta a Stoccolma nel 1970. Ha scritto alcuni libri di poesie che sono tra le più drammatiche testimonianze dell’Olocausto. Ma anche dell’esilio, della condizione dell’ebreo errante. Ho scelto questa poesia di Nelly Sachs, Coro dei superstiti, perché è bella e famosa, ed è sul piano testimoniale molto intensa. Lei è stata insignita del Premio Nobel nel 1966. Quindi la lettura di questo testo – a mio parere – porta con sé un’amplificazione del suo significato che per un evento come il Giorno della Memoria è molto importante. La motivazione del Nobel diceva: ”Per la sua lirica lirica notevole e la scrittura drammatica, che interpreta il destino di Israele con forza toccante”. Quello che è singolare nella sua vita è che tutto ciò che aveva scritto prima dell’espatrio, abitando in Germania, lei lo ha rifiutato, disconosciuto. Come se fosse nata alla scrittura soltanto quando la realtà irreparabile del genocidio l’ha fatta diventare “vedente”. E pur non avendo visto i lager nazisti (se non dopo), ha interpretato la grande disperazione, la grande tragedia, come forse nessun altro. Tra le altre cose ha scritto i poemi drammatici Segni sulla sabbia (Zeichen im Sand, 1962), Incantesimo (Verzauberung, 1970). inoltre, le seguenti raccolte di liriche: Nelle dimore della morte (In den Wohnungen des Todes, 1947), Fuga e trasformazione (Flucht und Verwandlung, 1959), Al di là della polvere (Fahrt ins Staublose, 1961), Alla ricerca dei viventi (Suche nach Lebenden, 1971). Gli uni e le altre vivono una lingua di grande intensità metaforica, che parlano della storia e delle vicissitudini del popolo ebraico nel passato e nel presente.
Chor der Geretteten

Wir Geretteten,
Aus deren hohlem Gebein der Tod schon seine Flöten schnitt,
An deren Sehnen der Tod schon seine Bogen strich –
Unsere Leiber klagen noch nach
Mit ihrer verstümmelten Musik.
Wir Geretteten,
Immer noch hängen die Schlingen für unsere Hälse gedreht
Vor uns in der blauen Luft –
Immer noch füllen sich die Stundenuhren mit unserem tropfenden Blut.

Wir Geretteten,
Immer noch essen an uns die Würmer der Angst.
Unser Gestirn ist vergraben im Staub.
Wir Geretteten
Bitten euch:
Zeigt uns langsam eure Sonne.
Führt uns von Stern zu Stern im Schritt.
Laßt uns das Leben leise wieder lernen.
Es könnte sonst eines Vogels Lied,
Das Füllen des Eimers am Brunnen
Unseren schlecht versiegelten Schmerz aufbrechen lassen
Und uns wegschäumen –

Wir bitten euch:
Zeigt uns noch nicht einen beißenden Hund –
Es könnte sein, es könnte sein
Dass wir zu Staub zerfallen –
Vor euren Augen zerfallen in Staub.
Was hält denn unsere Webe zusammen?
Wir odemlos gewordene,
Deren Seele zu Ihm floh aus der Mitternacht
Lange bevor man unseren Leib rettete
In die Arche des Augenblicks.
Wir Geretteten,
Wir drücken eure Hand,
Wir erkennen euer Auge –
Aber zusammen hält uns nur noch der Abschied,
Der Abschied im Staub
Hält uns mit euch zusammen.

Nelly Sachs
Dal ciclo di poesie Aus den Wohnungen des Todes (Dalle dimore della morte), pubblicato nel 1947.

Coro dei salvati

Noi salvati,
Dalle cui ossa cave la morte ha già intagliato i suoi flauti,
Sui cui tendini la morte ha già fatto scorrere i suoi archetti –
Risuona ancora il lamento dei nostri corpi
Con la loro musica mutilata.
Noi salvati,
Pendono ancora i cappi ritorti per le nostre gole
Dinanzi a noi nell’aria azzurra –
Ancora le clessidre si riempiono del nostro sangue stillante.

Noi salvati
Ancora si cibano di noi i vermi dell’angoscia
La nostra stella è sepolta nella polvere.
Noi salvati
Vi chiediamo:
Mostrateci pian piano il vostro sole.
Di stella in stella riportateci al passo
Fateci apprendere di nuovo, a voce bassa, la vita.
Potrebbe darsi, altrimenti, che il canto di un uccello,
Il secchio che al pozzo si riempie
Forzino il nostro dolore sigillato malamente
E come schiuma ci spazzino via-

Vi chiediamo:
Non ci mostrate ancora un cane che morde –
Potrebbe darsi, potrebbe darsi
Che polvere diventiamo –
Dinanzi ai vostri occhi ci disfiamo in polvere.
Che cosa tiene insieme la nostra tela?
Noi divenuti senza respiro,
La cui anima volò a Lui dalla mezzanotte
Molto tempo prima che portassero in salvo il nostro corpo
Nell’arca dell’attimo.
Noi salvati
Vi stringiamo la mano,
Riconosciamo il vostro occhio –
Ma insieme ci tiene ancora soltanto il distacco,
Il distacco nella polvere
Ci tiene uniti a voi.

Nelly Sachs
(traduzione di Anna Maria Curci)




“Noi superstiti”. L’identificazione con chi è scampato allo sterminio, alle camere a gas, permette di eternare la tragedia immane del popolo ebraico sacrificato alla megalomania distruttrice di un potere cieco e bieco, fondato sulla violenza e sul razzismo, come quello nazista. E ancora di più oggi il ricordo dello status di superstite dai lager, con il quale si accomuna chiunque sia riuscito a evitare l’internamento, chiunque sia riuscito a salvarsi da quell’esperienza e da quella morte, fissa nello specchio della storia l’eccidio realmente avvenuto, nonostante tutte le negazioni che possano essere affermate. Come possono persone di cultura come il vescovo lefebvriano Richard Williamson e il priore della Madonna di Loreto (a Spadarolo, nel comune di Rimini), Don Floriano Abrahamowicz, Don Floriano in più avrebbe detto che in fondo le camere a gas sono state usate per disinfettare. Disinfettare che cosa? Ma sembra abbia detto ancora, il priore, che le sue parole sono state travisate. E ha sostenuto che avesse invece detto che non sa se le camere a gas siano state usate veramente per uccidere. Beh, non cambia nulla. Come si può oggi, dopo le testimonianze lasciate da chi è stato appunto “superstite” (vale la pena ricordare i tanti libri scritti da Primo Levi, di cui lo scorso anno ho proposto la poesia d’apertuta del llibro Se questo è un uomo) e dopo che sono stati archiviati diverse centinaia di filmati girati nei campi dagli stessi nazisti (quindi non considerabili finti come fossero semplici “sceneggiati” di pura invenzione), sostenere che i campi di sterminio non sono esistiti? La vera iattura non è dimenticare, è invece sostenere una falsità nonostante le prove e le testimonianze dirette sull’evento più pernicioso del secolo scorso. Ricordare quindi, non dimenticare, ma anche opporsi esibendo sempre prove indiscutibili alla rimozione falsificante e strumentale della realtà storica. E la poesia non è il verbo che apre la verità, di qualsiasi cosa essa parli? Che la poesia dunque sappia, possa, voglia, incunearsi nell’incredulità di chi non sa o non vuole sapere. Ottavio Rossani

venerdì 17 gennaio 2014

PER NON DIMENTICARE


ROSA LUXEMBURG (1871-1919)

A 90 anni dalla sua scomparsa, un invito a tutte a conoscere la grande
rivoluzionaria socialista, nata in Polonia e vissuta in Germania,
protagonista internazionale della sua epoca di una lotta implacabile per la
liberazione.