Siamo su Dienneti

martedì 27 ottobre 2009

LABORATORIO DI SCRITTURA CANTO II PURGATORIO

vedi qui blog didattici


MARY LEOTTA


1)Coverchia=sovrasta
Cerchia=gira
Bilance =la notte che gira attorno alla terra ,ma diametralmente bopposta al giro del sole,usciva allora dal Gange nel segnobdella Bilancia.
Soverchia= durata del gorno
Per troppa etate= col passar del tempo
Ratto= rapidamente
Il galeotto= il nocchiero”lo reggitore di quel navigio”
Officiali=ministri(gli angeli)
Li argomenti umani= non adopera mezzi x navigare
Vasello= navicella,una barchetta
Pur descipto=descrizione
Sediero=molte anime sedevano dentro
'In exitu Isräel de Aegypto= quandro Isdraele uscì dall’Egitto
Selvaggia parea del loco= inesperta de luogo
Le saette conte=saette infallibili
Gire= raggiungere
Per lo spirare=dal mio respirare
Tragge la gente=e come la gente accorre intorno
Novelle=notizie
Di calcar nessun si mostra schivo=nessuno si sottrae alla calca.
S’affisar=guardarono con intensità
Ombre vane=ombre inconsistenti
Oltre mi pinsi=seguendola avanzai
Ma a te com' è tanta ora tolta?=ma come mai a te è stato tolto tanto tempo??
Fu' da lui ricolto=fu da lui accolto
Però che=poiché li
Tutte mie doglie=tutti i miei affanni
Spogliarvi lo scoglio=liberarvi dalla scorza
Maggior cura=preoccupazione maggiore
Masnada fresca=giunta da poco
Ne sa dove riesca=dal latino mansio”magione” “casa”
Men tosta=meno precipitosa.

2)Dante e Casella
Il viaggio nel PURGATORIO entra subito nel vivo,con due avvenimenti che segnano fortemente il canto:l’arrivo della navicella di anime condotta dall’angelo nocchiero e l’incontro con l’amico e cantore Casella. Nel dialogo Dante chiede a Casella come mai impiegò tanto a raggiungere la spiaggia dell’Antipurgatorio. Casella allora gli spiega che non si tratta di un torto subito, ma l’angelo che ha il privilegio di scegliere le anime da traghettare non gli diede il passaggio questo perchè la giustizia divina attende che sia trascorso il tempo necessario affinchè queste anime dimentichino gli interessi terreni. Quando Casella si trovò nell’Antipurgatorio l’angelo lo accolse con benevolenza ,si diresse con le ali verso il punto in cui l’acqua del Tevere sfocia in mare.
Caronte e l’angelo nocchiero=
Dante dedica ampio spazio poetico all’apparizione miracolosa dell’angelo che conduce la navicella degli spiriti. Il personaggio è infatti una figura di straordinaria bellezza e sacralità.perchè da lui il poeta inizia la conoscenza diretta delle creature celesti. L’angelo riveste anche l’importante ruolo di traghettatore delle anime dalla vita terrena al mondo della salvezza eterna, e in questa funzione corrisponde al Caronte infernale, lui fa una predicazione nel lll canto dell’Inferno a Dante dove dice che il passaggio al regno dei morti dovrà avvenire in altro luogo e su un più agile vascello appunto fa riferimento alle anime del Purgatorio,quindi alla salvezza, naturalmente corrisponde in una situazione simmetrica ma capovolta dal punto di vista escatologico.

CONCETTA RUSSO

Dante e Virgilio nel II canto vedono una luce rosseggiante che appare sulle acque del mare e si avvicina alla spiaggia. Virgilio chiede a Dante di inginocchiarsi e gli comunica che quello che sta arrivando è un angelo, il primo che incontrano nel purgatorio.
Appena l’angelo si avvicina, Dante abbassa gli occhi. Le anime vengono benedette dall’angelo e chiedono ai due poeti consiglio sulla via da intraprendere. Virgilio spiega che anch’essi non conoscono bene quel luogo, perché vi sono appena giunti, attraverso una via faticosa.
Le anime si accorgono che Dante è vivo e si meravigliano; tra queste in particolare una, Casella cerca di abbracciare Dante e gli spiega che anche se era morto qualche tempo prima, era giunto nel purgatorio in quel momento perché prima le anime vengono radunate alla foce del Tevere, dove l’angelo nocchiero le trasporta nella spiaggia del purgatorio. Dante chiede a Casella di confortarlo ed egli canta “Amor che ne la mente mi ragione”. Arriva Catone e li rimprovera per l’indugio. Le anime insieme ai poeti si dirigono verso la costa del monte, correndo come colombe spaventate da un improvviso rumore.
1) Coverchia=sovrasta; cerchia=ruota; Bilance= costellazione della Bilancia; Soverchia=diventa più lunga del giorno; Per troppa etate= con l’avanzare del giorno; Ratto= rapida; Il galeotto= l’angelo nocchiero; Officiali=ministri del cielo; Li argomenti umani= strumenti degli uomini; Vasello= barca; Pur descipto=descrizione; Sediero= sedevano; 'In exitu Isräel de Aegypto= Israele nell’uscita d’Egitto; Selvaggia parea del loco= sembrava inesperta del luogo;
Le saette conte=raggi infallibili; Gire= per andare; Per lo spirare= per lo stupore; Tragge la gente= accorono le persone; Novelle=novità;
Di calcar nessun si mostra schivo=nessuno si sottrae alla calca; S’affisar= si rivolsero; Ombre vane=ombre inconsistenti; Oltre mi pinsi= mi spinsi oltre;
Ma a te com' è tanta ora tolta?=ma come mai a te è stato sottratto tanto tempo?; Fu' da lui ricolto= sono stato accolto da lui; Però che=poiché;
Tutte mie doglie=tutti i miei affanni; Spogliarvi lo scoglio=liberarvi dal peccato; Maggior cura=preoccupazione maggiore
Masnada fresca=schiera di anime giunta da poco; Ne sa dove riesca=dal senza sapere dove vada; Men tosta=meno precipitosa.
2)Casella chiede a Dante come mai è nel Purgatorio se è vivo, ed egli spiega che gli è stato concesso questo viaggio per ottenere la salvezza eterna dopo un adeguato periodo di espiazione nel purgatorio. Dante chiede a Casella come mai ,essendo morto già da un pezzo, sia arrivato li, solo in quel momento, ed egli risponde che l’angelo nocchiero imbarca le anime seguendo la volontà di Dio e non gli è stato fatto nessun torto.
3) Caronte nel III canto dell’inferno traghetta le anime dal fiume Acheronte fino all’altra sponda. Quando si accorge che Dante è vivo lo ammonisce , però poi interviene Virgilio che gli spiega la loro condizione.









lunedì 26 ottobre 2009

CANTO II PURGATORIO


Lettura del canto II


Già era 'l sole a l'orizzonte giunto
lo cui meridïan cerchio coverchia
Ierusalèm col suo più alto punto;

e la notte, che opposita a lui cerchia,
uscia di Gange fuor con le Bilance,
che le caggion di man quando soverchia;

sì che le bianche e le vermiglie guance,
là dov' i' era, de la bella Aurora
per troppa etate divenivan rance.

Noi eravam lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino,
che va col cuore e col corpo dimora.

Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,
per li grossi vapor Marte rosseggia
giù nel ponente sovra 'l suol marino,

cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir sì ratto,
che 'l muover suo nessun volar pareggia.

Dal qual com' io un poco ebbi ritratto
l'occhio per domandar lo duca mio,
rividil più lucente e maggior fatto.

Poi d'ogne lato ad esso m'appario
un non sapeva che bianco, e di sotto
a poco a poco un altro a lui uscìo.

Lo mio maestro ancor non facea motto,
mentre che i primi bianchi apparver ali;
allor che ben conobbe il galeotto,

gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali.
Ecco l'angel di Dio: piega le mani;
omai vedrai di sì fatti officiali.

Vedi che sdegna li argomenti umani,
sì che remo non vuol, né altro velo
che l'ali sue, tra liti sì lontani.

Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo,
trattando l'aere con l'etterne penne,
che non si mutan come mortal pelo».

Poi, come più e più verso noi venne
l'uccel divino, più chiaro appariva:
per che l'occhio da presso nol sostenne,

ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.

Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che faria beato pur descripto;
e più di cento spirti entro sediero.

'In exitu Isräel de Aegypto'
cantavan tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo è poscia scripto.

Poi fece il segno lor di santa croce;
ond' ei si gittar tutti in su la piaggia:
ed el sen gì, come venne, veloce.

La turba che rimase lì, selvaggia
parea del loco, rimirando intorno
come colui che nove cose assaggia.

Da tutte parti saettava il giorno
lo sol, ch'avea con le saette conte
di mezzo 'l ciel cacciato Capricorno,

quando la nova gente alzò la fronte
ver' noi, dicendo a noi: «Se voi sapete,
mostratene la via di gire al monte».

E Virgilio rispuose: «Voi credete
forse che siamo esperti d'esto loco;
ma noi siam peregrin come voi siete.

Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu sì aspra e forte,
che lo salire omai ne parrà gioco».

L'anime, che si fuor di me accorte,
per lo spirare, ch'i' era ancor vivo,
maravigliando diventaro smorte.

E come a messagger che porta ulivo
tragge la gente per udir novelle,
e di calcar nessun si mostra schivo,

così al viso mio s'affisar quelle
anime fortunate tutte quante,
quasi oblïando d'ire a farsi belle.

Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi, con sì grande affetto,
che mosse me a far lo somigliante.

Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!
tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto.

Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l'ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.

Soavemente disse ch'io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.

Rispuosemi: «Così com' io t'amai
nel mortal corpo, così t'amo sciolta:
però m'arresto; ma tu perché vai?».

«Casella mio, per tornar altra volta
là dov' io son, fo io questo vïaggio»,
diss' io; «ma a te com' è tanta ora tolta?».

Ed elli a me: «Nessun m'è fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui li piace,
più volte m'ha negato esto passaggio;

ché di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto
chi ha voluto intrar, con tutta pace.

Ond' io, ch'era ora a la marina vòlto
dove l'acqua di Tevero s'insala,
benignamente fu' da lui ricolto.

A quella foce ha elli or dritta l'ala,
però che sempre quivi si ricoglie
qual verso Acheronte non si cala».

E io: «Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l'amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,

di ciò ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, è affannata tanto!».

'Amor che ne la mente mi ragiona'
cominciò elli allor sì dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.

Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con lui parevan sì contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.

Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?

qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto».

Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,

se cosa appare ond' elli abbian paura,
subitamente lasciano star l'esca,
perch' assaliti son da maggior cura;

così vid' io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,
com' om che va, né sa dove rïesca;

né la nostra partita fu men tosta.


PARAFRASI E COMMENTO

SPUNTI PER LA VERIFICA

1.Sostituite i termini e le espressioni colorate con termini ed espressioni che appartengono all'Italiano contemporaneo.

2.Dante e Casella dialogano sul luogo e sul modo in cui le anime sono destinate al Purgatorio vengono caricate dsll'angelo nocchiero e sulla particolarità degli ultimi tre mesi.Riferisci i contenuti del dialogo(.vv.91-105).

3.Collega e confronta l'apparizione dell'angelo nocchiero con quella di Caronte nel canto III dell'Inferno.Cerca nelle parole di Caronte l'allusione all'imbarcazione dell'angelo.



giovedì 22 ottobre 2009

LABORATORIO DI SCRITTURA ( CANTO I)


RAGAZZI ,

POTETE ASCOLTARE QUI LA LETTURA DEL I CANTO DEL PURGATORIO DI VITTORIO SERMONTI


MARIANGELA LEOTTA) V.94-105 / 115-129

Nel primo canto del Purgatorio si compie un incontro fondamentale quello con
Catone che ,con le sue parole impone una doppia cerimonia liturgica:il rito purificatore del lavaggio del viso””,affinchè Dante possa presentarsi degnamente davanti al primo angelo del Purgatorio(vv95-99),e quello della recinzione di un giunco,simbolo dell’umiltà con cui ha inizio il processo di rinnovamento. Troviamo molti simboli ripetuti in questo canto come l’alba che è sempre presente nel canto perché simboleggia il sorgere del sole ,appunto a differenza dell’inferno che era caratterizzato dal buoio delle tenebre notturne, qui nel Purgatorio iniziamo a vedere più luce .

2)FIGURA DI CATONE
L’antica e nobile figura di Catone,protagonista del canto nel ruolo di guardiano del Purgatorio,induce ad alcune riflessioni. Una prima questione è costituita dalla presenza di un pagano, e suicida,qui nel regno di coloro che sono destinati alla salvezza eterna. La scelta è determinata dal fatto che in lui Dante vide il simbolo della libertà, dell’uomo virtuoso che per obbedire all’alta morale della propria coscienza rifiuta i legami della vita fisica. Una seconda riflessione riguarda la dichiarazione di Catone rispetto alla moglie Marzia = gli affetti terreni non possono condizionare comportamenti e giudizi nella vita oltremondana, poiché qui la verità divina vanifica gli effimeri sentimenti mortali per affermare i valori assoluti dell’amore e dell’ordine di Dio.

3)INVOCAZIONE ALLE MUSE
Sia nel I canto del Purgatorio che nel II canto dell’ Inferno troviamo l’invocazione alle muse:le nove figlie di Zeus e di Mnemosine che, nella tradizione mitologica classica,avevano il compito di ispirare e proteggere le attività artistiche,la musica e la poesia in particolare. Appunto per questo le invoca nel ll canto dell’inferno Dante. Mentre nel l canto del Purgatorio Dante invoca Calliope la nona delle muse . calliope come si deduce dal v. 11, ricevette dalle sorelle l’incarico di cantare per tutte loro, provocate dalle Pieridi. Dante la invoca ricordando la famosa vittoria di lei riportata sulle nove figlie di Pierio,re di Macedonia,che avevano osato sfidare le Muse in una gara di canto e furono sconfitte da Calliope. Per castigo furono trasformate in gazze,uccelli dalla voce stridula e monotona.


ANTONELLA SALVA'


n1:Si percepisce immediatamente la novità dell'atmosfera e del linguaggio del Purgatorio. Lasciata dietro di sé "l'aura morta" dell'Inferno, il poeta fuoriesce in un ambiente più sereno e luminoso, simbolo evidente della presenza della speranza e della grazia, che caratterizza questa cantica. n.2:La presenza di Catone, suicida, in Purgatorio ha sempre sollevato molte discussioni. Ma il dubbio sulla legittimità di tale destino ultraterreno è sciolto dalle parole di Virgilio in questo canto, ai vv.70-75. Va aggiunto che Dante ripetutamente elogia Catone nel Convivio e nella l Monarchia. Ricordiamo che Marco Porcio Catone, detto l'Uticense dal nome della città africana dove affronta la morte, nacque nel 95a.C. e mori suicida nel 46, per non essere fatto prigioniero da Cesare. n.3:Nel purgatorio l'invocazionedelle Muse viene completata con l'aggettivo "sante", appartenenti alla sfera dei valori cristiani; in particolare il poeta si rivolge a Calliope, Musa della poesia epica e utilizza pertanto la tradizionale invocazione alle Muse senza però rinunciare alla propria identità di peota cristiano; rivolgendosi d esse, egli intende in realtà invocare l'ispirazione di Dio.

Rossana Zagami IV E
1)
Nel Purgatorio notiamo una differenza con l'inferno per quanto riguarda il paesaggio.Nel primo troviamo un ambiente cupo,buio e terrificante, mentre nel secondo troviamo un paesaggio più sereno e più chiaro.Ma si ribadisce comunque il concetto della purificazione di Dante, che, in questo primo canto, viene esortato da Catone a lavarsi il viso con l'acqua che simboleggia quella battesimale, necessaria per la purificazione,ed a cingersi con il giunco, che rappresenta l'umiltà necessaria per liberarsi dal peccato.

2)
Catone è il custode del Purgatorio e viene descritto con la barba e i capelli brizzolati che scendono sul petto divisi in due ciocche.
Catone non è rappresentato da Dante come avversario di Cesare, ma come simbolo di un ideale di libertà, da non intendere in senso politico. Per il cristiano la libertà sta nella scelta tra bene e male, e il purgatorio è il luogo in cui si puniscono le debolezze della volontà, che non hanno permesso di seguire fino in fondo la strada del bene.
gli è simbolo di libertà.Catone, uccisosi a Utica per non cadere nelle mani del nemico, dimostrò coerenza a livello politico.Per Dante la coerenza sociale e politica sono di grande rilevanza ed è per questo che Catone, pur essendo pagano, non finisce all'inferno.

3)Nel secondo canto dell'inferno Dante fa un invocazione alle muse, che erano, nella mitologia dell'antica Grecia, le divinità protettrici delle lettere, delle arti e delle scienze, figlie di Zeus e di Mnemosine.Avevano il compito di rendere i banchetti più allegri.
Nel purgatorio Dante invoca la musa Calliope utilizzando l'aggettivo "sante", in quanto protettrici delle arti, tra cui, come nel caso di Calliope, la poesia epica destinata alla salvezza spirituale dell'umanità.
Egli le invoca perchè lo sorreggano nella rappresentazione di ciò che ha visto durante il suo viaggio ultraterreno.

YVONNE SGROI
1)
Nel Purgatorio troviamo un paesaggio più sereno e più chiaro. Incontriamo vari elementi che compongono il rito di purificazione: l’acqua con cui si deve lavare il viso simboleggia l’acqua battesimale, il giunco che invece che raffigura l'umiltà necessaria per liberarsi dal peccato e l’alba rappresenta la sensazione di rinascita e serenità e di distacco dalle immagini oscure dell'Inferno, rappresentato dalle lontane increspature del mare.

2)
Catone, custode del Purgatorio, viene rappresentato con una barba lunga e brizzolata come i capelli che cadevano in due ciocche sul petto attorno al volto del guardiano del purgatorio risplendeva la luce delle quattro stelle rappresentanti le quattro virtù cardinali, con evidente significazione simbolica di uomo dalle salde virtù. Catone non è rappresentato da Dante come avversario di Cesare, ma come simbolo di un ideale di libertà, ma non nel senso politico, ma come ideale di scelta tra bene e male
Catone si uccise a Utica per non essere catturato dal nemico, mostrò coerenza con le proprie idee politiche e per Dante la coerenza politica è molto importante, per ciò Catone non si trova nell’Inferno.

3)
Dante nel I canto del Purgatorio e nel II canto dell’ Inferno invoca le muse, nove figlie di Zeus (protettrici e ispiratrici dell’arte, quali musica e poesia). E’ appunto per questo che Dante le invoca nel II canto dell’ Inferno. Nel purgatorio, Dante invoca Calliope, la nona delle muse. Dalle sorelle, ella ricevette l’incarico di cantare per tutte loro. Dante ricorda la vittoria di Calliope sulle figlie di Pierio che avevano sfidato le Muse in una gara di canto, e quando vennero sconfitte dalla nona Musa, vennero trasformate in gazze dalla voce stridula e priva di sfumature.

MANILA TROVATO

1) I due poeti si trovano ai piedi del monte del purgatorio, in un punto che pare inaccessibile. Virgilio dubbioso riflette, mentre Dante mostra al maestro un gruppo di anime che potrebbero dar loro informazioni su una via più facile da seguire. Dante e Virgilio si avvicinano verso queste anime che avanzavano lentamente, esse rimangono meravigliate nel vedere l'ombra di Dante, e Virgilio spiega loro che lui stava facenzo un viaggio per volere di Dio. Alla fine una delle anime indica ai due poeti la strada da seguire.

2)In questo canto Dante e Virgilio incontrano le anime dei negligenti che attesero l'ultimo minuto di vita per pentirsi. La loro pena era era di attendere nell'antipurgatorio prima di essere ammessi al purgatorio per espiare le loro colpe, tanto tempo quanto vissero in peccato, se morti in stato di scomunica l'attesa era trenta volte il tempo che vissero scomunicati.Di quest'ultimi fa parte Manfredi di Svevia.Tale attesa poteva essere diminuita solo attraverso le "preghiere del suffraggio" e per questo chiede di essere ricordato a sua figlia Costanza.

3) Manfredi (? 1232-Benevento 1266), principe di Taranto e re di Sicilia(1258-1266), figlio naturale di Federico II, imperatore del sacro romano impero. Dotato di capacità intellettuali non comuni, alla morte del padre (1250) divenne reggente sul trono di Sicilia per il fratellastro Corradi IV, che si trovava in Germania. La sua reggenza fu osteggiata da papa Innocenzo IV, che aveva scomunicato Federico II e si era battuto per l'affermazione del potere temporale della Chiesa dell'impero. Alla morte di Corrado, sopraggiunto nel 1254, Manfredi accettò la reggenza della Sicilia per il nipote Corradino, ma il nuovo pontefice Alessandro IV lo scomunicò ed egli dalla Puglia, dischiarò guerra al papa; nel 1257 sconfisse l'esercito del papa e il 10 agosto 1258, dopo aver diffuso la falsa notizia che Corradino era morto, fu incoronato a Palerno re di Sicilia. Insediatosi sul trono proseguì la politica del padre e cercò di tessere alleanze prendendo posizione all'interno di ogni faida cittadina o nobiliare. Dopo essere stato scomunicato da papa Alessandro una seconda volta, si schierò in Toscana con i ghibellini e prese parte alla battaglia di Montaperti (1260) che si concluse con una grave sconfitta dei guelfi. Per rafforzare ulteriormente la propria posizione combinò il matrimonio tra la figlia Costanza e l'infante Pietro d'Aragona. Tuttavia la scomunica gli venne rinnovata dal nuovo papa, Urbano IV, il quale si appellò al conte Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX, e forte del suo sostegno bandì una crociata contro Manfredi. Il conte scese in Italia e nella battaglia di Benevento (1260) Manfredi fu sconfitto e ucciso.
Manfrdi fu un generoso mecenate e accolse alla sua corte scienziati, poeti e artisti. Fece tradurre numerosi testi dall'arabo e dal greco e scrisse egli stesso testi in volgare.






martedì 20 ottobre 2009

CANTO I PURGATORIO

Purgatorio canto II vv. 112 - 115

Amor che nella mente mi ragiona

Cominciò egli allor sì dolcemente

Che la dolcezza ancor dentro mi suona"


Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
e canterò di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Caliopè alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
Dolce color d'oriental zaffiro,
che s'accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta
che m'avea contristati li occhi e 'l petto.
Lo bel pianeto che d'amar conforta
faceva tutto rider l'oriente,
velando i Pesci ch'erano in sua scorta.
I' mi volsi a man destra, e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'a la prima gente.
Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle:
oh settentrional vedovo sito,
poi che privato se' di mirar quelle!
Com'io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l 'altro polo,
là onde il Carro già era sparito,
vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a' suoi capelli simigliante,
de' quai cadeva al petto doppia lista.
Li raggi de le quattro luci sante
fregiavan sì la sua faccia di lume,
ch'i' 'l vedea come 'l sol fosse davante.
«Chi siete voi che contro al cieco fiume
fuggita avete la pregione etterna?»,
diss'el, movendo quelle oneste piume.
«Chi v'ha guidati, o che vi fu lucerna,
uscendo fuor de la profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?
Son le leggi d'abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite a le mie grotte?».
Lo duca mio allor mi diè di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fé le gambe e 'l ciglio.
Poscia rispuose lui: «Da me non venni:
donna scese del ciel, per li cui prieghi
de la mia compagnia costui sovvenni.
Ma da ch'è tuo voler che più si spieghi
di nostra condizion com'ell'è vera,
esser non puote il mio che a te si nieghi.
Questi non vide mai l'ultima sera;
ma per la sua follia le fu sì presso,
che molto poco tempo a volger era.
Sì com'io dissi, fui mandato ad esso
per lui campare; e non lì era altra via
che questa per la quale i' mi son messo.
Mostrata ho lui tutta la gente ria;
e ora intendo mostrar quelli spirti
che purgan sé sotto la tua balìa.
Com'io l'ho tratto, saria lungo a dirti;
de l'alto scende virtù che m'aiuta
conducerlo a vederti e a udirti.
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu 'l sai, ché non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch'al gran dì sarà sì chiara.
Non son li editti etterni per noi guasti,
ché questi vive, e Minòs me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi casti
di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni:
per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Lasciane andar per li tuoi sette regni;
grazie riporterò di te a lei,
se d'esser mentovato là giù degni».
«Marzia piacque tanto a li occhi miei
mentre ch'i' fu' di là», diss'elli allora,
«che quante grazie volse da me, fei.
Or che di là dal mal fiume dimora,
più muover non mi può, per quella legge
che fatta fu quando me n'usci' fora.
Ma se donna del ciel ti muove e regge,
come tu di' , non c'è mestier lusinghe:
bastisi ben che per lei mi richegge.
Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d'un giunco schietto e che li lavi 'l viso,
sì ch'ogne sucidume quindi stinghe;
ché non si converria, l'occhio sorpriso
d'alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
ministro, ch'è di quei di paradiso.
Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
là giù colà dove la batte l'onda,
porta di giunchi sovra 'l molle limo;
null'altra pianta che facesse fronda
o indurasse, vi puote aver vita,
però ch'a le percosse non seconda.
Poscia non sia di qua vostra reddita;
lo sol vi mosterrà, che surge omai,
prendere il monte a più lieve salita».
Così sparì; e io sù mi levai
sanza parlare, e tutto mi ritrassi
al duca mio, e li occhi a lui drizzai.
El cominciò: «Figliuol, segui i miei passi:
volgianci in dietro, ché di qua dichina
questa pianura a' suoi termini bassi».
L'alba vinceva l'ora mattutina
che fuggia innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar de la marina.
Noi andavam per lo solingo piano
com'om che torna a la perduta strada,
che 'nfino ad essa li pare ire in vano.
Quando noi fummo là 've la rugiada
pugna col sole, per essere in parte
dove, ad orezza, poco si dirada,
ambo le mani in su l'erbetta sparte
soavemente 'l mio maestro pose:
ond'io, che fui accorto di sua arte,
porsi ver' lui le guance lagrimose:
ivi mi fece tutto discoverto
quel color che l'inferno mi nascose.
Venimmo poi in sul lito diserto,
che mai non vide navicar sue acque
omo, che di tornar sia poscia esperto.
Quivi mi cinse sì com'altrui piacque:
oh maraviglia! ché qual elli scelse
l'umile pianta, cotal si rinacque
subitamente là onde l'avelse.

PARAFRASI-COMMENTO
LABORATORIO DANTESCO
§ comprendere il canto

1.Spiega il significato simbolico dei diversi elementi che compongono il rito di purificazione (l'alba. l'acqua,il giunco)vv.94-105 e 115-129.

2.Descrivi la figura di Catone

§Conoscere la lingua di Dante(fotocopie)

§Approfondire

1.Confronta il proemio del Purgatorio anto con quello del canto II dell'Inferno, spegando in particolare il passaggio dall'invocazione generale alle Muse(Inferno) all'invocazione particolare a una di esse(Purgatorio).

2.
Rileggi il canto, ricercando in esse tutte le coppie di elementi(descrittivi,pscicologici, morali) che ribadiscono l'antitesi fra mondo infernale e mondo purgatoriale.


martedì 13 ottobre 2009

LABORATORIO DI SCRITTURA: l' articolo di giornale

GIADA GIUFFRIDA

DESTINAZIONE EDITORIALE: GIORNALINO D'ISTITUTO

L'UOMO DIVENTERÀ IMMORTALE? Il progresso è la strada giusta?

L'uomo ha fatto della tecnica, della ricerca e del progresso scientifico un vero e proprio scudo per proteggersi e per, secondo lui, diventare immortale.
Così ha inventato macchine e strumenti di ogni genere: aereoplani per imitare il volo degli uccelli, armi da fuoco, macchine all'ultimo grido, metodi nel campo biotecnico e nella bioingegneria, per frenare se non debellare la piaga della fame grazie a piante resistenti a malattie e parassiti.
Ma sicuramente le scoperte maggiori sono avvenute nel campo della medicina, basti pensare alla produzione di insulina per curare il diabete.
L'uomo, con tutto ciò, si è creato un suo mondo, ha profetizzato il suo futuro ritenendosi fortunato; ma è sicuro che vivremo tutti felici e contenti nelle nostre città??? Non è meglio avere dei limiti e delle responsabilità???
Andando avanti così, arriveremo al punto di girare con le maschere per l'ossigeno, prendere pillole e medicinali in continuazione, arrivando a poco a poco alla nostra distruzione, alla svalorizzazione dei sentimenti: amore, pace, libertà...andando a perdere ciò che caratterizza l'uomo.
Vogliamo realmente diventare materialisti??? e ridurci a essere delle macchine???
Secondo me è inutile progredire nella tecnica se non si tiene in considerazione tutto ciò che è la persona umana. Non conta quanto tempo vive un uomo ma come vive!!!


YVONNE SGROI
Destinazione editoriale: giornalino d’Istituto

IL SOGNO DI DOMINARE LA NATURA, OGGI E' REALTA'
Dibattiti pro e contro, ma oggi siamo noi a decidere del nostro futuro


Già da molto tempo si denuncia la corsa alle piante brevettate, che causerebbero un impoverimento della varietà delle forme di vita esistenti, ma non si pensa che, con l'aggiunta di un gene per rendere le piante più resistenti o più produttive, si potrebbero sfamare i popoli più poveri e sfortunati. Si potrebbero anche fare progressi, come già è successo nel campo medico, ad esempio con la scoperta dell'insulina per far abbassare il diabete.
Basti pensare che il DNA è stato inaccessibile per milioni di anni, ma che oggi, avendo scoperto la sua natura, siamo noi a dominare su di esso. Ora possiamo usare questa potenzialità per far del bene all’umanità.
Nonostante molti studiosi sostengano che con la fede religiosa non possa accaderci nulla e che con la tecnica e le scoperte scientifiche potremmo costruirci uno scudo intorno a noi ed essere così “immortali”, un domani potremmo comunque distruggerci, o con il disastro ecologico o nutrendoci di pillole e con le mascherine per l’ossigeno passeggiare, in tal caso si arriverebbe alla perdita dei sentimenti, caratteristica principale dell’essere umano, senza la quale si arriverebbe alla distruzione dell’ambiente di vita dal quale noi dipendiamo. Per poter interrompere qualsiasi attività umana, però, si devono avere in mano seri indizi che essa possa comportare gravi rischi per l’uomo. Per essere giudicato “serio” e far scattare il principio di precauzione, un indizio deve essere scientificamente fondato, se no questo principio scatterebbe ad ogni attività dell’uomo. Fortunatamente le conoscenze scientifiche vengono aggiornate periodicamente per cui il principio di precauzione viene rivisto alla luce delle nuove scoperte.
C’è inoltre da aggiungere che tutti siamo responsabili dei disastri ecologici, e le istituzioni pubbliche ad operare le scelte, di certo non sono gli scienziati i primi responsabili.
In passato la scienza, il progresso e la questione morale, nel mondo occidentale, erano condizionati dal potere della Chiesa che, come dice Benedetto XVI, la scienza ci allontana dall’ <<>> , per cui lasciarsi prendere dal gusto delle scoperte vorrebbe dire fare la stessa fine di Icaro: “perdersi nel suo volo verso la sua libertà assoluta per poi precipitare a terra”, per cui non bisogna affidarsi a delle illusioni, quali sono le scoperte scientifiche.
E’ tipico della scienza produrre effetti indesiderati, ma è questo effetto di imprevedibilità che mette in sacco l’etica, quell’etica che si è limitata a regolare i rapporti tra gli uomini, un’etica che non è mai entrata a discutere degli enti della natura. Occorre quindi riformulare il “patto” tra la scienza e l’uomo, un patto in cui ciascun essere umano deve avere i proprio limiti e deve assumersi le responsabilità del proprio agire.
Bechlard afferma che la conoscenza si ottiene dagli errori, per cui anche se la scienza commetterà degli errori, noi impareremo da essi.

CONCETTA RUSSO IV E

Destinazione editoriale: Giornalino d’istituto

Titolo: Chi sono i veri responsabili dei disastri ecologici?

Occhiello: La scienza e il progresso causano danni ambientali…la colpa è solo degli scienziati?

Uno dei temi che è stato sempre al centro di vivaci dibattiti è quello della responsabilità dello scienziato sulle sue scoperte e dell’uso che se ne fa.

Lo scienziato ha il compito di scoprire quello che ancora l'uomo ignora. Esso scopre le cose però poi le scoperte vengono pubblicate e vanno a finire a mano degli altri: le istituzioni pubbliche e il parlamento decidono e operano le scelte, a volte li usano anche a scopo distruttivo o per far soldi con una determinata scoperta.

Come afferma il fisico e matematico Tullio Regge la colpa non è soltanto degli scienziati, ma un po’di tutti: tecnici, uomini d’affare, politici, che per esempio decidono di produrre migliaia di tonnellate di un certo composto chimico di cui allo scienziato ne basterebbero soltanto pochi grammi per i suoi esperimenti in laboratorio.

La scienza sta facendo oggi passi enormi, come sostiene il fisico italiano Carlo Rubbia, stiamo conquistando un grandissimo potere, e questo è vero infatti in passato nessuno poteva immaginare che oggi si sarebbe arrivato alla clonazione o alla fecondazione artificiale.

Grazie alla scienza e al progresso sono stati risolti numerosi problemi, a partire dalle malattie fino alla scoperta di nuove tecnologie che migliorano il nostro modo di vivere, sconosciute ai nostri antenati.

Molti pensano che all’uomo non possa accadere nulla in quanto con la tecnica e la ricerca scientifica un giorno si potrà creare qualcosa che ci terrà in vita eternamente.

K. Lorenz pensa che se un giorno accadrà questo e vivremo tutti nelle città, ingoieremo pillole per nutrirci e andremo in giro con le maschere per l’ossigeno, l’uomo si autodistruggerà da solo; e io concordo con lui perché prevaler ebbe l’aspetto tecnologico e non più i sentimenti che sono la caratteristica più importante degli esseri umani.
Queste innovazioni da un lato hanno allungato la vita dell’uomo, ma dall’altro però hanno causato dei danni ambientali, come ad esempio le frane che sono successe ultimamente in provincia di Messina, le alluvioni, il cambiamento climatico e tanti altri fenomeni del genere; quindi la colpa non è solo degli scienziati ma anche nostra che abbiamo fatto un uso sbagliato delle loro scoperte. Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità e cercare di usare tutto con moderazione per evitare ulteriori danni ecologici e ambientali.



MARY PAFUMI IV E


Destinazione editoriale:giornalino d'istituto

La scienza e lo scienziato:

Ci chiediamo se lo scienziato abbia delle responsabilità, ma su quali criteri ci dobbiamo basare per rispondere a questa domanda?Ecco le opinioni di un biofisico e di un fisico-matematico.

Lo scienziato usa metodi scientifici nella ricerca, quella ricerca che porterà a delle scelte. Ma queste scelte spettano agli scienziati stessi o spettano a noi? Franco Graziosi, biofisico, dice di non ritenersi responsabile delle scelte, ma solo delle scoperte, perché ad applicarle deve essere l’uomo, ovvero le istituzioni pubbliche ad esempio il nostro parlamento che decide se applicare o no una data scoperta. Anche Tullio Regge, fisico e matematico, esprime la propria opinione riguardo a questo argomento; lui pensa che i responsabili siamo tutti, scienziati e non, perché una volta che la scoperta viene resa nota a tutti, sono le persone a cui arrivano queste scoperte, che decidono l’uso che ne devono fare e la quantità che ne devono usare. Dall’uso sbagliato che l’uomo fa di queste scoperte, derivano i disastri ecologici. In questi anni abbiamo assistito a case bruciate dalla lava, case inondate dai fiumi o dai crolli delle montagne, questo perché appunto l’uomo non ha saputo gestire la situazione. Un esempio lampante è avvenuto qualche giorno fà in Sicilia, a Giampilieri e Scaletta Zanclea, due paesi del messinese che sono stati travolti dal crollo della montagna, quella montagna che non doveva stare dietro le case, quella montagna che già negli anni passati aveva dato segni di cedimento, da questi segni, l’uomo doveva capire che le case già costruite non dovevano essere abitate e i progetti delle nuove case non dovevano essere portati a termine. Ecco, in questo caso non possiamo dare la colpa allo scienziato, al fisico, ma l’unica colpa è dell’uomo, che pur conoscendo i rischi e i pericoli ha continuato a costruire e ad abitarci. La colpa inoltre si può indirizzare alle cariche superiori, che nonostante abbiano ricevuto delle richieste di aiuto,non sono intervenute. Dalla catastrofe di Giampilieri e da tutte le altre, possiamo dedurre che la responsabilità è un po’ di tutti; scienziati, uomini e in questo caso anche della natura. Quindi come ha concluso Tullio Regge in un suo articolo, prendiamoci le nostre responsabilità e facciamo in modo che questi disastri non avvengano più.


DI MASSIMILIANO PAPPALARDO

destinazione editoriale : giornalino d’Istituto

Ricerca scientifica : guarigione che porta alla malattia

Riusciremo a vivere senza alcun flagello che minacci la salute dell’essere umano?...

Negli ultimi mesi si parla sempre e solo del nuovo virus che incombe sull’umanità, l’H1N1.

Questo nuovo virus ha già iniziato a fare le prime vittime ed il panico aumenta in tutta Italia, anche se alcuni dottori assicurano che non c’è alcun pericolo e che le persone decedute avevano già vari problemi di salute.

Intanto i ricercatori continuano le ricerche e hanno trovato un vaccino per debellare il virus.

Il Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, ha imposto delle norme igieniche all’interno delle scuole per fare in modo che il virus non si diffonda, e inoltre, ha intenzione di allungare il periodo di vacanza delle festività natalizie in modo che i giovani possano fare il vaccino.

Così, la domanda mi sorge spontanea:riusciremo mai a vivere in un mondo senza malattie nel quale tutti possano avere una salute ferrea e non soffrano di alcun problema fisico?

Non vorrei essere pessimista, ma secondo me la risposta è NO! È vero che negli ultimi decenni la ricerca ha fatto dei passi notevoli nel campo della medicina, ma nonostante tutto si trovano sempre nuovi virus che mettono in subbuglio l’intera umanità, ai quali si cerca di porre rimedio con risultati non sempre soddisfacenti. Come afferma Umberto Eco in un articolo pubblicato su “La Repubblica” anche se la ricerca fa sempre dei passi in avanti; gli strumenti per far si che questi progressi possano essere realizzati producono spesso inquinamento (sostanze cancerogene ecc…), che porterà alla distruzione dell’uomo.

Secondo me, la strada giusta che la scienza, e quindi la ricerca, deve seguire per non portare all’autodistruzione della specie umana e del mondo, è far si che questi passi possano essere fatti ma ponendo dei limiti ad ogni passo fatto senza eccedere.

STEFANO CONTI NIBALI IV E

Destinazione editoriale: Giornalino d’istituto

Titolo: migliorare la vita attraverso la biotecnologia?

Occhiello: Grazie alla ricerca scientifica e biologica, allo studio e alla modifica del DNA, potremo vivere in eterno. Pro e contro.

L’uomo nel corso dei secoli cerca in tutti i modi di vivere il più allungo possibile. Questo si può attraverso la modificazione genetica.

Infatti, grazie alla bioinformatica e alla biologia si è in grado di modificare, trasferire e ampliare i geni sia nelle piante che negli animale e persino negli uomini.

Con la biotecnologia si possono modificare le caratteristiche genetiche degli organismi, per lo sviluppo di geni più forti e resistenti. Infatti, attraverso questo processo le piante saranno più resistenti a parassiti e malattie varie e quindi si avranno raccolti migliori e più ricchi, ottenuti da semi modificati. Ma la maggior parte della popolazione del mondo denuncia il rischio che il secolo biotecnologico, quello dell’ingegneria genetica, con le pinte brevettate o gli animali clonati produca un impoverimento della varietà delle forme di vita esistenti sulla Terra, oltre che a privatizzare quelle più redditizie. A questo Dulbecco risponde che “In realtà si tratta di una tendenza che è sempre esistita e che non mi preoccupa particolarmente. Oggi infatti, la maggior parte della piante agricole non sono più quelle originarie ma sono state selezionate nel corso dei secoli, perché migliori di altri”. Io sono d’accordo con Dulbecco, infatti, grazie all’utilizzo della biotecnologia nelle piante forse si potrà debellare la piaga della fame presente in alcune parti del mondo.

La ricerca scientifica sta facendo passi da giganti con la creazione di nuovi vaccini e nuovi farmaci in grado di ridurre il tasso di mortalità. Però molto spesso con la creazione di nuovi farmaci vengono prodotte sostanze tossiche di rifiuto che poi non smaltite correttamente vanno a inquinare le acque falde acquifere e quindi il nostro pianeta.

Da sempre scienza e chiesa sono state in conflitto. Soprattutto con la scoperta della tecnica della clonazione e della fecondazione artificiale. Riguardo a questo Papa Benedetto XVI afferma che “la scienza infliggerebbe con l’essenza stessa della vita personale”. Infatti la chiesa condanna queste pratiche perché ritenute contro la moralità stessa dell’umanità.

MARIANGELA LEOTTA IV E

COSA SUCCEDERA’ FRA 50 ANNI? CHI SI ASSUMERA’ LA RESPONSABILITA’ DEI NUOVI CAMBIAMENTI?

Occhiello: Quali risposte dinnanzi ad un male sociale destinato a crescere?

<<>>. La citazione di K. Lorenz ne “Salvate la speranza” (trad. di P. Giovetti, Armenia ed., Milano 1989), pone inquietanti interrogativi sulle conseguenze che il progresso dell’era moderna arrecherà all’odierna società. Dinnanzi a quesiti che pongono al centro dell’interesse collettivo il tema delle responsabilità dello scienziato, difficilmente si trovano adeguate risposte. Ma è cosa certa che la ricerca non può essere fondata solo su scoperte e innovazioni destinate a sfociare in quegli inevitabili errori che producono effetti non previsti. Si deduce che è bene comprendere quali siano i ruoli e le responsabilità di quanti operano in ambito scientifico, poiché con le scoperte si pone anche la questione morale. Ad esempio, se un’equipe di scienziati ha prodotto dei composti chimici ad uso di esperimenti di laboratorio, ciò non vuol dire che tali sperimentazioni dovevano servire per creare la bomba atomica. Per cui, ogni scoperta scientifica può essere usata “bene” o “male” . Il caso più comune di un utilizzo dannoso delle sperimentazioni è, naturalmente, quello che concerne la costruzione di armi nucleari e batteriologiche sempre più sofisticate e distruttrici, armi che possono essere perfezionate grazie al progresso della ricerca scientifica. A questo punto, non ci si può che porre una domanda: in che misura gli scienziati sono responsabili dell’uso che si fa delle loro scoperte? La risposta a questa domanda comporta l’analisi di certe norme comportamentali ed etiche: non bisogna infatti dimenticare che lo scienziato non è solo un ricercatore ma anche un uomo che “deve” possedere una propria morale. E, comunque, credo che, principalmente, ogni uomo debba ritenersi responsabile del bene comunitario, perché, dal momento in cui la scoperta viene resa pubblica, tutti ne acquistano il potere di utilizzo, così come, giustamente, il filosofo e matematico Tullio Regge ha spiegato ne “Verso il millennio” (Rusconi, Milano 1987): <<…Per i disastri ecologici, la responsabilità è un po’ di tutti: dei tecnici che scienziati non sono, degli uomini d’affari che vogliono far soldi con questa o quella scoperta, degli uomini politici che decidono che quella certa fabbrica sia costruita in quella determinata area, per creare occupazione, e così via. E’ un pericolo seguire questa tecnologia divorante che attrae e che è destinata a lasciarci come eredità profonde delusioni. A tal proposito, concluderei con l’affermazione di Benedetto XVI : “Lasciarsi prendere dal gusto delle scoperte, senza salvaguardare i criteri che provengono da una visione più profonda, significherebbe fare la fine di Icaro, lanciato nel suo volo, verso la <> e poi precipitato a terra. Ci sono illusioni a cui non ci si può affidare, senza rischiare conseguenze disastrose per la propria e l’altrui esistenza>>.




martedì 6 ottobre 2009

LABORATORIO DI SCRITTURA (MACHIAVELLI)

ANTONELLA SALVA'
Salve prof.ssa..
La visione politica di Machiavelli, anche se lo spazio temporale è abbastanza differente,secondo il mio modesto parere, riprende per lo più lo schema politico moderno. Il principe IDEALE per Machiavelli era colui che deteneva il potere grazie alla" virtù e fortuna", la virtù consiste nelle sue doti naturali (capacità,diplomazia,astuzia, abilità,lungimiranza) mentre la fortuna,unica avversaria per il gioco imprevedibile si deve sfidare da parte del principe, per garantire il benessere generale . Oggi ,in Italia il Capo dello Stato è il Presidente della Repubblica, coadiuvato dagli organi centrali (cioè organi dell’amministrazione centrale che svolgono attività che interessano tutto il territorio dello Stato Italiano) governo,parlamento e dagli organi locali (cioè organi che svolgono attività che interessano parti di territorio) regioni, provincia, comuni.
Machiavelli ha indagato sulle cause di crisi dell'Italia e, ha proposto delle alternative ,io gradirei molto che nel nostro Paese si cooperi,maggioranza e minoranze politiche per il bene collettivo con iniziative valide e alternative lungimiranti, perchè le zuffe risultano inutili e dannose.Grazie

venerdì 2 ottobre 2009

IL MODELLO DEL CENTAURO


Venuta la sera, mi ritono in case, et entro nel mio scrittoio; et in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolemente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et che io nacqui per lui”.
(Niccolò Machiavelli, lettera a Francesco Vettori)

da pag 600 a 604 Il Principe , cap.XVIII Il modello del Centauro


Machiavelli non è cinico.Non nega l'esistenza del bene e la sua opposizione morale al male.Afferma anzi che il principe non deve"partirsi dal bene, potendo, ma sapere intrare nel male, necessitano".
Violare la morale comune e usare l'inganno e la violenza è, per Machiavelli, una dura necessità della politica.Egli la teorizza con" dispettoso gusto":non per cinismo, dunque, ma per far conoscere una realtà "effettuale"a cui è impossibile sottrarsi.Per questo nel suo stile c'è sempre qualcosa di provocatorio, di appassionato e di polemico, che nasce dalla coscienza di quanto sia scandaloso guardare in faccia la realtà e descriverla senza veli e senza ipocrisie.

SPUNTI PER LA RIFLESSIONE

1.Indicate quale riflessione in questo capitolo vi sembra tocchi più da vicino un problema di attualità nella società di oggi e giustificate con parole vostre la scelta.

2.Trovate esempi di personaggi storici, fra quelli a voi noti, che effettivamente hanno agito contemperando la natura umana e quella ferina (nella sua duplice dimensione).