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martedì 1 marzo 2011

Il fu Mattia Pascal


Mattia Pascal, vive nell’immaginario paese ligure di Miragno, insieme alla madre e al fratello. Il padre ha lasciato loro in eredità una discreta fortuna consistente in case, terreni e vigneti. La giovane vedova, del tutto incapace di amministrare, affida però l’intero patrimonio a Batta Malagna, che avendo ricevuto in passato dal marito diversi favori ed essendo ricompensato lautamente per i suoi attuali servigi, avrebbe dovuto, secondo lei, amministrare onestamente. Batta Malagna invece, con il trascorrere degli anni, si impossessa di tutti i loro averi e costituisce la causa principale del declino della famiglia Pascal. I due fratelli Mattia e Roberto vivono allegri e liberi da ogni pensiero morale, religioso o scolastico e, una volta cresciuti, non si curano dei beni della famiglia, paghi di vivere senza apparenti problemi e in maniera agiata. Il Malagna ha avuto infatti la capacità di non fargli mancare nulla e di nascondere la voragine di debiti che presto li avrebbe fatti precipitare.
Costretto a sposare Romilda, da cui aspetta un bambino, Mattia si trova a convivere anche con la suocera vedova che lo disprezza e lo considera un inetto, un fannullone, un buono a nulla ricco soltanto di debiti. Da questo momento la vita di Mattia diventa un inferno. Ormai senza ricchezze, si trasferisce in una casa umile; la moglie perde la sua originaria bellezza e sembra non amarlo più; le due figlie muoiono una dopo l’altra a causa della loro gracilità. E muore anche l’adorata madre dopo aver sopportato i soprusi della suocera-strega la quale continua per il carattere di Mattia, ma soprattutto per la povertà di Mattia a odiare il genero e a rovinare la già precaria tranquillità della casa. Per la prima volta in vita sua il protagonista si ritrova a cercare lavoro, e grazie all’amico Pomino, ne trova uno come bibliotecario. Ma un giorno Mattia, angustiato dai dissidi coniugali e dai debiti, esasperato dalla noia e dalla inutilità del suo lavoro, decide di fuggire. Arriva a Montecarlo e grazie ad una serie di vincite fortunate si ritrova in tasca la somma di 82.000 lire. E’ quasi ricco! Decide di ritornare a casa per riscattare le sue proprietà e per godere di una rivincita sulla suocera; sogna finalmente una vita serena, un avvenire tranquillo al riparo della miseria. Ma proprio mentre questi pensieri occupano la sua mente, in treno durante il viaggio di ritorno a casa, legge su un giornale che a Miragno, nella roggia di un mulino, è stato ritrovato il cadavere di Mattia Pascal.
Legge e rilegge il trafiletto scritto in minutissimi caratteri e lo ripete tra se quasi sillabando, fermandosi ad ogni parola. Egli si sarebbe suicidato nella gora del molino alla Stia, una sua vecchia proprietà, a causa dei dissesti finanziari e dei lutti familiari. Ed era stato prontamente o forse frettolosamente riconosciuto dalla moglie disperata e dalla suocera. Dapprima sconvolto, comprende presto che può crearsi una nuova vita, una vita libera da ogni legame con il passato, senza problemi e senza responsabilità, proprio come quando era giovane. E’ ricco e non essendo più Mattia Pascal non ha più alcun creditore. Così con il nome di Adriano Meis comincia a viaggiare prima in Italia e poi all’estero, fino a che decide di stabilirsi a Roma, in un camera ammobiliata sul Tevere. Si innamora, ricambiato, di Adriana, dolce figlia del padrone di casa Anselmo Paleari. Mattia vorrebbe sposarla e ricominciare tutto da capo. Ma Adriano Meis non esiste, non ha una realtà sociale, non ha nessuno dei diritti che hanno i cittadini iscritti all’anagrafe. Non può acquistare nulla, non può denunciare un furto se derubato e tanto meno può contrarre matrimonio. Non può fare nessuna di quelle cose della vita quotidiana che necessitano di una identità. Capisce l’impossibilità di vivere fuori dalle leggi e dalle convenzioni che gli uomini si sono dati. La sua libertà è solo un’illusione. Scopre che fare il morto non è una bella professione. A Mattia non resta che farla finita anche con la nuova identità simulando il suicidio di Adriano Meis nelle acque del Tevere. Erano passati soltanto due anni dalla sua prima supposta morte. Eppure tante cose erano cambiate. La moglie Romilda era rimasta vedova ben poco. Si era infatti risposata proprio con il suo amico Pomino ed aveva avuto una bambina. Quanto era beffardo il destino… Lui, che aveva pensato di essere rinato e finalmente libero di fare ciò che desiderava, non aveva potuto vivere pienamente la sua nuova vita, ma era evidente che gli altri lo avevano fatto. Gli altri erano andati avanti anche senza di lui. Gli altri, a Miragno, avevano stentato a riconoscerlo e il suo ritorno non aveva, per lo meno inizialmente, causato lo scompiglio che si era immaginato. Mattia, ritornato con propositi di vendetta, ben presto li abbandona e lascia che la moglie e l’amico continuino a vivere il loro menage coniugale. A Mattia non resta che ritornare a fare il bibliotecario nell’umida chiesa sconsacrata e adibita a biblioteca comunale in un paese in cui nessuno legge e di andare di tanto in tanto a far visita alla propria tomba…

Mattia Pascal è il testimone esemplare dell’assurda condizione di uomo prigioniero delle “maschere sociali” di marito, di padre, di figlio, di fratello etc. che coprono la nostra vera identità. Esprime la sofferenza di quest’uomo, angosciato dall’impossibilità di sfuggire alle convenzioni e ai vincoli della società che sono una catena, un freno inibitore e che forse sono l’unico modo d’esistere. Fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete e tristi che siano per cui noi siamo noi… non è possibile vivere. Solitudine e sconfitta in una società creata dall’uomo, ma che non è a misura d’uomo. Pirandello in questo romanzo rappresenta tutta la crisi esistenziale e storica dell’uomo moderno. E questa rappresentazione, impregnata del contrasto tra realtà e illusione, consapevole dell’incapacità di essere totalmente artefici del proprio destino e del sopravvento del caso è inscenata con straordinaria semplicità in un misto di gioia e di sofferenza, di umorismo e amarezza, di comico e di tragico.

Narratore

La narrazione è condotta in prima persona; è Mattia Pascal, il protagonista, che raccontando ci fornisce il suo punto di vista interno con focalizzazione 0 (zero/onnisciente). L'onniscienza del narratore è dovuta dal fatto che lui racconta la sua storia a posteriori, quando questa è già successa; questo permette che al lettore vengano fornite anticipazioni degli avvenimenti che ne stimolano la curiosità.
Mattia Pascal scrive, su invito di don Eligio, la sua biografia sotto forma di diario, rivolgendosi direttamente al lettore, dialogando persino con lui.
L'ordine cronologico è regressivo, cioè lo scrittore ricorda fatti avvenuti in precedenza e va a ritroso nel tempo, salvo tornare al presente alla fine del racconto.
 

Tipologia testuale

Pubblicato nel 1904, in piena era Giolittiana, “Il Fu Mattia Pascal” è il primo romanzo italiano scritto in forma “autobiografica”, redatto cioè in prima persona, con la presentazione quindi di una visione esclusivamente soggettiva della vicenda, visione che nega la realtà se non colta con quella particolare percezione: la razionalità realista non esiste più, per ogni persona esiste, così, una visione personalissima della realtà. Tale situazione costringe il lettore ad una personificazione con il protagonista, ed al successivo sforzo di uscire da questo stato di “simbiosi”.
Il romanzo ha una struttura circolare, infatti inizia dalla conclusione, rivendicando la condizione particolare di Mattia Pascal, ritenuto morto, che assume una nuova identità, uccide fittiziamente anche quest’ultima, e quindi ritorna se stesso ma al di fuori della sua normale vita precedente, condizione di chi è fuori dal tempo e quindi fuori dalla vita (questo particolare tipologia di narrazione è estremamente innovativa).
 

Fabula e intreccio

Fabula e intreccio, ne "Il fu Mattia Pascal", non coincidono, se non nelle ultime pagine del romanzo. Il narratore, per il resto, racconta le vicende che gli sono  capitate a posteriori, dopo che queste si sono verificate.
 

Tempo

In tutta la vicenda mancano del tutto riferimenti cronologici precisi ed espliciti. Pirandello non ci dà date o altre precisazioni a riguardo. Dalle notizie che Mattia legge in treno su un giornale (Lessi che l'imperatore di Germania aveva ricevuto a Potsdam, a mezzodì; l'ambasciata marocchina e che al ricevimento aveva assistito anche il segretario di Stato, barone Richtofen. La missione presentata poi all'imperatrice, era stata trattenuta a colazione… Anche lo Zar e la Zarina avevano ricevuto a Peterhof una speciale missione tibetana, che aveva presentato alle LL. MM. I doni del Lama.) possiamo però capire che la vicenda si svolge tra la fine del ‘800 e gli inizi del ‘900. Sono riferimenti di fatti politici accaduti in Germania ed in Russia. Quindi per quanto riguarda la collocazione storica della vicenda, si limita a fare da semplice scenario: per Pirandello non sono fondamentali collocazioni spaziali e temporali precise, ciò che più conta sono i personaggi, i loro pensieri e le loro azioni. Così facendo la storia diventa assoluta perché la lezione di vita di Mattia è valida in ogni tempo ed in ogni luogo.

Durata
La narrazione dell'autore inizia dalla giovinezza di Mattia Pascal anche se in realtà il racconto vero e proprio ha la durata di due anni. Per quanto riguarda la durata dell’azione va considerato il tipo di narrazione utilizzato da Pirandello per la sua opera: è in prima persona attraverso il punto di vista di Mattia. L’intera vicenda è un enorme flashback, visto che Mattia racconta i fatti attraverso un diario su invito di don Eligio. Sono presenti anticipazioni che  preparano il lettore agli eventi successivi o che aumentano l’attesa dello svolgersi della vicenda. Perciò l’opera inizia con il Mattia maturo che ha già affrontato la vicenda ed in seguito viene ricordata tutto la sua vita: l ’infanzia, il matrimonio, la fuga dal paese verso Montecarlo, il lungo viaggio lungo l’Italia e la Germania, il soggiorno a Roma ed il ritorno a Mirano. La fine della storia si collega all’inizio dell’opera.
 

Spazio

L’incredibile avventura di Mattia-Adriano si svolge principalmente in due località e cioè a Miragno, il paesino ligure dove nasce Mattia ed a Roma, dove Adriano affitta una stanza ad una famiglia. Queste due località possono essere considerate le patrie delle due vite del personaggio. Dopo la scelta della libertà assoluta e della seconda vita Mattia viaggia moltissimo, visitando l’Italia e la Germania. Vengono citati paesi come Torino, Milano, Venezia, Firenze e poi ancora Montecarlo, Colonia, Worms e Magonza. Nonostante la molteplicità dei luoghi citati mai Pirandello si sofferma a descriverli, forse perché sarebbe inutile ai fini della storia interamente concentrata sulla molteplicità dei personaggi, sull’analisi dei caratteri e sulla maturazione di Mattia.

Tecniche narrative

Il romanzo "Il fu Mattia Pascal" è diviso in diciotto capitoli numerati e titolati più l'ulteriore Avvertenza sugli scrupoli della fantasia, esterno alla storia ma aggiunto dallo stesso Pirandello al suo romanzo qualche anno dopo la prima stesura per dimostrare come le vicende di Mattia Pascal, seppure straordinarie e quasi inspiegabili, possano realmente accadere.
La struttura narrativa de "Il fu Mattia Pascal" non è quella tradizionale dei romanzi in cui il protagonista racconta le proprie vicende. L'opera si apre con due premesse: la prima in cui ci viene presentato il protagonista-narratore e il suo strano caso; e la seconda, "filosofica", nella quale lo stesso autore ritiene necessario esporre la sua concezione a riguardo dell'uomo e della vita. Dopo le due premesse inizia una lunghissima analessi che qualche volta sarà interrotta da alcune anticipazioni dell'autore, spesso molto brevi.
Le sequenze narrative all'interno del romanzo, sono, assieme a quelle riflessive e dialogate le predominanti. Quelle riflessive portano spesso l'autore a vere e proprie considerazioni di carattere filosofico, mentre quelle dialogate sono caratterizzate per lo più dal discorso indiretto, da quello diretto libero e da monologhi interiori dello stesso io narrante. Proprio la presenza di sequenze dialogate e narrative fa sì che il ritmo della storia sia sempre veloce e incalzante.
Il tono usato da Pirandello per il suo romanzo è di tipo colloquiale, anche perché spesso è proprio lo stesso autore che interagisce col lettore; lo stile è chiaro, semplice e scorrevole.
 

Stile e lessico

La sintassi e il lessico de “Il fu Mattia Pascal” sono funzionali dal punto di vista della narrazione, che segue fedelmente i pensieri, i progetti, i ragionamenti del protagonista, dalla cui mediazione sono tra l'altro mediate le descrizioni di tutti gli altri personaggi. Di conseguenza, l'analisi dello stile è più o meno equivalente a quella del modo di ragionare di Mattia Pascal. Ad esempio possiamo notare che i pensieri di Mattia non sono mai eccessivamente articolati, ma seguono piuttosto la scia di sensazioni, impressioni, ricordi che sopraggiungono senza una logica precisa; del resto anche l'elaborazione di decisioni, quando non segue l'indole impetuosa, risponde ad esigenze pratiche e spesso inaspettate, per cui la risoluzione finale raramente è frutto di una ponderazione complessa e articolata. È proprio quando la meditazione si fa più prolungata, invece, che il protagonista tarda a trovare una via d'uscita.
Al di là di tutto ciò, comunque, bisogna dire che linearità e la sintesi sono caratteristiche intrinseche dello stile di Pirandello, insieme a quella colloquialità che semplifica le stesse riflessioni filosofiche, esemplificate e tradotte in immagini familiari.
In modo analogo, il lessico appare improntato alla quotidianità, pur essendo arricchito da quella coloritura di termini ed espressioni tipiche del parlato, oppure ottenuti con invenzioni talvolta bizzarre o con l'uso di diminutivi e accrescitivi. Questi contributi lessicali permettono allo stile di Pirandello di non essere monotono, e consentono al discorso ora di accelerare, ora di rallentare, ora di distendersi, ora di agitarsi, il tutto sempre in risposta allo stato d'animo del soggetto narrante.
 

Personaggi

L’opera pirandelliana è caratterizzata da una grande quantità di personaggi (almeno una trentina) tutti differenti tra loro e tutti con una diversa importanza nella vicenda. Se alcuni sono fondamentali, altri potrebbero essere considerati quasi superflui ma servono ugualmente a creare un piccolo e verosimile mondo, fatto di sfaccettature e di personaggi molto eterogenei tra loro, per rappresentare quanto più possibile il reale. Ogni personaggio viene presentato da Mattia in modi diversi ma la descrizione iniziale è minima, spesso senza un accenno di aspetto fisico. Il carattere del personaggio che entra in scena si presenta da sé, indirettamente, attraverso lo sviluppo della vicenda. Dalle sue azioni e dai dialoghi è possibile capire anche il suo modo di pensare. Infine si nota che alla fine della storia l’unico che veramente è cambiato e maturato rispetto alla condizione iniziale è il protagonista Mattia Pascal. Quindi tutti gli altri personaggi a parte lui hanno la funzione di cornice.

Mattia Pascal – Adriano Meis
Il protagonista dell’opera, che attraverso un enorme flash back ci racconta la sua vita singolare, nella quale ha potuto morire formalmente per ben due volte.
Mattia Pascal proviene da una famiglia benestante le cui finanze, però, sono venute a mancare con la morte del padre a causa della cattiva amministrazione del patrimonio da parte di Batta Malagna. Mattia non è particolarmente avvenente: ha un volto placido e stizzoso, è minuto, ha il naso molto piccolo, come il mento, del resto, ed è costretto a portare un paio di occhiali tondi per curare lo strabismo di uno dei suoi occhi; ma era pieno di salute, e questo gli bastava.  Si preoccupa del proprio aspetto solo durante la trasformazione Mattia-Adriano, per un fine preciso .Con l’operazione all’occhio capisce di amare di più sé stesso.
Tra il protagonista della vicenda e la madre c'è un ottimo rapporto di stima, rispetto e tenerezza. Tra Mattia e Roberto, il fratello, il rapporto è più di complicità.
Romilda, la moglie, non sembra essere molto importante per lui e l’unico suo grande amore è sicuramente Adriana, che con la sua dolcezza ha saputo conquistarlo in un momento di trasformazione morale.
Mattia, insieme al fratello Roberto è cresciuto senza preoccupazioni ed anche nelle situazioni più difficili assume un atteggiamento tranquillo e sarcastico. Si preoccupa della sua libertà, di avere meno problemi possibile e di divertirsi, almeno da giovane. La prima svolta che cerca di dare una svolta alla sua vita è il matrimonio con Romilda. Col matrimonio e la difficile condizione in casa inizia a sentirsi troppo legato alle cose materiali, ai soldi che non bastano mai e cerca una via di fuga, un ritorno alla vita semplice e divertente che ha potuto fare da piccolo.
Scappa all’insaputa di tutti a Montecarlo, per fuggire dai propri problemi e per stare da solo.
Alla roulette il destino e la fortuna gli offrono molti soldi che, insieme alla notizia incredibile della propria morte gli offrono l’occasione di abbandonare una vita fatta di problemi e di iniziarne una nuova, perfetta. Così diventa Adriano Meis, ma durante i suoi lunghi viaggi scopre quanto sia insignificante una vita senza legami, senza responsabilità ed affetti. Tutto questo lo spinge a tornare Mattia, ma ormai è troppo tardi. La sua scomparsa ha permesso alla famiglia ed alla moglie di sostituirlo, creando una nuova e sconosciuta armonia. Con la sua esperienza è maturato, cresciuto ed ha scoperto gli ideali a cui fare riferimento nella vita, ma non può avere una seconda possibilità. Ad un uomo come lui, vittima del destino e della sua volontà di cambiarlo, non rimane altro da fare se non commiserarsi davanti alla propria tomba, la tomba del fu Mattia Pascal.
 
La madre di Mattia Pascal
Mattia Pascal ha una vera e propria devozione nei riguardi della sua santa (cap. III) madre, il rapporto fra i due è di tenerezza e stima.
È molto pacata, placida, quasi infantile. Ha una voce e una risata nasale che sembra la faccia vergognare. È molto gracile e spesso malata dopo la morte del marito, anche se non si lamenta mai dei propri mali. Ciò che probabilmente più la preoccupa è la sorte dei due figli, rimasti praticamente senza nulla dopo la morte del padre e dopo che la stessa signora Pascal aveva lasciato tutte le sue ricchezze e proprietà sotto l'amministrazione di Batta Malagna, poiché inetta a questo genere di faccende: non è capace di gestire da sola la grande ricchezza lasciata dal marito e lascia l’intera amministrazione dei suoi affari e delle sue proprietà al Malagna. Non accorgendosi degli imbrogli fatti alle sue spalle può solo facilitare la sua rovina.
Quando Mattia si sposa con Romilda non riesce a sopportare la vicinanza della violenta e bisbetica vedova Pescatore e finisce con il diventarne una vittima. Fugge di casa con la sorella ma la morte la colpisce dopo poco, a causa degli affanni e dei feroci litigi subiti in precedenza.

Roberto Pascal
È il fratello maggiore di due anni di Mattia Pascal. Viene presentato inizialmente, quando il protagonista parla della sua infanzia. I due hanno un ottimo rapporto di complicità, soprattutto durante l'infanzia e la prima giovinezza. Sono due amici e insieme a Mino Gerolamo formano un gruppo inseparabile.
Berto, questo è il suo soprannome, al contrario di Mattia, è bello di volto e di corpo (cap. III), molto vanitoso e curato nell'aspetto. Da adolescente non combina tutti i guai sentimentali del fratello e lo ritroviamo verso la fine della vicenda un uomo maturo, serio ed abbastanza fortunato, capace di compensare il dissesto finanziario subito in gioventù: Grazie alla sua avvenenza riesce a contrarre un matrimonio felice con una giovane più ricca di lui e vive con lei e la famiglia di questa ad Oneglia.
 
Zia Scolastica
È la sorella del padre di Mattia, è completamente differente dalla sorella e Mattia se ne accorge fin da piccolo. Aveva molta più paura di lei che dei leggeri rimproveri della madre. Spesso apre gli occhi alla sorella su ciò che avviene attorno al lei ed è l’unica donna capace di vincere una lite contro la vedova Pescatore, perché ha un carattere ancora più forte e duro di lei e sicuramente più saggio.
Scolastica nutre davvero un grande rancore nei confronti dell'amministratore del patrimonio del fratello e vede come unica soluzione dello scempio che compie Malagna un nuovo matrimonio della cognata, semmai con Gerolamo Pomino, un suo vecchio corteggiatore. La madre di Mattia rifiuta però la proposta, Zia Scolastica così la accoglie nella sua casa per sottrarla alle angherie della consuocera e della nuora, e fa lo stesso col nipote Mattia tornato a Miragno dopo che per anni tutti lo credevano morto.

Batta Malagna
Il disonesto amministratore delle ricchezze della famiglia di Mattia. Approfittando della ingenuità e buona fede della moglie del defunto Pascal, riesce ed agire indisturbato ed a diventare a poco a poco molto ricco. Non ha rispetto per l’amico defunto e la sua famiglia, non si fa scrupoli a dirigere la sua attività in modo sbagliato, costringendo i Pascal a vendere una dopo l’altra tutte le loro proprietà, per poi acquistarle ad un prezzo stracciato e goderne i frutti. Mattia, cresciuto nella spensieratezza totale a causa della madre non se ne preoccupa e non si meraviglia una volta arrivata la povertà.
Aveva un viso lungo incorniciato da baffi melensi e pizzo; il pancione era languido (cap. I) che sembrava arrivasse fino a terra, le gambe corte e tozze: insomma, secondo Mattia, aveva il volto e il corpo che più non si addicevano ad un ladro come Malagna.
Questo personaggio sembra punito dal destino per le sue azioni disoneste: è continuamente afflitto perché non riesce ad avere un figlio. Anche in famiglia non si comporta in maniera corretta. La sua prima moglie era malata e non poteva bere vino a mangiare i cibi più gustosi. Ma lui non si cura di questo ed a tavola sembra provocarla, mangiando e bevendo con gusto ed in modo plateale ciò che per la moglie lì presente è veleno.
Si inserisce negativamente anche nella vita sentimentale di Mattia, come se averlo rovinato economicamente non fosse stato abbastanza. Una volta morta la prima moglie decide di sposarsi con la bella Oliva, rovinando il primo amore di Mattia. Infatti i due ragazzi si amavano e da lui Oliva aspettava un bambino. Ciò nonostante Malagna decide di accettare quel figlio di Mattia come suo. Così finalmente potrà diventare padre. Mattia su questo fatto ironizza arrivando a definire Malagna in un certo senso onesto. In fondo tutte le ricchezze accumulate da quell’amministratore a forza di rubare e truffare i Pascal sarebbero un giorno passate a suo figlio, così tutto sarebbe stato restituito. Mattia ama scherzare in questo modo sarcastico e pungente.
 
Marianna Dondi – vedova Pescatore
Madre di Romilda e cugina di Batta Malagna, è una vera strega secondo Mattia Pascal, cui cerca di impedire di mantenere una relazione con la figlia poiché lo ritiene uno sfaccendato e inetto. Nonostante preferisca la "candidatura" di Batta Malagna come marito della figlia, si arrende alla scelta di questa di sposare Mattia. Tuttavia non accetta la sua misera condizione di vita dovuta al matrimonio della figlia con Mattia, ormai poverissimo. Quindi fa di tutto per vendicarsi e, da brava suocera, è la causa principale dei litigi in casa Pascal, spesso troppo violenti. Il suo personaggio esprime sicuramente antipatia ed è divertente vedere il comportamento di Mattia nei suoi confronti, quanto poco venga considerata e rispettata.

Romilda Pescatori
È la figlia di Marianna Dondi; appare molto cortese e gentile nei confronti di Mattia quando si incontrano per la prima volta nella casa dove lei vive con la madre. Mattia Pascal si innamora subito di quegli occhi belli, di quel nasino, di quella bocca (cap. IV). Romilda, durante un incontro con il protagonista del romanzo giunge persino a pregarlo di fuggire con lei per potersi liberare della oppressiva presenza della madre. Il matrimonio tra i due viene imposto e nasce quasi per gioco. Infatti Mattia si era avvicinato a lei solo per conto dell’amico Pomino e per toglierla dalle grinfie del Malagna.
Ma presto l'atteggiamento della giovane cambia radicalmente: rimasta incinta di Mattia vuole che la paternità del figlio sia attribuita all'arricchito cugino della madre, Batta Malagna, ma quando quest'ultimo decide di tornare da Oliva, la moglie, rimasta a sua volta incinta (di Mattia), Romilda accetta di sposarsi con Pascal. I nove mesi della gravidanza sono vissuti dalla giovane in una maniera tremenda e riversa la sua sofferenza sul marito che stenta a sopportarla.
Soffre della condizione in casa Pascal, dei continui litigi e non può fare a meno di seguire le scelte della madre. E’ di carattere debole e tutto ciò si trasmette alla sua salute: perde la bellezza giovanile e i due figli che mette al mondo, essendo troppo gracili per sopravvivere, muoiono entrambi.
Quando Mattia Pascal torna a Miragno dopo anni di assenza, Romilda si è risposata con Mino Pomino e i due hanno avuto una bambina la cui purezza e innocenza convincono lo stesso Pascal a non fare rivendicazioni a proposito della madre.
Alla vista di Mattia sviene per l’emozione. Sembra trovarsi davvero bene col nuovo e ricco marito: è tornata ad essere la bella Romilda di gioventù ed il figlio di Pomino è nato sano e sta benissimo.
 
Adriana Paleari
È la figlia di Anselmo Paleari, proprietario della pensione di via Ripetta a Roma dove Mattia Pascal, sotto l'identità di Adriano Meis, alloggia durante il suo soggiorno nella capitale.
Quando il protagonista del romanzo vede per la prima volta Adriana ella gli appare tutta confusa, una signorinetta piccola piccola, bionda, pallida, dagli occhi cerulei, dolci, mesti, come tutto il volto (cap. X) e gli appare anche molto giovane. Veste di nero a causa della recente morte della sorella maggiore.
E’ una ragazza pura, gentile, educatissima, tenera e discreta ma allo stesso tempo è responsabile di sé stessa e di tutta la famiglia.
Adriana è molto religiosa: detesta la passione del padre Anselmo per ciò che è occulto e le sedute spiritiche cui partecipa soventemente; è sempre molto pacata e tranquilla in ogni occasione; solamente una volta durante il romanzo ha una reazione violenta, quando Mattia Pascal-Adriano Meis, scoperto il furto del denaro commesso dal cognato della stessa Adriana, le confessa di non voler denunciare il fatto. La reazione, così insolita per il suo carattere, è dovuta al fatto che Terenzio Papiano la vuole sposare per ottenere il denaro della sua dote, e il furto che questi compie ai danni di Mattia-Adriano sarebbe la maniera migliore per sbarazzarsi definitivamente dell'avido cognato.
 
Anselmo Paleari
Padre di Adriana, è il sessantenne proprietario della pensione di via Ripetta a Roma.
Quando Mattia lo incontra per la prima volta, nota il suo torso nudo roseo, ciccioso, senza un pelo (cap. X).
Paleari, agli occhi dello stesso protagonista del romanzo è un uomo completamente estraneo rispetto alla realtà che lo circonda a causa delle sue noiose riflessioni che espone continuamente al povero Pascal-Meis. Ormai non può più lavorare e tutta la sua vita è dedicata alla lettura, alla filosofia ed alle riflessioni sul suo tema preferito: l’occulto. L'occulto è l'argomento che più interessa ad Anselmo, che organizza spesso sedute spiritiche con lo scopo di richiamare le anime dei morti.

Terenzio Papiano
Era il marito della sorella di Adriana, morta senza avere avuto figli.
È un uomo sui quarant'anni, con occhi grigi, acuti e irrequieti (cap. XII) calvo, alto, robusto e con evidenti baffi brizzolati.
Papiano non ha scrupoli: dovendo restituire ad Anselmo Paleari la dote della moglie morta, cerca piuttosto di indurre Adriana a sposarlo in modo di non dover più consegnare al padre il denaro che gli doveva, e sfrutta l'aiuto di Silvia Caporale, un'altra ospite della pensione rimasta impoverita dopo avere affidato ogni suo avere allo stesso Papiano. Notando però l'interesse di Pascal-Meis per la giovane che ha preso di mira, Terenzio cerca di avvicinarlo a Pepita Pantogada, nipote del Marchese di Auletta presso cui lo stesso Papiano lavora come segretario, ma non riesce nel suo intento. Papiano, allora, con l'aiuto del fratello, sottrae a Mattia-Adriano una forte somma di denaro (dodicimila lire )come ricompensa del suo interessamento per Adriana.

La signorina caporale
Un personaggio minore, inquilina nella casa Paleari. E’ una donna brutta e zitella, che si consola con l’alcool della propria misera condizione. Ha avuto una volgare relazione con Terenzio ma è stata solo usata. E’ lei che suggerisce ad Adriano l’operazione all’occhio e nei suoi confronti diventa sempre più curiosa ed invadente. La compagnia e le chiacchierate con il curioso coinquilino la fanno innamorare ma il suo sentimento non verrà mai contraccambiato. Ha una grande complicità con Adriana, ma spesso finisce solo con fare arrabbiare o mettere in imbarazzo la giovane ragazza.
 
Pinzone
E’ il mediocre insegnante di Mattia e Roberto, capace solo di insegnamenti noiosi ed inutili. Spesso è complice dei due vispi ragazzi e li fa divertire invece di eseguire il suo dovere in cambio di un po’ di vino. E’ un personaggio buffo e subisce anche gli scherzi dei due bambini se li tradisce raccontando alla loro mamma le loro birbanterie.
E’ un personaggio di seconda importanza, con un carattere mediocre se paragonato a quello del protagonista. Amico di Mattia, appare per la prima volta nell’opera durante la gioventù del Pascal. Non ha problemi economici e nel paese ha diverse proprietà lasciate dal padre. Si innamora di Romilda e chiede al giovane Pascal di aiutarlo a conquistarla, vista la sua timidezza ed il carattere debole. Rimane deluso ed offeso quando capisce che l’amico, a forza di andare a trovare la ragazza se ne è innamorato, ma anche in seguito non dimostra mai apertamente il suo disprezzo. Anzi, è disposto ad aiutare Mattia quando cerca lavoro, gli offre del denaro ed è lui a trovargli il posto di bibliotecario. I n fondo è di indole buona ma risulta vittima degli altri, incapace di reagire.
Quando Mattia è creduto morto da tutto il paese di Miragno si sposa con la vedova Pascal e questo atteggiamento è visto da Mattia quasi un tradimento, soprattutto della moglie “vendutasi” a lui perché ricco, anche se in gioventù l’aveva disprezzato. La critica di Mattia fa nascere il dubbio Che Pomino non sia amata da Romilda, ma solo sfruttato per ottenere una vita agiata.
Alla vista di Mattia non sa proprio come reagire, non riuscendo a trovare una soluzione per evitare l’annullamento del suo matrimonio. E’ sollevato quando capisce che Mattia non vuole intromettersi nella sua nuova famiglia  ma la sua felicità e la stabilità della sua condizione non è dovuta alle sue azioni: è una conseguenza delle scelte coraggiose di Mattia.

I temi

"Il fu Mattia Pascal" presenta moltissime tematiche che possono essere oggetto di discussione ancora oggi dopo quasi un secolo dalla sua stesura.
La maschera
_E' estremizzato il bisogno dell'uomo di darsi una maschera per vivere in società, forma che oltre ad essere, secondo l'autore, necessaria è anche difficilmente sostituibile dato che l'individuo, o meglio la sua maschera, dal momento in cui nasce vanno a far parte di un gran meccanismo che non può rompersi e per questo, ognuno è costretto a recitare la sua parte senza neanche chiedersi il perché. Se in quest'immenso gioco si prova a “bluffare”, si è destinati a fallire e nel migliore dei casi bisogna tornare ad essere una delle tante pedine; l'unico modo per estraniarsene è non essere più utili per il proseguimento della partita, in altre parole o morire o impazzire, le sole condizioni in cui ci si può, forse, considerare liberi.
La maschera, così come l'appartenere ad un gruppo, il calarsi in una trappola è inteso come necessario perché l'uomo come singolo non ha alcun valore se non per se stesso, e nessuna possibilità di essere veramente libero di decidere arbitrariamente o quasi della propria esistenza.
La realtà è concepita unicamente come una formalità: non è tanto importante che una cosa sia vera ma basta che possa esserlo e si sfrutta ciò finché qualcuno non dimostra l'opposto; ad esempio nel racconto, a nessuno importa se Mattia sia morto veramente, l'importante è che lui non torni (potrebbe anche essere morto davvero o no è uguale!) in modo che il nuovo matrimonio di Romilda non desti scandali, e quando lui torna, nessuno si meraviglia perché a questo punto che lui sia morto davvero o no non è più importante, dato che ha deciso di non riprendersi la moglie. Adesso potrebbe anche morire veramente che sicuramente nessuno lo farebbe scrivere su un giornale dato che tutte le apparenze sono salve ed il grande mosaico della vita sociale non subirebbe contraccolpi. 
 
L’identità e la morte
La prima frase : ”Una delle poche cose, anzi forse la sola che io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal” e l'ultima: “Io sono il fu Mattia Pascal” del romanzo affrontano il tema dell'identità, molto presente all'interno di tutta la narrazione, durante la quale vengono prese in esame via via altre tematiche; tra queste la morte (dopo la mia terza, ultima e definitiva morte) che non solo riguarda quella molteplice di Mattia Pascal, ma anche quella del padre, della madre e delle figlie dello stesso protagonista, ma anche quella del pallidissimo giovane suicidatosi dopo avere perso tutto ciò che aveva al Casinò di Montecarlo. La morte pone fine ad inutili vite in cui ognuno si affatica a raggiungere obiettivi tutto sommato inutili e per i quali lo ricorderanno a malapena i suoi cari, se mai ne ha avuti.

L’amore
Anche l'amore è visto come sentimento assurdo, infatti, Mattia non comprende a cosa sia dovuto e a quale scopo Pomino abbia per Romilda un tale sentimento, ed anche il suo rapporto con Adriana, è vissuto dal protagonista in chiave molto egoistica e personale. 

Il gioco e la fortuna
Il gioco (Non seppi, o meglio, non potei arrestarmi a tempo) è un altro dei temi del romanzo che va associato anche quello della fortuna (Non ebbi più né modo né tempo di stupirmi allora del favore, più favoloso che straordinario, della fortuna). 
 
La solitudine
Altra importante tematica del romanzo è la solitudine (mi trovai qui solo, mangiato dalla noia). Due difetti, uno fisico e uno di carattere più manuale, amministrativo, che Mattia Pascal pone molto spesso in rilievo sono il suo strabismo (un occhio, il quale, non so perché, tendeva a guardare per conto suo, altrove) e la sua incapacità (ero inetto a tutto). È proprio il suo occhio strabico che gli permette di seguire, come uno spettatore, il suo "lasciarsi vivere"; questo difetto fisico, dopo un'operazione, viene eliminato a Roma, e proprio da quel momento, Pascal, riesce a mettere un po' di ordine nella sua esistenza iniziando a chiarire la realtà della vita che lo circonda, dato che, non ne è più uno spettatore, eliminato l'occhio strabico. Altra caratteristica di Mattia Pascal è il suo continuo peregrinare (seguitai ancora per qualche tempo a viaggiare), egli viaggia per sfuggire da una realtà che non gli appare bene definita, chiara, e quindi lo spaventa.
 

Il messaggio dell’autore

Pirandello con la sua opera ha cercato di ottenere qualcosa di assolutamente nuovo e di difficile realizzazione. In fondo, visti i dialoghi e le riflessioni presenti nell’opera, l’autore è sia un filosofo che un comico allo stesso tempo e da questa strana fusione nasce qualcosa di unico.
La voluta assenza di descrizioni temporali e spaziali permette di concentrare la visione del lettore proprio su una vicenda caratterizzata da un ritmo continuo, da prendere come esempio e lezione di vita. La storia di Mattia è completamente basata su un fatto incredibile, ma non impossibile.
E qui sta il succo della novità pirandelliana: gli eventi narrati possono sembrare addirittura eccezionali ed impossibili ma non lo sono. Fatti e personaggi non sono opera di un'invenzione, basata sulla fantasia dell’autore, ma rappresentano la realtà più strana ed inaspettata. Pirandello realizza un mondo non irreale e nemmeno reale, visto che in fondo è sempre una opera scritta. La sua vicenda, i  fatti, i dialoghi ed i personaggi sono perciò verosimili, capaci di diventare una realtà.
Nella prima premessa alla vicenda Pirandello inserisce una critica contro Copernico, che con la sua scoperta ha sconvolto il modo di pensare dell’uomo. La terra non è al centro dell’universo e gli uomini solo una infinitesimale parte di esso. Perciò ogni gloria o sopravvalutazione risulta vana.
La storia di Mattia ha anche un importante e pessimistico retroscena: in soli due anni tutti gli abitanti di Miragno lo dimenticano, la famiglia non sembra disperarsi della sua morte e la moglie si risposa sostituendolo con uomo più ricco. Anche se la sua morte è stata una finta, Mattia ha perso tutto e non può sperare di riottenerlo. La nostra società dimentica presto, sostituisce chi è scomparso e va avanti.
L’opera di Pirandello può essere considerata una lunga favola che attraverso una storia, una moltitudine di personaggi vuole trasmettere al lettore una morale. L’uomo non può lottare contro la propria sorte, anche se tristemente avversa e nemmeno crearsela con le proprie mani come fa Mattia Pascal diventando Adriano Meis. Siamo tutti delle marionette con una maschera, pronti ad adattarci alla varietà enorme di situazioni che ci coinvolgono.

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