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giovedì 24 gennaio 2013

San Mauro Pascoli La casa di Pascoli 2001

Castelvecchio di Barga - Casa Museo Giovanni Pascoli

Poetica di Giovanni Pascoli - Lezioni di letteratura del '900

Giovanni Pascoli (2006)

Laboratorio PASCOLI

X AGOSTO



San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto :
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!

Parafrasi





San Lorenzo, io so perché un numero così grande di stelle brilla e cade attraverso l’aria tranquilla, perché un pianto così grande risplende nella volta del cielo. Una rondine stava ritornando al suo nido: fu uccisa: cadde tra i rovi: aveva nel becco un insetto: la cena per i suoi figlioletti. Ora è là, come se fosse in croce, che tende quel verme verso quel cielo lontano; e i suoi piccoli sono nell’oscurità ad aspettarla, pigolando sempre più piano. Anche un uomo stava tornando a casa: fu ucciso: disse: “Vi perdono”; e nei suoi occhi sbarrati restò soffocato un grido: portava in regalo due bambole… Ora là, nella casa solitaria, lo aspettano, lo aspettano inutilmente: lui immobile, sbigottito mostra le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, infinito, eterno, dall’alto dei mondi sereni, inondi di un pianto di stelle questo corpuscolo senza luce caratterizzato solo dal male.

Figure retoriche

  • Allitterazioni: “Lorenzo, stelle, tranquilla”; “Ritornava unrondine” (v. 5); “pigola sempre più piano” (v. 12); “attonitaddita” (v. 19); “atamo opaco” (v. 24);
  • Anafore: “ora è là, come in croce…/ ora là, nella casa…” (vv. 9 e 17); “che tende…/ che attende… /che pigola”(vv. 9-12); “l’uccisero: cadde tra spini… l’uccisero: disse: Perdono” (vv. 6 e 14);
  • Epizeusi: “aspettano, aspettano invano” (v. 18);
  • Apostrofe: “San Lorenzo” (v. 1); “E tu, Cielo” (v. 21);
  • Anastrofe: “di un pianto di stelle lo inondi” (v. 23);
  • Metonimia: “nido… / che pigola” (vv. 13-14);
  • Sineddoche: “al tetto” (v. 5);
  • Sinestesia: restò negli aperti occhi un grido” (v. 15);
  • Similitudine: “come in croce” (v. 9);
  • Metafore: “sì gran pianto / nel concavo cielo sfavilla” (vv. 3-4); “nido” (v.13); “di un pianto di stelle” (v. 23); “atomo opaco del Male” (v. 24);
  • Personificazione: “E tu, Cielo” (v. 21); “Male” (v. 24);
  • Iperbole: “di un pianto di stelle lo inondi…” (v. 23); “atomo” (v. 24);
  • Enjambements: “tanto / di stelle” (vv. 1-2); “tende / quel verme” (vv. 9-10); “addita / le bambole” (vv. 19-20); “mondi / sereni” (vv. 21-22); “inondi / quest’atomo” (vv. 23-24).

X Agosto esce su rivista nel 1897 e viene raccolta nella quarta edizione di Myricae lo stesso anno. La poesia è scritta nel 30° anniversario dalla morte di Ruggero Pascoli, padre del poeta: viene rievocato il momento in cui egli, ucciso, non torna al "nido", provocando disperazione nella famiglia in attesa (i "rondinini"). Nel componimento il piano biografico viene trasposto su un piano cosmico: tale slittamento è probabilmente derivato da Leopardi (ad esempio in A se stesso), sebbene linguisticamente l'eco più diretta sia manzoniana (con la parola "attonito", che rievoca il Cinque maggio). Dal punto di vista metrico, le quartine sono composte da decasillabi e novenari alternati. La compresenza di elementi cosmici in uno scenario familiare, che ne stempera la potenza rispetto all'immaginario romantico, rappresenta una delle caratteristiche principali della poesia pascoliana. La grandezza di Pascoli - come sosteneva Debenedetti - è nella sua "rivoluzione inconsapevole", nella sua capacità di tenere costantemente il linguaggio della poesia a cavallo tra due mondi.

lunedì 21 gennaio 2013

GIOVANNI PASCOLI

Pascoli rappresenta la vera svolta della poesia italiana di fine secolo perché introduce tutta una serie di novità tematiche e stilistiche che influenzeranno i poeti di tutto il ‘900. Giustamente, quella di Pascoli è stata definita una "poesia verso il Novecento".
Per la sua personalità schiva e riservata ,per la sua vita consacrata esclusivamente alla letteratura e agli affetti familiari,per le tematiche predilette della sua poesia, Pascoli incarna la tendenza intimistica del Decadentismo  in Italia.


La poesia simbolista francese - tendenza poetica nell’ambito del Decadentismo- ha in
Mallarmé uno dei più illustri esponenti con il suo poemetto del 1876 “ il meriggio di un
fauno” (la sua opera “Un colpo di dadi non abolirà mai il caso”del 1897 con la presenza
di spazi bianchi e con la disposizione a gradini delle parole aprirà la strada alle
avanguardie letterarie come al Futurismo) ; Baudelaire viene considerato come il
precursore del Simbolismo ( si pensi alla poesia “ Corrispondenze “ in cui la realtà è una
foresta di simboli) ; l’arte è la forma superiore di conoscenza, la conseguenza è che la
parola poetica si denaturalizza e la poesia si definisce “ pura”; dal Simbolismo derivano in
seguito: l’ ERMETISMO in Italia per la poesia, l’ASTRATTISMO in Europa per le arti
figurative.



Giovanni Pascoli, secondo il critico Gioanola, riesce a inventare un proprio istintivo
simbolismo e, pur essendo legato alla tradizione classica, riesce ad essere innovatore,
anche in assenza di vitali contatti con le correnti rinnovatrici moderne.
Formazione culturale :
a) cultura positivista(interessi per la botanica, la zoologia);
b) cultura classica e latina(professore liceale e poi di università di lettere classiche,
eccellente classicista, vincitore di premi di poesia latina di Amsterdam più volte);
c) incontro con Carducci , di cui fu allievo e poi ne ereditò la cattedra universitaria di
Bologna, e con la cultura “neo-classica”;
d) scarsa conoscenza della cultura d’oltralpe ad eccezione di E.A.Poe di cui tradusse “Il
Corvo”.
I simboli della lirica pascoliana corrispondono al contrasto tra desiderio di sicurezza
familiare e paura del mondo esterno:
a) nido = metafora della famiglia unita contro i pericoli del mondo(la realtà esterna
sentita sempre come ostile);nella simbologia del nido c’è anche la presenza dei morti
che continuano una loro esistenza fantasmatica nella mente del poeta;
b) siepe = baluardo contro la brutalità del mondo; rientra in questa simbologia la nebbia
che esclude la vista della realtà circostante, serve così a difendere quasi dall’esterno
come fanno il muro e la siepe;
c) patria = estensione della metafora del nido sul piano storico-sociale;
d) simbologia degli uccelli ora visti come abitatori di un possibile mondo felice nelle
dimensioni dell’altrove, ora suscitatori di sgomento e inquietudine, annunciatori di
morte;
e) simbologia floreale che comprende i fiori dei morti, i fiori fuori stagione, i fiori che
traggono alimento nella terra che ricopre i morti, i fiori simboli di una sessualità
tormentata; infatti la difesa del mondo familiare ha creato per il poeta una serie di
divieti, inibizioni, pertanto il turbamento di fronte all’accoppiamento tra uomo e donna
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si traduce nei simboli impiegati per indicare il sesso femminile, soprattutto i fiori, per
lo più punteggiati di rosso e sgualciti (vedi “Il gelsomino notturno”).
LINGUA E STILE:
Per Pascoli il fine della poesia è circoscrivere in maniera chiara una realtà sempre nel suo
fondo misteriosa e sfuggente ( con ciò egli inaugura un filone poetico novecentesco che
arriverà sino ai “correlativi oggettivi” di Montale).Il poeta è definito da Pascoli “l’Adamo
che mette il nome alle cose”(vedi il saggio “Il fanciullino” pubblicato nel 1897 sulla rivista
“Il Marzocco” e poi raccolto nel volume” Miei pensieri di varia umanità” nel 1903 in cui si
afferma che il poeta con un atteggiamento spontaneo, autentico e innocente, può scoprire
con l’intuizione” le somiglianze e le relazioni più ingegnose”, sa cogliere le segrete
corrispondenze, decifrare il mistero delle cose ; inoltre rompendo con la selettività della
lirica tradizionale, Pascoli accoglie nella sua poesia tutte le cose dalle più umili alle più
alte(vedi “ X Agosto”); Pascoli pone attenzione nel circoscrivere in maniera chiara,
precisa una realtà che invece nel suo fondo è sempre sfuggente, gli elementi della natura
diventano simboli dell’essenza sfuggente del reale in cui l’idea della morte si impone con
sgomento e inspiegabilità; abbiamo così i fiori, gli uccelli, con i loro versi resi con perizia
onomatopeica, gli oggetti legati al lavoro dei campi designati in modo preciso ma collocati
in una sorta di metafisica immobilità(vedi “Arano”) o le campane, annunciatrici di morte:
l’insieme di questi oggetti forma un mondo naturale svincolato dalla storia che si staglia
su uno sfondo misterioso e indeterminato; questo rapporto tra determinato ed
indeterminato si esprime nella produzione poetica pascoliana attraverso audaci soluzioni
sintattiche e linguistiche. Lo studioso e critico letterario G. Contini parla a questo
proposito di plurilinguismo in quanto Pascoli usa una lingua grammaticale propria della
comunicazione quotidiana, poi una lingua pre - grammaticale come le onomatopee, efficaci
per il loro suono e non per il loro significato, infine una lingua post-grammaticale che è
quella dei dialetti, gerghi, parole straniere, terminologie tecniche; forzando i confini
della lingua tradizionale che non ha più così una funzione di strumento di comunicazione
razionale, Pascoli ci fa intravedere la sua visione del mondo in accordo con il clima
culturale prevalente in Francia in quegli anni(vedi Decadentismo), ovvero la perdita di una
razionalità riconoscibile nelle cose, l’affievolirsi delle distinzioni tra cause ed effetti.
Anche la sintassi è rivoluzionata , infatti prevale la paratassi sull’ipotassi con una
funzione si direbbe “filosofica”, in quanto specchio dell’impossibilità di reperire un
rapporto di causalità fra le cose, la frase si fa nominale, tra sostantivo e aggettivo il
primo termine risulta subordinato al secondo, come se la qualità delle cose fosse più
rilevante della loro identità(vedi “L’Assiuolo”: un nero di nubi); abbondano le sinestesie,
analogie, onomatopee, vocaboli fonosimbolici, allitterazioni, paronomasie, enjambements,
versi ipermetri(vedi “Il gelsomino notturno”); la metrica della tradizione classica, greca e
latina ma anche italiana, accolta da Pascoli anche nella scansione quantitativa, si frange al
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proprio interno, grazie alle pause create dalla punteggiatura, indice della rottura del
rapporto logico tra le parole e creano pause, tensioni, aspettative tra un verso e l’altro.