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lunedì 26 maggio 2008

LA" NUOVA" POESIA


FILIPPO TOMMASO
MARINETTI

La lirica italiana nell’età delle Avanguardie

La poesia è caratterizzata dalla necessità di un rinnovamento, e le riviste svolsero un ruolo importante. Firenze fu il suo centro, con la pubblicazione de: “Il Marzocco” (D’Annunzio), “La Voce”, e “Lacerba”. Di questo periodo fanno parte: i futuristi, i crepuscolari, e i poeti “vociani”.

La lirica futurista

I principi della poetica futurista sono:

- il rifiuto del passatismo e il culto della modernità

- il rifiuto del borghese e il culto di ideali eroici

- il gusto della provocazione, dell’arte-spettacolo

- il rifiuto della soggettività dell’arte e l’esaltazione dell’istinto

- la celebrazione del vitalismo

- il paroliberismo, cioè l’uso di “parole in libertà”

- l’uso di analogie più libere

- lo sconvolgimento della grafica della pagina

- la distruzione dell’io narrante

La lirica crepuscolare

Il termine “Crepuscolarismo” fu usato per definire lo spegnersi “in lungo crepuscolo” della produzione carducciana e dannunziana. In seguito indicò la poetica degli oggetti quotidiani, dei toni distaccati, dei ritmi in prosa e del lessico comune. Esso ebbe come modello la poetica delle “piccole cose” e del “fanciullino” di Pascoli. Tra i suoi poeti figurano: Corazzini e Gozzano.

I poeti “vociani

Così chiamati per la collaborazione con “La Voce”, manifestarono un rifiuto del Decadentismo e del superomismo, privilegiando una poesia ispirata dalle inquietudini dell’uomo e usando il verso libero e l’espressione intensa per esprimere la soggettività e l’interiorità. Tra i vociani ricordiamo Dino Campana.

Giuseppe Ungaretti

La sua produzione si articola in tre momenti diversi:

- il primo: caratterizzato da componimenti brevissimi, in cui la parola è ridotta all’essenziale, la sintassi è sconvolta, la punteggiatura è abolita e c’è l’uso di versi liberi (L’Allegria);

- il secondo: caratterizzato dal recupero di un lessico letterario, della metrica tradizionale, del periodo lungo e della punteggiatura (Sentimento del tempo);

- il terzo: rappresentato dalla raccolta Il dolore, incentrato sul tema del dolore individuale e collettivo, e ispirato dalla morte del figlio e dall’esperienza della II Guerra Mondiale. Caratterizzato dal recupero della tradizione classica e da una forma solenne.

Teatro grottesco: si ricollegava al tema della riflessione pirandelliana, secondo il quale la persona è una maschera, e l’unicità del suo carattere può essere scomposta in forma grottesca, perché priva di coscienza di psicologica.


Fratelli
Mariano il 15 luglio 1916
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
1.Indicate quale argomento è affrontato nella poesia
2.Segnalate quali analogie si susseguono nella poesia
3.Quale verso risulta centrale?
4.Tra quali parole si crea l'allitterazione finale della poesia?
5.Quali sono i temi dominanti della raccolta Allegria di Naufragi?
6.Nel lessico è evidenziata la presenza della parola involontaria dell'anagramma
del termine rivolta.Anche altre parole possono essere anagrammate, anche parzialmente in altri vocaboli. Provate anche voi.....
Questo procedimento è usato, nella poesia di Ungaretti, per accrescere l'istintiva e profonda ribellione dell'individuo di fronte al prevalere della violenza e della distruttività della guerra.

sabato 24 maggio 2008


CONCETTA RUSSO
Risposta alla prima domanda
Il cap. XXVIII commenta tre grandi "flagelli" la carestia, la guerra con la calata del Lanzichenecchi e la peste. Il fenomeno della carestia si riallaccia ai capitoli precedenti.
Dopo il tumulto di San Martino a Milano sembrava tornare l’abbondanza alimentare ma questa illusione durò poco: il governo, non avendo mezzi per importare grano a sufficienza, pensò di risolvere la situazione mantenendo basso il prezzo del pane con l'emanazione die leggi , ma ciò portò allo spreco del poco grano che vi era a disposizione. Man mano chiusero le fabbriche e le botteghe. Dappertutto si vedevano persone licenziate, smagrite che chiedevano elemosina. La fame colpiva anche le persone più agiate e i contadini fuggendo dalle loro case giungevano in città con la speranza di trovare asilo e soccorso. I morti per le strade si facevano sempre numerosi ; i soccorsi provenivano da qualche persona generosa e dal cardinale Federigo Borromeo, che incaricò dei giovani preti di portare aiuti e assistenza ai più colpiti.
Una scena simile a questa del XXVIII capitolo l’abbiamo trovata nel IV capitolo, il cui incipit descrive Pescarenico, un paese che sorge sulla riva sinistra dell’Adda. Il cielo è sereno, man mano che il sole si alza dietro il monte si vede la sua luce, un venticello sereno stacca dai rami le foglie secche e brillano le foglie delle viti. Pescarenico appare bello, ma è segnato dalla carestia, infatti per strada si incontrano mendichi laceri e macilenti che tendono la mano per chiedere l’elemosina.
Le cause principali della carestia si riscontrano in due cause: una naturale e una umana. Le cause naturali si erano aggiunte alle colpe degli uomini: una grande siccità aveva reso ancor più scarso il raccolto già misero per le molte terre abbandonate dai contadini a causa della guerra per la successione al ducato di Mantova. Le derrate destinate all’esercito, lo spreco e le razzie delle truppe aggravano ancora di più la situazione , l’irresponsabilità e l’incapacità delle truppe la rendono incandescente.

MIRKO SANGRIGOLI
Salve proff.
Nel XXVIII capitolo, si ci ritrova in una situazione disastrosa. Non si ha modo di portare il grano necessario per la popolazione e si fa ricorso ad un falso aiuto, con dei provvedimenti si abbassa il prezzo del pane, ma ben lungi dal risolvere la situazione, questo metodo porta allo sperpero di quel poco grano che si aveva a disposizione. La situazione costringe molti a chiudere le fabbriche e le botteghe in cui lavoravano, e, per strada, non mancava mai di trovare la gente deperita chiedere la carità, persino i benestanti hanno problemi a causa della fame, e i soli aiuti provengono dal cardinale Borromeo e da qualche sporadica persona generosa. La situazione si incomincia a delineare già molto tempo prima, nel quarto capitolo in cui troviamo lo "stridere" tra un ameno paesaggio e i miserevoli mendicanti, laceri ed affamati.
Una situazione analoga adesso la troviamo a Napoli. Il problema "Rifiuti" fu dichiarato, all'inizio come una banalità, facilmente risolvibile. solo ora, che il problema è diventato così evidente, i fatti vengono descritti più precisamente, e con maggiore veridicità.
buona serata

ROSSANA ZAGAMI
Ecco qui la risposta!!

Nel XXVIII capitolo ricompare il tragico tema della carestia, come abbiamo potuto osservare in alcuni precedenti capitoli.

Nel IV capitolo la carestia viene simboleggiata dalla natura: " la scena era lieta: ma ogni figura d'uomo che vi apparisse rattristava lo sguardo e il pensiero.Ogni tanto s'incontravano mendichi(poveri) laceri e macilenti, o invecchiati dal mestiere, o spinti allora dalla necessità a tender la mano", ciò determina un contrasto tra la natura e gli uomini, in primo luogo troviamo la visione di una natura che denota una scena felice,mentre in contrapposizione a ciò troviamo la figura dell'uomo che separa nettamente la prima impressione lieta della realtà triste e cupa della carestia.
Un altro passo che denota le origini della carestia lo troviamo nel XII capitolo ed è: "Era quello il secondo anno di raccolta scarsa", qui il Manzoni introduce le cause politiche--economiche d di uno dei tre "flagelli" del ' 600: "il guasto e lo sperperio della guerra" per la successione del ducato di Mantova e il rincaro del prezzo della farina e di conseguenza del pane, aggravavano il fenomeno della carestia.
Ma il popolo non crede alla carestia: l'opinione più diffusa era che si trattasse dell'inganno di incettatori, proprietari terrieri e fornai per far alzare il prezzo delle derrate alimentari.La penuria aumentava sempre di più, e il popolo ne attribuiva la causa alla leggerezza dei provvedimenti.
P.S.:Spero che sia corretto!

STEFANO CONTI
Gli inizi della digressione riguardano le cause che hanno prodotto la carestia nel territorio Lombardo e soprattutto a Milano.
Il narratore sottolinea con molta chiarezza anche le colpe del popolo il quale illuso che " l’abbondanza fosse tornata a Milano" consuma senza risparmio " a spese di quel poco grano che pur doveva bastare fino alla nuova raccolta".
Questo è dovuto all’uso delle risorse, infatti, l’abbondanza della farina provoca un calo del prezzo del pane, l’enorme disponibilità produce uno spreco generalizzato e l’inizio della crisi, l’insostenibilità della situazione suggerisce l’utilizzo del risone per il pane di mistura, hanno inizio i fenomeni di accaparramento. Questo tema si trova anche nel 12° e nel 4° capitolo.
Nel 12° capitolo le cause che hanno prodotto un raccolto più misero di quelli precedenti, individuando due motivi: le cattive condizioni climatiche e la responsabilità umana, soprattutto quella dei governatori. Gli effetti: vi è penuria di grano e, di conseguenza, i prezzi salgono, il consumo si riduce e si spreca di meno. Ecco perché il narratore definisce il rincaro "doloroso ma salutevole".
Però l’opinione comune non attribuisce tale fenomeno all’effettiva scarsità del prodotto, ma dà un’altra spiegazione: il grano c’è, tuttavia non se ne vede a sufficienza per il consumo e naturalmente la colpa è di coloro che, pur avendolo, lo nascondono: gli incettatori, i proprietari terrieri e i fornai.
Nel 4° capitolo la malinconia della stagione autunnale conferisce al paesaggio un tono di pacatezza, di serenità, ravvivato dai colori: il rosso delle foglie di vite, il bruno della terra, il bianco delle stoppie, mentre, su tutto, dominano la luce e il sereno del cielo.
L’armonia della natura è incrinata dalla presenza degli esseri viventi; uomini e mendicanti che suscitano pietà, animali scheletriti dalla fame.

GIADA GIUFFRIDA

CAP.28°
Uno dei temi principali del nostro romanzo è la carestia. È già presentata nel 4° capitolo, nel quale la dolcezza del paesaggio, descritto in modo sintetico e misurato, contrasta con il dolore umano, dato dalla presenza di mendicanti affamati e contadini poveri, che scheletriti dalla fame suscitano pietà. Sono tutti segni dell’inizio della carestia. Le cause sono: i raccolti scarsi per motivi climatici e per la responsabilità umana soprattutto quella dei governatori, la guerra in corso per la successione del ducato di Mantova e il malgoverno. Di conseguenza i prezzi del pane salgono, il consumo si riduce perché la gente non ha abbastanza denaro e si spreca di meno. Infatti il rincaro non viene definito “doloroso” ma “salutevole”. Il popolo incolpa i possessori di terre e i fornai e con reazioni istintive e irrazionali assale il forno delle grucce e la casa del vicario di provvisione. Anche nel 28° capitolo il narratore si accinge a rievocare i grandi eventi storici che coinvolgeranno i personaggi del romanzo. Riprendiamo il racconto della storia milanese dal tumulto di San Martino, le condizioni della carestia sono gravissime. Il lavoro è fermo , Milano è ridotta ad un indicibile spettacolo. Ai mendicanti di mestiere si aggiungono i nuovi poveri dei ceti ridotti in miseria: garzoni, operai, servitori licenziati ed anche bravi. Ma il peggiore spettacolo è offerto dai contadini che dalle campagne si riversano nella città, nella speranza di un qualche sussidio o elemosina. Le morti diventano sempre più frequenti. Numerosi sono però anche i segni della carità: sia quella dei singoli, sia quella organizzata dal cardinal Federigo che , i cui preti da lui scelti giravano per la città e soccorrevano i casi più gravi. Ma il bisogno è così diffuso che la carità è costretta a scegliere e non basta a portare un rimedio sufficiente. Il contrasto tra ricchezza e povertà, caratteristico del secolo, è ora attenuato, perché i nobili mantengono solo un’apparenza di parca mediocrità. In tali condizioni si profila il pericolo di contagio. Dopo molte esitazioni viene deciso di concentrare tutti gli accattoni nel lazzaretto, un edificio costruito precedentemente per accogliervi gli ammalati di peste. Quelli che vi entrano volontariamente sono pochi, pertanto si ricorre alla costrizione. Nel lazzaretto le condizioni di sovraffollamento, di mancanza d’igiene e di promiscuità rendono ancora più penosa la convivenza e la mortalità aumenta. Intanto però è pronto il nuovo raccolto: i contadini tornano al loro lavoro, cessa la carestia e la mortalità diminuisce.

MANUELA CASELLA
“La fanciulla scarna….”,la vaccherella magra stecchita….”sono aggettivi che ci indicano quanto fosse grave la situazione,sia per gli uomini che per gli animali,a causa della carestia.Molte le cause:alcune imputabili alla natura, in quanto una grande siccità aveva reso scarso il raccolto per due anni.Altre cause sono imputabili agli uomini, in quanto la guerra per la successione al ducato di Mantova aveva portato molti contadini a dover abbandonare le terre. A questo si aggiungono i saccheggi da parte delle truppe,il disinteresse del governatore don Gonzalo che tutto ingolfato nelle operazioni militari aveva delegato ogni potere a Ferrer. Fu proprio l’incompetenza di questI a rendere disastrosa la situazione alimentare a Milano,in quanto ridusse il prezzo del pane causando uno spreco continuo e imprudente .I fornai ,da parte loro,che avevano pagato il grano al suo prezzo reale,ci rimettevano non ricavando alcun utile per il loro lavoro gravoso.Il popolo,imbestialito per la fame,si ribella e assalta il forno delle grucce,si impadronisce della farina,facendo grande sperpero.Le strade si riempiono di affamati,di operai senza lavoro,di bravi licenziati dai padroni,la miseria e la fame mostrano i loro segni ad ogni angolo,si lotta per un elemosina.Si leva,fra tanta carestia,la mano caritatevole del cardinale Federigo che manda sacerdoti in giro per la città ad aiutare,sollevare,confortare,distribuirecibo,vestiti,denaro.Finalmente la situazione migliora con la nuova mietitura così la carestia finisce.Il messaggio all’umanità è che essa non risparmia nessuno,poveri o ricchi,tutti sono uguali davanti a questa sciagura che mette a nudo le debolezze e le insicurezze dell’uomo,solo la divina Provvidenza regna su tutto.
Salve prof...
ROSARIO BONACCORSI
Le cause della carestia,sono determinate da due fattori:
Uno naturale, dovuto allo scarso raccolto che occupa due anni di lavoro e alla continua contrarietà delle stagioni,che causano così un raccolto ancor più misero del precedente. Questo fenomeno lo si può notare quando "Fra Cristoforo" si avvia verso la casa di Lucia,dove viene evidenziato lo "spoglio" paesaggio naturale,in cui ogni persona appare sola,spenta e piena di tristezza.
Il secondo fattore che causa la"carestia" è determinato dagli uomini.Questi sono i protagonisti dello "sperperio" della guerra e dell'abbondono dei molti terreni incolti e trascurati.
Inoltre questa situazione accentua un comportamento insensato dei soldati che si ribellano per le misere provviste che li portano ad ammalarsi o a morire.
Le conseguenze che comporta questa carestia furono:la penuria e il rincaro del pane, che ebbero effetti devastanti sulla popolazione,la quale diede la colpa di questi fenomeni, ai possessori di terre e ai fornai,implorando provvedimenti ai magistrati.La popolazione così si ribella e assale i forni rubando il pane.
Buonasera prof.

RICCARDO SPADARO

Salve prof,
ecco qui la mia risposta.
Nel XXVIII capitolo ricompare il tragico tema della carestia, come abbiamo potuto osservare in alcuni precedenti capitoli come il quarto e il dodicesimo dove viene rappresentato un paesaggio spoglio con le persone dei dintorni magre e povere agli occhi di padre Cristoforo. Infatti in questi capitoli le cause della carestia secondo il Manzoni sono date da due fattori,uno naturale evidenziato dal secondo anno di raccolta scarsa delle messI del 1628 che risulta più misera alla precedente e in parte per maggior contrarietà delle stagioni, l'altro fattore,causa di carestia viene data alla colpa degli uomini come il guasto e lo sperperio della guerra di quell'anno .Infatti le persone ,essendo impegnate in guerra ,sono costrette a lasciare i propri poderi che rimangono incolti e abbandonati,ma la carestia è causata anche dal comportamento insensato delle truppe di occupazione e le provviste per l'esercito che toglievano quindi alla popolazione il poco cibo rimasto .Le conseguenze invece che si ebbero da questa carestia furono il rincaro del pane e la penuria con effetti negativi sulla popolazione; infatti la stessa dando la colpa della penuria e del rincaro del pane agli incettatori di grano e ai fornai e implorando provvedimenti dai magistrati accorrono subito ai forni a chiedere il pane al prezzo tassato riempiendo la piazza e le strade trasportando con rabbia comune aizzata dai furbi che bloccano i garzoni e assaltono il forno delle grucce mettendolo sottosopra.

SANDRO DEL POPOLO

salve prof,
ecco i miei due commenti sulle sue domande.

1)Durante la prima fase del racconto in particolare nel IV capitolo quando Manzoni fa il primo riferimento alla brutta situazione del tempo. Il tempo scelto da Manzoni in cui collocare questa storia è il periodo della carestia.E' il frate che focalizza la scena , la sua carità e la sua partecipazione alle sofferenze degli esseri viventi, uomini e mendicanti che suscitano pietà, animali scheletriti dalla fame gli consentono di focalizzare i segni della carestia e di mettere in risalto il paesaggio scarno e arido dovuto alla scarsità dei raccolti. L'intera situazione sarà meglio analizzata nel capitolo XII,dove la situazione è insostenibile perchè il popolo è in serie difficoltà e questa insofferenza genera varie rivolte. Inoltre sono analizzate le cause, tra le quali "La maggior contrarietà delle stagioni" cioè scarsi raccolti. A questo aggiungiamo i soldati che quando entravano nelle città le depradavano come sostiene Manzoni "i provvedimenti, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo".Le conseguenze di questa crisi sono visibili in qualche capitolo più avanti. Precisamente nel capitolo XVII,dove con similitudini il Manzoni,attraverso Renzo,analizza il paesaggio. Infatti Renzo osserva:"Non vi è nè un gelso,nè una vite,nè altri segni di coltura umana. Inoltre egli prova indignazione per l'evoluzione che ha avuto questa crisi,la quale fa vivere tanto male la gente perchè non permette loro di sfamarsi.

2)La tematica della carestia del '600 nel romanzo è, purtroppo,un problema di attualità. Infatti, nonostante tutte le buone opere e le missioni sacerdotali nei paesi del terzo mondo, questi problemi sono presenti e tante persone muoiono di fame. Proprio come nel romanzo si riscontrano anche oggi problematiche sia ambientali in particolare l'aridità del terreno che rende aridi i raccolti sia le precarie condizioni igieniche che favoriscono l'insorgenza delle malattie in molti paesi.La commozione del narratore si accompagna alla denuncia polemica degli errori dei governanti e il tono della narrazione si mantiene volutamente descrittivo, cronachistico e collegano i fatti agli effetti devastanti delle scelte politiche ingiuste.








venerdì 23 maggio 2008

Morir di fame e di sete....(Cap.XXVIII)

La carestia si verifica ogni volta che in una regione o in un paese vengono a mancare viveri sufficienti a garantire la sopravvivenza della popolazione, come accadde appunto nel milanese negli anni in cui si svolge la nostra storia.
1 Delineate le cause di questo fenomeno e le conseguenze.
2 Individuate una realtà di questo genere nella società contemporanea, e riferite i tratti essenziali.
3 Il tema della fame prodotta dalla carestia è già comparso nei capitoli IV e XVII. Ritrovate i passi in questione e sviluppate un confronto su questi aspetti.
4 Leggere e problematizzare la critica seguente di A.Momigliano


LE MISERIE DELLA FAME
..] nel capolavoro manzoniano la storia milanese del secolo XVII non è secondaria né riguardo allo spirito né riguardo all'arte di tutto il romanzo. Questi fatti sono continuamente infusi d'un'austera costernazione cristiana, apprezzati con una sapiente e dolorosa indulgenza, e assommano in sé, non meno che le vicende dei protagonisti, l'amara, rassegnata, penetrante esperienza che del mondo aveva acquistato il Manzoni nelle sue osservazioni solitarie.
Quand'egli ritrae il dolore, senti nella sua pittura non so che di meditativo e di pietoso che diffonde intorno alle sue parole una melanconica austerità religiosa. Non si sofferma: il suo sospiro fugace è l'espressione d'un'anima che sa che la vita è un esercizio di dolori, ma che ogni angoscia terrena è misurata dal tempo. Le sue rassegnate contemplazioni di tormenti umani sottintendono sempre la certezza del coro di Ermengarda: « Fuor della vita è il termine - del lungo tuo martir ».
Egli ha un'inesauribile sapienza delle nostre sventure: le pagine sulle molteplici miserie della carestia ne racchiudono forse la parte maggiore. Sono d'un'evidenza rapida, piene di espressioni stringenti, dove balena di quando in quando un sorriso senza allegrezza, come un amaro senso delle stranezze delle sorti umane. Tutte le gradazioni di quelle sofferenze, più le morali che le fisiche, sono segnate con una precisione intima, come se il Manzoni le patisse lui stesso e ne provasse la triste diversità. La fermezza dei tratti lascia un senso di religioso raccoglimento: la pietà umana non è mai disgiunta dalla misura che la fede dà ad ogni sentimento. Non c'è particolare fermato dallo sguardo, che non risuoni nel cuore e non si atteggi in linee meste e meditabonde. Non si saprebbe trovare altre pagine che dessero, con uguale scarsezza di riflessioni dolorose, un uguale senso di pietà e di oppressione, pur senza sottintendere una parola disperata. C'è la sobrietà di chi ha visto miserie innumerevoli, tutte diverse e tutte ugualmente terribili, e perciò non può fermarsi a lungo su nessuna; ma ha l'animo colorato di quello spettacolo e ne ha la mestizia nella voce; e le enumera con una tristezza spenta, che rifugge dai particolari, perché il significato è solo in quella quantità di miseria, in quell'estremo che si ravvisa non in quella o in questa sventura ma in tutte. La tinta è un grigio uniforme, che stringe il cuore e tiene lo spirito in una fissità dolorosa, in uno sgomento dietro il quale non ci può essere che il pensiero di Dio.
Quello stesso che finora l'ha negato, è dominato da un'umiltà nuova, soggiogato da qualcosa che gli sta sopra e che egli ignora. I bravi, « domati dalla fame non gareggiando con gli altri che di preghiere, spauriti, incantati, si strascicavan per le strade che avevano per tanto tempo passeggiate a testa alta, con isguardo sospettoso e feroce, vestiti di livree ricche e bizzarre, con gran penne, guarniti di ricche armi, attillati, profumati; e paravano umilmente la mano, che tante volte avevan alzata insolente a minacciare, o traditrice a ferire » . Forse in tutto il quadro non c'è nulla di più evangelico e di più profondo che questa misurata contrapposizione delle due vite, da cui scaturisce la certezza d'una giustizia che non manca mai. È quella stessa meditazione cristiana sui rivolgimenti provvidenziali della sorte umana, da cui nascono lo splendore e la rovina di Napoleone, l'ebbrezza e lo squallore d'Ermengarda, la prepotenza e l'impotenza di don Rodrigo: « Ben talor nel superbo viaggio...»
La persona, l'ambiente, le linee cambiano: la fonte vitale della loro poesia è unica.

ATTILIO MOMIGLIANO



lunedì 12 maggio 2008

n.2 Temporale Riferimenti letterari /pittorici .Continuate la ricerca ........



La concezione della natura come ricca di simboli da interpretare è possibile ritrovarla in Baudelaire. Secondo questo poeta, ritenuto il padre del simbolismo e del decadentismo poetico, esiste un mondo visibile ed uno invisibile. La realtà visibile, che ci circonda ed in cui noi viviamo, è solo lo specchio di una realtà superiore, cui l’uomo non può accedere. Solo le persone dotate di una grande sensibilità, i poeti, possono comprendere la verità nascosta, attraverso il contatto con la natura. La natura è il tramite tra i due mondi, in quanto gli elementi naturali sono simbolo e riflesso della realtà surreale. Nella natura i suoni, i colori, i profumi si fondono e convergono in unità, ed è dalla natura che l’uomo deve partire per cogliere le corrispondenze, le analogie con il mondo invisibile. In generale, questo tipo di poesia accomuna Pascoli anche ad autori come il francese Verlaine e l’inglese Blake. Nel campo della pittura i temporali pascoliani ricordano certi quadri del pittore romantico inglese Turner, in cui prevale la violenza del temporale, potenza distruttrice e minacciosa. I versi pascoliani “rosseggia l’orizzonte / come affocato, a mare” ricordano il quadro “Impression: soleil levant” di Monet, quasi un manifesto dell’impressionismo. Simili sono infatti i colori rosso accesi, la presenza del mare e di un contesto silenzioso e solitario.Continuate la ricerca......

TEMPORALE (testo da analizzare in modo autonomo in classe)


Temporale

Leggi e ascolta questa poesia di Giovanni Pascoli:


1

Un bubbolìo lontano…



2

Rosseggia l’orizzonte,

3

come affocato, a mare:

4

nero di pece, a monte,

5

stracci di nubi chiare:

6

tra il nero un casolare:

7

un’ala di gabbiano.

Si tratta di un componimento che fa parte della raccolta Miricae, raccolta in cui spesso Pascoli indugia nella descrizione di fenomeni naturali e paesaggistici.

Rispondi alle seguenti domande:

1. Riassumi brevemente il contenuto della poesia

2. Individua lo schema metrico e delle rime

3. Rifletti sulla sintassi: quante proposizioni ci sono? Che cosa puoi dedurre?

4. Quale concezione della natura emerge dalla poesia pascoliana?

5. Collega questa poesia ad altre lette in classe tratte da Miricae

6. Cerca riferimenti letterari e/o pittorici inerenti a questa poesia

Completa con gli esercizi d'analisi/lavoro di produzione del testo pagg.220-221


SAVERIO FERRARA

1)Questa poesia di Giovanni Pascoli narra di un temporale in cui si sente da lontano il brontolare dei tuoni; i lampi che si specchiano nel mare, tingono di fuoco l'orizzonte ,mentre sulle montagne il cielo è nero come la pece: delle nuvole molto chiare vagano sulla pianura, s'intravvede sulla montagna un casolare, e un volo di gabbiano sperduto solca l'aria in tempesta.
Attraverso questi versi nella poesia si può notare che solo il volo di un gabbiano solitario dimostra che un essere in terra cerca un rifugio, ma i colori il rosso del fuoco, il nero della pece, il bianco del casolare e l'ala dell'uccello esprimono l'immobilità paurosa della natura negli attimi che precedono lo scatenarsi della tempesta. Questo mi fa capire che un temporale può suscitare delle emozioni molto forti che ci aiutano a comprendere il senso vero della vita.

2)La poesia è una Ballata piccoladi endecasillabi.Il primo verso staccato dagli altri, costituisce la ripresa.Le rime seguono uno schema irregolare cioè A-B-C-B-C-C-A


3)Nella poesia si evidenzia un solo verbo predicato, le altre sono frasi nominali questo favorisce il fissarsi e il sovrapporsi delle immagini.

4)La natura è misteriosa, carica di simboli, che ricordano all’uomo la sua finitezza, come appunto il temporale, colto attraverso un’ istantanea, che esprime l’angoscia dell’uomo di fronte al male (temporale) che assedia la vita di ognuno (il casolare).

5)Le poesia che io conosco sono: Lavandare, X Agosto, Novembre e Temporale. In tutte queste poesie ci sono riferimenti ad elementi della natura che possono far pensare ad una poesia descrittiva, ma in realtà analizzando le poesie, ho capito come ogni aspetto della natura assume un significato ulteriore diventando simbolo di qualcosa di più profondo che attiene alla vita di ogni uomo. In Lavandare è l’aratro abbandonato in mezzo al campo ad essere simbolo della solitudine umana. In Novembre emerge il contrasto tra l’apparenza e la realtà che nasconde quello tra vita e morte; le voci più segrete della natura parlano all’uomo attraverso i sensi. In Temporale l’emozione creata dall’immagine del casolare che appare solo per un attimo rimanda alla famiglia, al “nido” assediato dal male. In X Agosto la vicenda parallela delle morti degli innocenti, la rondine e il padre del poeta diventa espressione (simbolo) dell’ingiustizia e del male che ottenebrano il mondo; le stelle cadenti possono così essere interpretate come il pianto del cielo lontano.

Cari saluti, Saverio

RICCARDO SPADARO

Salve prof:
1-La poesia di Giovanni Pascoli " Temporale" descrive l'inizio di un temporale che con il suo rosseggiar dei fulmini illumina il mare, ma anche il cielo che appare di color nero pece spezzato dal color bianco di un casolare lì vicino che viene paragonato a un'ala di gabbiano, secondo me, questa lirica vuole rappresentare il temporale come una similitudine della vita dello stesso Pascoli ormai sconvolta dall'assassinio di suo padre che provoca nel poeta un profondo sentimento d'angoscia quindi il susseguirsi delle sensazioni auditive e visive della poesia non mirano a dare un equilibrio realistico e oggettivo del paesaggio, ma vogliono comunicare le sensazioni del poeta.
2-Lo schema metrico della poesia è ABCBCCA.
3-Le proposizioni sono 4...Da ciò posso dedurre che per dare un effetto più espressivo alla poesia il Pascoli non fa riferimento ai verbi che infatti appaiono sottintesi tranner il verbo "Rosseggia".
4-La concezione che emerge dalla poesia pascoliana è quella della tristezza e dello sgomento che è dentro il poeta stesso per i lutti che hanno colpito la sua famigli;egli vede infatti una società feroce e disumana e quindi nota che anche la natura,madre dolcissima e consolatrice si unisce al suo dolore con l'immagine del temporale.
5-La poesia "Temporale" la possiamo collegare con il "X Agosto" sempre tratta dalla serie di poesie "Miricae" di Giovanni Pascoli in cui traspare la figura del padre che viene identificato ad una rondine che mentre sta ritornando al suo nido viene uccisa, ma vi è anche l'identificazione della "casa" in cui il poeta pone tutta la sua fiducia che è identificata al nido dove i passerottini attendevano la propria madre per mangiare e ciò può essere ricollegato alla poesia "Temporale" perchè anche in questa il Pascoli dimostra tristezza e sgomento per l'assassinio di suo padre dove la sua vita appare come un temporale pieno d'angoscia in cui traspare però un casolare bianco lì vicino che viene paragonato a un'ala di gabbiano che per lui rappresenta il suo unico conforto rassicurante.
6-"La Tempesta" del pittore inglese Turner.

Esercizi d'analisi/lavoro di produzione pag 220-221.

1-Dal punto di vista metrico questa poesia è una ballata piccola di endecasillabi.
2-NO.Nella lirica non sono presenti enjambement.
3-Il poeta ha utilizzato il verso settenario.
4-Il tema delle strofe è il temporale e il rosseggiar dell orizzonte mentre le notazioni coloristiche di ciascuna strofa sono il rosso,il nero e il colore chiaro del casolare.
5-Il quadro delineato dal poeta attraverso le pennellate di colore ,secondo me, deve essere ricomposto dal lettore in unità dalle singoli notazioni e alla fine della lettura di questa poesia in mente mi è rimasto un paesaggio oscurato dal temporale dove allo stesso tempo risalta agli occhi l'immagine del casolare bianco.
6-L'immagine finale del casolare che il poeta associa a un'ala di gabbiano è rassicurante.La "casa" nella tematica pascoliana rappresenta il "nido" del poeta che viene distrutto dalla violenza degli uomini.
7-Secondo me,lo spazio bianco che marca la separazione fra il primo verso e quelli successivi indica una pausa che vuol far intravedere il tema principale(introdotto dal "bubbolio"lontano)e la sua descrizione ma serve anche per dare un tono più espressivo alla poesia.
8-L'orizzonte viene associato al rosseggiar del mare,il cielo nero di pece ai monti e il casolare a un'ala di gabbiano.
9-Le parole onomatopeiche che riproducono il rumore del tuono,dell'acqua e del fuoco sono rispettivamente "bubbolio","mare" e "rosseggia".
10-L'accostamento finale tra il bianco del casolare e l'ala di gabbiano è una similitudine.
11-Si...Come fatto nella lirica del "Lampo" il poeta ha usato una tecnica espressiva tra il primo e il secondo verso.
12-Secondo me il Pascoli attraverso la descrizione dello sconvolgimento della natura provocato dal temporale ha voluto rappresentare la sua vita sconvolta dall'assasinio improvviso di suo padre e dei vari lutti accaduti successivamente in famiglia.
13-Attraverso le parole legate dalla rima posso istituire un rapporto oscuro tra l'orizzonte e il monte che fa notare la tristezza del poeta,uno più chiaro tra il mare le nubi chiare e il casolare che rappresentano nel poeta un qualcosa di rassicurante e infine quella del bubbolio lontano con l'ala di gabbiano che indicano l'inizio e la fine del suo pensiero.
14-Le parole che compaiono nella poesia sono di tipo allusivo,ricco di similitudini e metafore e appartengono al registro medio della lingua.
15-Affocato non mi sembra una parola comune.Questa parola suscita in me una sensazione di prigionia.Questa parola la potrei sostituire con con gli aggettivi infuocato,bruciato.L'effetto sostituendo l'aggettivo "affocato"con uno di quelli che ho trovato non cambia.
16-Nelle strutture sintattiche del componimento prevale la coordinazione inoltre c è solo il verbo "Rosseggia" perchè gli altri sono sottintesi, inoltre vi sono dieci sostantivi,cinque aggettivi,due congiunzioni e molti segni di interpunzione tra cui prevalgono le virgole e i punti e secondo me utilizzando le scelte sintattiche che ho rilevato ha ottenuto un effetto interpretativo ed espressivo efficace.

ANTONELLA SALVA'

Salve prof...

La lirica Temporale fu inclusa nella raccolta Myricae. Il brontolio del tuono, proveniente da una indefinita lontananza, annuncia un imminente temporale che si avvicina come una minaccia. Il poeta ritrae con rapidi tocchi una natura sconvolta, attraverso impressioni visive e uditive caratterizzate da contrasti di colore: il rosseggiare dell'orizzonte verso il mare, il nero delle nuvole sui monti con qualche frammento di nuvole più chiare; sullo sfondo scuro biancheggia un solitario casolare, fragile nella tempesta come un'ala di gabbiano. Quest'ultima immagine diviene simbolo della solitudine dell'uomo e della precarietà della vita, tra i pericoli e le minacce delle forze naturali.
Il componimento, dopo l'iniziale notazione uditiva, accosta quattro immagini visive caratterizzate da un gioco sui toni del rosso, de nero, del bianco. L'assenza di verbi (Rosseggia è l'unico verbo) contribuisce a creare un senso di sospensione e di attesa per qualcosa che dovrà accadere.
La sintassi è caratterizzata da brevi frasi separate da segni di interpunzione, che accostano una serie di immagini solo in apparenza staccate tra di loro. Ma in realtà un legame profondo le accomuna: il valore simbolico che il poeta attribuisce alle manifestazioni naturali del temporale. Esso rappresenta la realtà minacciosa del mondo rispetto a cui l'uomo cerca rifugio nella casa-nido, motivo ricorrente in tutta la poesia del Pascoli. Il linguaggio conciso, ricco di analogie e metafore rende più suggestiva la descrizione della natura. Sono presenti sintagmi originali, che caratterizzano lo stile pascoliano, come il nero di pece e stralci di nubi che sintetizzano le similitudini. Conclude la lirica l'analogia resa per opposizione di termini "un'ala di gabbiano", che insieme agli aggettivi nero e chiaro forma un quadro a chiazze di colore contrastanti.

FEDERICA BONANNO

Salve proffy :)

Giovanni Pascoli narra in questa poesia di un temporale, si avvertono infatti i frastuoni lontani; l'orizzonte che balena di rosso, come infuocato dal mare, mentre sulle montagne vi è un cielo nero come la pece: spiragli di candide nuvole, tra il chiarore del casolare che si distingue nell'oscurità, e un gabbiano che sperduto solca la tempesta. Dopo la morte del padre ,Pascoli ha una visione alquanto angosciosa della vita, e lo evidenzia in molte delle sue opere; rappresenta la natura come una forza minacciosa, simbolo del franare dell'universo, in cui un gabbiano cerca riparo, ma, dall'espressività con cuil definisce i paesaggi vivacemente colorati, l'autore fa suscitare un senso di emozione nel ritrarre il paesaggio che precede la tempesta.


La poesia è una ballata piccola di endecasillabi. Le rime sono irregolari seguendo lo schema A-B-C-B-C-C-A.


-Nella poesia si ha un solo verbo predicato,mentre le altre frasi sono tutte nominali.


-Nella poesia pascoliana emerge una natura misteriosa,piena di simboli che si ritrovano in ogni sua poesia,e come tema ricorrente si ha sempre quel suo senso di angoscia...


-Nelle poesie pascoliane fino ad ora affrontate ci sono dei riferimenti ad elementi della natura, compresi i simboli che sono rilevanti per l'autore. Questa poesia la possiamo collegare con “X Agosto” in cui traspare la figura paterna che è venuta precedentemente a mancare,ma vi è anche un'identificazione con la casa, vista e ritenuta un “nido” dove trovar rifugio e protezione.
Cordiali saluti proffy...!.
ROSARIO BONACCORSI


1.La poesia "Temporale" di Giovanni Pascoli parla dell'inizio di un temporale estivo,attraverso un susseguirsi di sensazioni auditive e visive che non mirano a dare un quadro realistico e oggettivo del paesaggio,ma vogliono comunicare le sensazioni del poeta.


2.ABCBCCA


3.le proposizioni sono 4,il poeta le utilizza per dare una maggiore espressività alla poesia

4.Dalla poesia denotiamo la tristezza dovuta al grave lutto che ha colpito la famiglia dell' autore ed egli si identifica con ill buio della natura , vale a dire il temporale


5.La poesia "temporale" la possiamo accostare a "Il lampo" sempre tratta da "miricae" parla di un rabbioso temporale, che sconvolge cielo e terra, infuria nell'oscurità della notte resa ancora più cupa e paurosa della luce violenta di un lampo

La "tempesta" del pittore inglese Turner.

Esercizi d'analisi/lavoro di produzione

1.Dal punto di vista metrico la poesia è una ballata piccola

2.Nella lirica non sono presenti enjambement.

3.Il poeta come verso ha utilizzato un endecasillabo

4.Il rosso copre l'orizzonte,l'azzurro colora il mare,il nero predomina sui monti, il grigio delle nubi e il bianco del casolare viene accostato all'ala del gabbiano.

5.Secondo me, il lettore ha dato una senso generico alla poesia attraverso le "pennellate di colore", non si è soffermato ,invece ,sulla descrizione di ogni singolo elemento lasciando dubbi e perplessita'al lettore.

6.A mio modo di vedere l'immagine finale che il poeta associa ad un gabbiano appare rassicurante esprime qualcosa di ottimistico mentre "la casa" rappresenta il nido, il luogo di infanzia dell' autore.

7.lo spazio bianco tra il primo verso e quelli successivi, rappresenta lo stato d'animo del poeta immerso nei suoi pensieri.

8.Le similitudini in questo testo sono:l'orizzonte che a causa dei lampiè rosso e sembra infuocato, i monti che vengono paragonati al nero della pecee e la piu' importante il casolare che viene accostato all' ala di un gabbiano.

9.la parola onomatopeica che ripercorre il rumore del tuono,dell'acqua, del fuoco è "bubbolio".

10.l'accostamento finale tra il bianco del casolare e l'ala del gabbiano,è una similitudine.

11.In questa poesia le tecniche espressionistiche sono davvero poche, perchè il poeta utilizza un linguaggio generico, le troviamo nella parte finale quando il poeta si ferma parlare della sua infanzia attraverso il casolare.

12.Il poeta ha paragonato lo sconvolgimento della natura provocato dal temporale, alla sua vita stravolta dalla morte del padre secondo me l'autore per questo motivo da un significato simbolico al temporale.

13.lo schema delle rime è ABCBCCA.

14.Nel testo sotto l'aspetto lessicale compaiono parole allusive, appartenenti al registro medio della lingua.

15.AFFOCATO secondo me non è una parola comune,mi suscita tristezza e rammarico si potrebbe sostituire con "strozzato" anche se alla poesia dà un senso completamente diverso.

16.Nel testo sotto l' aspetto sintattico prevale la coordinazione,troviamo 1 verbo,10 sostantivi 5 aggettivi,4 congiunzioni e molti segni di interpunzione chenn contribuiscono a creare un effetto profondo alla poesia.


Salve prof,ecco qui le mie risposte

YVONNE SGROI
buona sera prof..

"Il Temporale", di G. Pascoli, fa riferimento ad un temporale che con il suo rosseggiare illumina il mare, ma anche il cielo che è di color nero pece è contrastato dal colore bianco di un casolare paragonato ad un'ala di gabbiano. Questa lirica vuole rappresentare il temporale come una similitudine della vita dello stesso Pascoli ormai sconvolta dall'uccisione del padre che provoca nel poeta un profondo sentimento d'angoscia quindi il susseguirsi delle sensazioni espresse nella poesia vogliono comunicare le sensazioni del poeta.Deformare l'oggetto rappresentato , in funzione della propria visione soggettiva si chiama espressionismo .
Lo schema metrico della poesia è ABCBCCA.
La concezione che emerge dalla poesia pascoliana è quella della tristezza che è dentro il poeta stesso per i lutti che hanno colpito la sua famiglia, egli nota, intorno a sé, una società feroce e la paragona alla natura che con l’angoscia dell’uomo davanti a un temporale assedia il casolare.
La poesia "Temporale" la possiamo collegare con il "X Agosto" in cui traspare la figura del padre che è identificato in una rondine che ritornando al suo nido viene uccisa, ma vi è anche l'identificazione con la sua "casa" in cui il poeta mette tutta la sua e ciò può essere ricollegato alla poesia "Temporale" perché anche in questa il Pascoli dimostra tristezza e sgomento per l'assassinio del padre .
"La Tempesta" del pittore inglese Turner.

Esercizi d'analisi/lavoro di produzione pag 220-221.

-Dal punto di vista metrico questa poesia è una ballata piccola.
-no. Nella lirica non sono presenti enjambement.
-nella poesia sono usati versi di endecasillabi.
-Il tema delle strofe è il temporale e il rosseggiar dell’ orizzonte mentre le notazioni coloristiche di ciascuna strofa sono il rosso,il nero e il colore chiaro del casolare.
-Secondo me l'immagine finale del casolare che il poeta associa ad un'ala di gabbiano è rassicurante infatti la "casa" nella poeticaa pascoliana rappresenta la famiglia.
-Secondo me,lo spazio bianco che separa il primo verso da quelli successivi indica una pausa che serve a dare un tono più espressivo alla poesia.
-L'orizzonte viene associato al rossore del mare,il cielo nero di pece ai monti e il casolare a un'ala di gabbiano.
-Le parole onomatopeiche che riproducono il rumore del tuono,dell'acqua e del fuoco sono rispettivamente "bubbolio","mare" e "rosseggia".
-L'accostamento finale tra il bianco del casolare e l'ala di gabbiano è una similitudine.
-Secondo me il Pascoli attraverso la descrizione dello sconvolgimento della natura provocato dal temporale ha voluto rappresentare la sua vita sconvolta dall'assassinio di suo padre.
-Le parole che compaiono nella poesia sono di tipo allusivo,ricco di similitudini e metafore e appartengono al registro medio della lingua.
15-Affocato non mi pare una parola comune.E' un termine che suscita una sensazione di soffocamento.
-Nelle strutture sintattiche del componimento prevale la coordinazione, inoltre c'è solo il verbo "Rosseggia" perché gli altri sono sottintesi e dieci sostantivi, cinque aggettivi,due congiunzioni e molti segni di punteggiatura come le virgole e i punti.


lunedì 5 maggio 2008

N.2 Novembre di G.Pascoli (Per martedì 13)


Scolasticamente c’è stato detto di non cominciare una frase con una congiunzione: regola spesso
violata da Pascoli, perché in lui le sensazioni si susseguono e si incatenano l’una all’altra
(addirittura il Gelsomino notturno comincia con una E, a lasciar presagire tutto un discorso interiore
fatto prima di cominciare a parlare).
vv. 5-6: Secco e stecchite sono forse in allitterazione voluta (come al verso seg. segnano e sereno).
L’immagine può richiamare gli irti colli (cioè ‘ispidi, puntuti’per gli alberi spogli, i rami nudi) del
S. Martino di Carducci. In Pascoli, le piante sono paragonate ai fili neri (nere trame: dal linguaggio
della tessitura) che si profilano sull’azzurro del cielo.
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vv.7-8: due soggetti coordinati dall’unico verbo sembra. Il nome (soggetto) sta sempre dopo
l’aggettivo che lo qualifica e cattura l’attenzione del lettore (vuoto e cavo sono le parole su cui
punta l’intonazione); terreno è addirittura all’ultimo posto della frase, contrariamente al “normale”
ordine delle parole che lo vorrebbe al primo posto (prima comunque del predicato).
Vuoto il cielo perché privo di esseri viventi (gli uccelli che il cacciatore di Carducci vedeva al
tramonto).
Cavo al piè sonante: il terreno gelato, percosso dal piede, dà un rimbombo, l’impressione di essere
cavo.
Piè è dittongo (da è aperta) e apocope (troncamento dell’ultima sillaba: rimane solo in frasi fatte o
in relitti letterari, “il piè veloce Achille”, ma anche “giacche lunghe fino ai piè” della canzone
L’isola di Wight, circa anno 1970); sonante è invece monottongo (invece di suo-) perché atono,
come vorrebbe la regola classica del dittongamento (cfr. sonata, sonetto, rispetto a suono, suona;
però nella lingua moderna il dittongo si è esteso anche in sede atona, ad es. suonare, suoneria).
vv. 9-13: anche l’ultima stofa comincia con una frase nominale, cui una seconda frase è coordinata
per asindeto (senza congiunzione, ma solo coi due punti, dopo i quali si precisa maggiormente la
prima impressione). Ancora la seconda persona del verbo, rivolta all’ascoltatore ideale; e il
complemento oggetto alla fine, preceduto dalla specificazione: odi, percepisci appena il debole
rumore (debole sia perché viene da lontano sia perché è debole in sé) della caduta delle foglie.
Odi: verbo che alterna la vocale iniziale a seconda della posizione dell’accento: o quando è tonica,
u quando è atona (come olio / ulivo, mola / mulino, e per ragioni in parte diverse devo / dobbiamo).
Ventate: colpi, soffi di vento (il suffisso –ata, aggiunto a sostantivi, indica spesso un ‘colpo’,
un’azione compiuta da o con quell’oggetto (bastonata, manata, occhiata, telefonata).
Cader (con apocope, ammessa in prosa solo all’interno di frase, mentre in poesia può stare anche a
fine: cfr. mar, migrar ecc. in S. Martino): verbo sostantivato, ‘caduta’.
Fragile grammaticalmente si lega a cader ma richiama (anche per l’allitterazione di f, l) le foglie,
che sono esse stesse fragili, delicate, si spezzano, staccano facilmente.
vv. 10-11. La nuova frase, conclusiva, inizia a metà del verso (anzi, è si lega in sinalefe, cioè
metricamente si pronuncia unito, all’ultima e di fragile): modo per indicare lo stretto legame tra i
due enunciati. Legame che poi si rinforza con l’iniziale fr- in comune tra fragile e il seguente
fredda.
Estate dei morti indica quella che comunemente si chiama estate di S. Martino (cioè intorno all’11
novembre, come nella poesia di Carducci), mentre Pascoli preferisce richiamarsi al giorno dei morti
(2 novembre), svelando la tristezza di fondo, il pessimismo esistenziale, della sua ispirazione:
un’illusione (prima strofa) che dura poco, un’estate in realtà fredda e squallida, priva di vita (alberi
stecchiti, cielo vuoto), che ci fa pensare ai morti, in un presagio

CONFRONTO/PRODUZIONE
Metti a confronto Novembre di Pascoli con San Martino(vedi p.192) di Carducci. Le due liriche sono accomunate dalla stessa tematica(il periodo dell'anno collegato alla ricorrenza di san Martino) che viene presentata con metodologie differenti.Carducci propone un quadretto di paesaggio, colto impressionisticamente con pochi tratti pittoreschi,in Pascoli il paesaggio assume un valore simbolico.

CHARLIE GRIOLI
L’opera “Novembre” è una lirica scritta nel 1891 da Giovanni Pascoli. Ci troviamo in una giornata di Novembre. Il sole è così splendente che per un istante sembra di essere in primavera, ma nonostante tutto, gli alberi sono spogli e le piante sono stecchite. Vuoto è il cielo senza uccelli e intorno c’è un silenzio tombale. È l’estate di San Martino. In questa ambientazione Pascoli scrive la sua poesia “Novembre”. La prima parte rende l’impressione di un’improvvisa primavera , ma la seconda ribalta la prima e avvia la poesia verso la conclusione incentrata tutta sul tema della morte. Le tre strofe sono l’immagine delle “stagioni della vita umana”. Nella prima strofa viene presentata la fanciullezza; tutto è descritto con aggettivi gradevoli e invitanti che rendono la strofa dolce e spensierata. Nella seconda viene descritta la maturità; ci sono nuove preoccupazioni, c’è la consapevolezza di una solitudine che accompagna la vita dell’uomo e della brevità della vita umana. Nella terza infine viene descritta la vecchiaia periodo in cui la morte accompagna l’uomo verso la via del non ritorno.

L’opera “San Martino” è una lirica scritta da Giosuè Carducci e si riferisce all’11 Novembre giorno di San Martino. Le due immagini che si alternano all’interno della poesia sono la malinconia e l’allegria. Nella prima strofa vi è la descrizione di un tipico paesaggio autunnale: ci sono infatti gli elementi fondamentali della stagione,ovvero la nebbia e gli alberi spogli. A differenza della prima, la seconda strofa, sprigiona un senso di allegria del tutto assente nella precedente; si descrive infatti l’atmosfera che vi è all’interno di un borgo dopo la vendemmia. Nell’ultima strofa , l’atmosfera si presenta più riflessiva delle precedenti dato che si incontra un uomo pensieroso che, appoggiato all’uscio della sua casa , osserva l’atmosfera che si crea al tramonto e gli stormi di uccelli che si dirigono lontano.

ANTONELLA SALVA'
Sera prof!!!

La poesia “Novembre” di Pascoli presenta inizialmente un'immagine primaverile (gemmea l'aria - il sole è così chiaro): l'immagine di una giornata soleggiata nel mese di novembre, durante la cosiddetta "estate di S. Martino". Ma ciò che il poeta vuole realmente rappresentare è la breve illusione della felicità.Nella bella giornata autunnale , la luce del sole e l'aria limpida danno per un istante l'illusione che sia primavera.Ma subito ci si rende conto che le piante sono secche e spoglie, che tutto intorno è vuoto è silenzio, non ci sono i rumori gioiosi della vita .Allo stesso modo , la dolcezza dell'infanzia e della giovinezza dura poco e presto si rivela essere un'illusione. Sulla vita dell'uomo incombono tristezza , silenzio e morte.
La realtà di morte viene confermata nella terza strofa che si conclude con la parola "morti", preceduta da alcune parole-chiave che contengono un significato di vuoto, solitudine: silenzio, solo , lontano, fragile, fredda . Questa lirica rinvia con le sue allusioni sul mistero della vita e della morte infatti l'incipit limpido e sereno assume poi un tono cupo e funereo. Una fugace illusione dissolta dalla realtà.
Mentre nella poesia “San Martino” di Giosuè Carducci ci fa capire quanto è malinconico l'autunno con la sua stagione fredda e piovosa, ma nello stesso tempo nell'aria c'è un odore di vino nuovo e nelle case si sente lo scoppiettio dei camini accesi che danno una grande sensazione di pace e gioia per la serenità e felicità che solo le cose vere della vita, cioè i valori, possono dare. Il poeta descrive il paesaggio autunnale dove la nebbia copre gli alberi spogli bagnandoli di minuscole goccioline e, a causa del vento maestrale, il mare è agitato e spumeggiante ed infine il rumore delle onde forma delle urla spaventose. Mette in risalto la differenza tra la tristezza della natura e la felicità delle persone semplici. Infatti ci descrive che nel paese si sente l'aspro odore del vino fermentato che rallegra lo stato d'animo delle persone che hanno dovuto lavorare duramente nei campi per far crescere l'uva che poi è stata raccolta.. Il poeta paragona gli uccelli neri che migrano a brutti pensieri che se ne vanno.E' tutto in bianco e nero, per una giusta scelta tecnica. Il maestrale diventa soggetto di urla e biancheggia e da tutto il quadro pare risuonare nel silenzio dell'uomo i soli rumori della natura.
La precisione di questa rappresentazione ambientale, l'aria che si respira, il fresco delle zone aperte, il caldo familiare delle attività della casa, tutte le azioni, i fatti, gli aspetti, la natura dipinte dal poeta con maestria e con sensibilità grandissima.

GIADA GIUFFRIDA

La poesia “Novembre” di Pascoli è una delle composizioni più suggestive dell'intera produzione poetica pascoliana. Questa poesia più che a descrivere la natura in un particolare momento, come si può intuire dal titolo, è rivolta a penetrare nel segreto senso delle cose, e a scoprire in esse un messaggio di morte o un precario senso di fragilità, di vuoto. Pascoli ha voluto accostare due elementi fondamentali che danno il senso alla poesia: il fascino della vita e il mistero della morte.
La meraviglia della vita la si può comprendere, poiché essa è unica, quindi di per sé è un dono che assume valori supremi, ma in particolare nella poesia, questa sensazione si evidenzia grazie alla descrizione incantevole dell’autunno sotto sembianze primaverili, quindi anche in un periodo cupo, dove il sole è chiaro ma non cocente, dove l’aria è limpida ma non afosa, dove le piante sono spoglie e non in fiore, si può ritrovare la bellezza della natura nel veder cadere le foglie e nell’assaporare il profumo del biancospino, il quale lo si può vedere solo in questo periodo. Sono tutte caratteristiche positive dell’autunno, che rendono più lieve la lontananza dalla bella stagione. Ma si possono riscontrare elementi opposti, tristi, malinconici, come ad esempio la ricorrenza di San Martino, cioè l’occasione in cui le persone si recano nei cimiteri a ricordare l’anima dei propri cari. Con riferimento anche qui alla poesia, il poeta si illude di sentire richiami di luce e di gioia portati dall'aria, ma la natura non parla: tutto è secco, e il colore funebre dell'autunno fa da cornice al ricordo di coloro che non ci sono più.
Novembre è una poesia simbolica, poiché l'improvviso incanto dell'"estate di san Martino", quel breve periodo di belle giornate che si hanno spesso ai primi di Novembre, è l’esito dello smarrimento e dell'angoscia esistenziale che Pascoli è stato costretto a vivere, in seguito ad avvenimenti precari per la sua infanzia, che l’hanno toccato in particolar modo, costringendolo a vivere nel ricordo del "nido" perduto. Si inserisce in questo contesto il tema dei morti che riposano nel cimitero. E quindi il tema della morte, non percepita come semplice privazione della vita, ma come passaggio in un mondo misterioso che è al di là del nostro.

Nella lirica "San Martino", Carducci, descrive l'atmosfera festosa del giorno di San Martino, cioè l'11 novembre in un borgo della Maremma Toscana. Questo giorno è molto importante per i contadini perchè segna la fine del lavoro nei campi e l'inizio della sventura, cioè del travaso del vino dai tini, dove è stato messo a fermentare, nelle botti. All'allegria del borgo si contrappone la malinconia del paesaggio autunnale avvolto nella nebbia e colto al tramonto "tra le rossastre nubi".
Nella prima strofa dà l'avvio uno sfondo paesaggistico che viene descritto con la nebbia che copre tutti gli alberi spogli e secchi sui colli, e con la pioggia l'altezza della nebbia aumenta. Nella seconda strofa, invece, si sposta l'attenzione sul borgo. Infatti tra le vie trail ribollire dei tini si sente l'odore aspro dei vini che rallegra le anime. Nella terza strofa, il poeta si sofferma sull'ambiente domestico interno. Infatti sui ceppi accesi gira lo spiedo facendo colare il grasso della carne messa ad arrostire, mentre un cacciatore fischia sull'uscio a guardare. Infine nell'ultima strofa si collega alla figura del cacciatore intento a osservare le rosse nubi e poiché è l'ora del tramonto, gli stormi di uccelli sono paragonati dal poeta ai pensieri degli uomini che fuggono e si allontanano nella sera per migrare.

Le due liriche sono accomunate dalla stessa tematica(il periodo dell'anno collegato alla ricorrenza di san Martino) che viene trattata con modalità completamente diverse. Come abbiamo visto Carducci delinea un quadretto realistico, Pascoli scrive un componimento a carattere simbolico. Secondo il Pascoli l'estate di San Martino non porta fiori , il paesaggio è squallido e nudo del novembre e Pascoli dà una concezione dell'idea della morte anche con la descrizione della natura(piante stecchite ).Mentre per il Carducci anche nelle giornate più nebbiose l'uomo sa trovare motivi di gioia.
YVONNE SGROI
La poesia “Novembre” di Pascoli, tratta dal testo "Myricae", genere lirico è stata scritta nel 1891, metrica: strofe costituite da tre endecasillabi . Ha un'immagine primaverile: una giornata soleggiata nel mese di novembre, durante l’estate di S. Martino. Ciò che il poeta vuole rappresentare è la breve illusione della felicità.
Nella prima strofa abbiamo immagini di luce, di vita e di calore. L’aggettivo “gemmea” sembra racchiudere l’idea della purezza cristallina e della luminosità. Queste sensazioni sono accentuate dalla successione di suoni chiari e aperti e da un seguire di rime. Nella seconda strofa assistiamo ad un capovolgimento delle prime immagini che rivelano tutta la loro ingannevole illusorietà. La realtà, infatti, è ben diversa dalle apparenze. La terza strofa accentua le sensazioni di morte affiorate nei versi precedenti. Ci sono tre punti di forza in questa lirica:
-il dato auditivo che crea un’atmosfera funebre;
-la frase “cader fragile” che rafforza l’idea della precarietà e della morte;
-“estate,/fredda, dei morti” che costituisce l’immagine chiave del componimento.
Nella poesia “San Martino”,tratta da “rime nuove” e scritta nel 1883, Giosuè Carducci delinea con pochi e vivaci tratti un quadretto d’ambiente simile a una pittura su tela con pennellate di colore rapide.
Nella prima strofa il poeta raffigura l’autunno.
Nella seconda l’attenzione si sposta sulle vie del paese profumate dell’odore del vino novello che fa gioire gli animi. Il passaggio dalla tristezza della prima strofa alla vivacità della seconda è sottolineato dal “ma”avversativo posto a capo verso.
Nell’ultima strofa si ha un doppio mutamento: dall’interno si torna all’esterno, dall’allegria alla pensosità. Riaffiora la malinconia con cui si era aperto il componimento, però la malinconia sembra apparteneva più al poeta che al suo personaggio, il cacciatore d’uccelli. Il poeta vive in un mondo col quale non si sente in armonia, ma in condizione di disagio, tradotto nella lirica in malinconia.


GIOVANNI PASCOLI
NOVEMBRE
Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno; solo, alle ventate
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cadere fragile. E' l'estate,
fredda, dei morti.

Commento alla poesia Novembre
Premessa: la poesia risale al 1891 e fu pubblicata nella prima raccolta di Pascoli, Myricae (titolo
desunto da una bucolica di Virgilio: piantine umili, come umile, per anime semplici, per il
fanciullino, vorrebbe essere la poesia di Pascoli).
Per le tematiche, si potrebbe confrontarla con l’altra celeberrima S. Martino del maestro
universitario di Pascoli, Carducci (si veda il commento in questa stessa Alma DL), scritta solo 8
anni prima.
La struttura metrica è ancora classica (3 strofe “saffiche”, di 3 endecasillabi e un quinario, con rime
alternate), ma sfruttata in modo già moderno: si veda la frequenza degli enjambements (il discorso
non si interrompe alla fine di un verso ma continua nel verso successivo). Tipica della lingua
poetica tradizionale è invece l’anteposizione dell’aggettivo al nome, non esclusiva ma in ogni caso
prevalente (gemmea aria, secco pruno, vuoto cielo ecc.): questo si adatta alla sensibilità
“impressionistica” di Pascoli, per la quale si direbbe che il colore, la qualità, venga prima, sia
rivelatrice dell’essenza delle cose, la “sostanza” tradizionalmente rappresentata dai “sostantivi”.
v.1: la frase principale (da cui dipendono le due subordinate consecutive dei vv. 2-4) è costituita da
due proposizioni nominali (col verbo essere sottinteso). L’aggettivo gemmeo ‘limpido, trasparente
(e anche freddo) come una gemma’è tipico della poesia di fine ’800 o inizio ’900: dal principale
vocabolario storico italiano (il Battaglia, edito dall’Utet in 21 volumi) troviamo il gemmeo pallore
di una donna in Carducci e D’Annunzio, e l’azzurro gemmeo del cielo in Ada Negri.
v. 2: frase consecutiva, come la seguente coordinata (ricerchi… e senti); il tu è ovviamente
generico, per indicare l’ascoltatore, cioè uno qualunque di noi.
Più avanti invece vediamo che la sintassi è fondata soltanto sulla coordinazione, sull’aggiunta di sensazioni, di impressioni una dopo l’altra, mediante la congiunzione e (ben quattro volte ai vv. 3-
7): quasi come il fanciullino che un po’per volta fa scoperte nuove e vede smentite le sue prime
immaginazioni.
v. 3: prunalbo, forma dotta, latineggiante, per l’italiano biancospino (famoso, in Pascoli, quello la
cui fioritura è paragonata al vestito nuovo di Valentino). Non è molto documentato in italiano: un
solo esempio nel Trecento, poi si passa all’Ottocento. È notoria la precisione con cui Pascoli amava
denominare piante e animali, in una reazione all’indeterminatezza o alla falsità della poesia
precedente.
v. 4 nel cuore in astratto (metonimia, come lingua per indicare la capacità di parlare e il discorso),
come immaginata sede dei sentimenti.
vv. 5-8: la strofa si caratterizza per la frequenza degli aggettivi anteposti al nome (5, contro uno solo
posposto, piè sonante). L’inizio con Ma (altra congiunzione coordinante) indica che questa frase è
strettamente connessa a quella che precede: se al principio (strofa 1) ci si era illusi della primavera,
della vita che rinasce, adesso quel ma ci richiama alla realtà dell’autunno, presagio di morte.



venerdì 2 maggio 2008

Il Cardinal Federigo Borromeo e l'Innominato(Capp.XXII -XXIII)




Del cardinal Federigo Borromeo, il narratore non dà un ritratto fisico, ma presenta il personaggio attraverso le tappe della sua vita e le caratteristiche della sua personalità.Illustrate la presentazione secondo il percorso della sua vita.
Nota il Russo che, con il personaggio del cardinale, il Manzoni ha voluto seguire la via di un cattolicesimo convenzionale:ha visto nell'uomo il grande gerarca della chiesa.Con tale probabilità, Federigo Borromeo, fu realmente un grande gerarca, e tale l'ha probabilmente inteso l'Autore, sacrificando gli aspetti poetici e quelli realistici.Il profilo del Cardinale ha un significato che va ben oltre i dati storici perchè l'autore intende proporre un esempio di santità accessibile a chiunque voglia percorrere la via della perfezione religiosa.
Il cardinale accoglie l'innominato con affetto e gratitudine e nel suo discorso quali affermazioni richiamano l'onnipotenza di Dio e quali l'inadeguatezza dell'essere umano?

CONCETTA RUSSO
Federico Borromeo nacque nel 1564, membro di una delle maggiori famiglie milanesi, apparteneva a quei rari uomini che spendevano la propria vita nella ricerca e nell'esercizio non del bene ma del meglio.
Uomo di grande carità e modestia, venne educato fin dall'infanzia alla vita religiosa e al dovere, con la sua opera e il suo esempio divenne un modello per tutti i sacerdoti; infatti egli venne eletto nel 1595 aricivescovo di Milano dal Papa Clemente VIII.
Dotato di vata cultura, scrittore di numerosi trattati, protettore delle arti e delle lettere, aveva fondato una grande biblioteca Ambrosiana con annessa una galleria d'arte.
Inoltre istituì un colleggio di studiosi e uno di alunni per l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue classiche e orientali.
Egli ritenne che la vita non debba essere un peso per molti ed una festa per alcuni, ma per tutti un impegno, e cercò di rendere la sua utile e santa.
Esercitò l'autorità come servizio, praticò la povertà e soccorse soprattutto i bisognosi.
Egli però non fu del tutto immune da certe opinioni strane e mal fondate.
Egli morì nel 1628.
MERY PAFUMI
Salve prof, ecco la prima parte del commentoSalve prof, ecco la prima parte del commento:
Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano, nato nel 1564, era uno degli uomini più impegnati del suo tempo.
La vita di Federigo è sin dalla prima gioventù una dedizione completa al bene. Il cardinale Federigo Borromeo nato nel 1564 ,appare come un modello di religioso e la sua figura assume un rilievo particolare: se Fra Cristoforo è essenzialmente un uomo d'azione e don Abbondio e Gertrude sonio i religiosi che hanno tradito un ideale, Federigo viene proposto come il cristiano avviato sulla strada della santità.Appartenente ad una nobile famiglia lombarda di cui fece parte anche il vescovo di Milano Carlo Borromeo beatificato anni dopo, decide di abbandonare tutti i suoi averi e dedicarsi alla carità e all'umiltà verso i più poveri.Fin dall'infanzia pone attenzione al rispetto dei principi cristiani e già da adolescente Federigo sceglie la vita consacrata così, nel collegio di Pavia si dedica allo studio,alla catechesi e ad opere di carità .Inoltre all'impegno pastorale aggiunge quello culturale,fondando la biblioteca Ambrosiana:un'istituzione innovativa che fa del suo fondatore un precursore dei moderni uomini di cultura e inoltre il suo carattere mite e affabile completa poi il ritratto morale di Federigo facendone un esempio quindi di vita cristiana, ma non privo di difetti sotto il profilo delle opinioni in materia di scienze e cultura.

RICCARDO SPADARO

Il cardinale Federigo Borromeo nato nel 1564 ,appare come un modello di religioso e la sua figura assume un rilievo particolare: se Fra Cristoforo è essenzialmente un uomo d'azione e don Abbondio e Gertrude sonio i religiosi che hanno tradito un ideale, Fefderigo viene proposto come il cristiano avviato sulla strada della santità.Appartenente ad una nobile famiglia lombarda di cui fece parteanche il vescovo di Milano Carlo Borromeo beatificato anni dopo, decide di abbandonare tutti i suoi averi ededicarsi alla carità e all'umiltà verso i più poveri.Fin dall'infanzia pone attenzione al rispetto dei principi cristiani e già da adolescente Federigo sceglie la vita consacrata così, nel collegio di Pavia si dedica allo studio,alla catechesi e ad opere di carità .Inoltre all'impegno pastorale aggiunge quello culturale,fondando la biblioteca Ambrosiana:un'istituzione innovativa che fa del suo fondatore un precursore dei moderni uomini di cultura e inoltre il suo carattere mite e affabile completa poi il ritratto morale di Federigo facendone un esempio quindi di vita cristiana, ma non privo di difetti sotto il profilo delle opinioni in materia di scienze e cultura.
MANILA TROVATO

Federico Borromeo nacque nel 1564, membro di una delle maggiori famiglie milanesi, apparteneva a quei rari uomini che spendevano la propria vita nella ricerca e nell'esercizio non del bene ma del meglio.
Uomo di grande carità e modestia, venne educato fin dall'infanzia alla vita religiosa e al dovere, con la sua opera e il suo esempio divenne un modello per tutti i sacerdoti; infatti egli venne eletto nel 1595 aricivescovo di Milano dal Papa Clemente VIII.
Dotato di vata cultura, scrittore di numerosi trattati, protettore delle arti e delle lettere, aveva fondato una grande biblioteca Ambrosiana con annessa una galleria d'arte.
Inoltre istituì un collegio di studiosi e uno di alunni per l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue classiche e orientali.
Egli ritenne che la vita non debba essere un peso per molti ed una festa per alcuni, ma per tutti un impegno, e cercò di rendere la sua utile e santa.
Esercitò l'autorità come servizio, praticò la povertà e soccorse soprattutto i bisognos ,ma
non fu del tutto immune da certe opinioni strane e mal fondate.
Egli morì nel 1628.

P.S.: Ecco qui il suo commento, spero che sia esauriente! Arrivederci.

FEDERICA BONANNO


-Federigo Borromeo-
Federigo Borromeo nacque nel 1564, e mostrò ben presto una profonda vocazione sacerdotale, e prese i voti nel 1580 tramite il cugino Carlo Borromeo, cardinale in odore di santità. Istruito nel collegio Borromeo di Pavia, fondato dallo stesso cugino Carlo, si dedicò principalmente all'istruzione religiosa dei relitti e alla consolazione degli infermi. Ben presto nacquero anche dei constrasti famigliari per il suo modo alquanto semplice di condurre lo stile di vita, diminuendo così la dignità del casato e con gli istitutori del collegio dovette faticare per imporsi, ma viene comunque visto come un uomo di grande virtù e bontà anche se con altrettanti difetti che però il narratore non dà a notare. Fondò inoltre la biblioteca ambrosiana, istituzione dotata di trentamila volumi a stampa e quattordicimila manoscritti provenienti da ogni parte del mondo. Con il profilo del cardinale Manzoni ha voluto proporre un personaggio di ecclesiastico vivo e concreto la cui vita si pone come esempio di santo "moderno", quindi i dati storici utilizzati del Ripamonti e del Rivola sono un pretesto e l'autore vuol intendere che la perfezione religiosa è possibile e percorribile da chiunque.
Salve proffy :)