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lunedì 21 aprile 2008

X Agosto di Giovanni Pascoli (per Martedì 6 Maggio dopo il viaggio d'istruzione)


Biografia di G.Pascoli
Pascoli rappresenta la vera svolta della poesia italiana di fine secolo perché introduce tutta una serie di novità tematiche e stilistiche che influenzeranno i poeti di tutto il ‘900. Giustamente, quella di Pascoli è stata definita una "poesia verso il Novecento".

L’evento centrale della sua vita, che diverrà poi materia poetica, è certamente l’uccisione del padre (di cui non fu mai trovato l’assassino) con la conseguente distruzione del, così chiamato da Pascoli "nido" familiare. A seguito di questa vicenda, la famiglia si sgretola perché anche la madre morirà di crepacuore, di lì a qualche anno, e il poeta perde quell’ambiente caldo e protettivo (da cui il nome di "nido") che lo difendeva dalle insidie del mondo. Pascoli tentò di ricostruire il "nido" distrutto, insieme alle sorelle Ida e Maria, alle quali fu unito da un affetto morboso. Egli si ribella quando Ida si sposa, abbandonando lui e quel che restava del "nido", e si lega con un legame ancora più forte ed esclusivo a Maria (che egli chiamava Mariù).

Il tema del "nido" costituisce uno dei veri leitmotiv della poesia pascoliana: costantemente il poeta lo ricorda, lo rimpiange, tanto che il critico Giorgio Barberi Squarotti parla di una vera e propria regressione pascoliana verso lo stadio natale, o, meglio ancora, verso lo stadio prenatale, cioè di una regressione nel grembo materno; tornare a prima della vita vuol dire tornare a prima della storia, e dunque vivere al di fuori di quel mondo che era tanto intriso di violenza e che spaventava tanto Pascoli.

X Agosto


San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un >pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male.

La musicalità che pervade la poesia pascoliana, l'uso frequente di metafore ed analogie, le figure onomatopeiche, il fonosimbolismo concorrono a creare, su una descrizione della natura fedele, precisa e scientifica, quell'alone di mistero ed ineffabilità, la ricerca di un segreto , di una dimensione nascosta delle cose.
(Giovanni Pascoli, Myricae, 1891, 1903

CONFRONTO E PRODUZIONE


Mettete a confronto la poesia di Pascoli con il madrigale di Tasso Qual rugiada o qual pianto (vd.pag.101)
e illustrate le differenze e le analogie fra i due componimenti.Esponete sia in forma scritta che orale i temi delle due liriche e le tecniche di cui i poeti si sono serviti per esprimerle.


CONCETTA RUSSO

Il X agosto è stato scritto da Pascoli nel 1896. Questa poesia parla della morte del padre del poeta, avvenuta il 10 agosto del 1867, un lutto che segnato sia la sua vita che quella della sua famiglia. Con una serie di parallelismi e di corrispondenze il poeta dilata la sua vicenda personale a livello universale, facendone il simbolo dell’ingiustizia e della malvagità del mondo di cui sono vittime gli esseri più deboli e innocenti e per sottolineare l’assurdità di quella morte la paragona all’uccisione di una rondine che torna al nido con la cena per i suoi figlioletti. Dal punto di vista metrico è formata da sei quartine di decasillabi e novenari legati da rime alternate secondo lo schema ABAB. Le parole chiave sono: il nido che per Pascoli rappresenta la famiglia con tutto ciò che in essa vi è di protettivo; il cielo che rappresenta la dimensione del divino che il poeta sente lontana dall’uomo e incapace di correggere i sbagli del mondo; le stelle che rappresentano la perfezione e lo splendore ma anche la pietà e il dolore per il male del mondo; la rondine e l’uomo perché entrambi sono stati uccisi senza un motivo.

Qual rugiada o qual pianto è stato scritto da Torquato Tasso tra il 1562 e il 1567. E’ un madrigale formato da endecasillabi e settenari che rimano secondo lo schema ABAB- CDDC- EE- FF.
Il tema principale è quello della partenza(=lutto) della donna amata del poeta che viene espresso solo negli ultimi due versi, mentre nei versi precedenti vi è la natura che è resa partecipe della sua malinconia e della sua solitudine di amante. Le componenti dominanti del madrigale sono l’umanizzazione e la trasformazione. Nell’ oscurità della notte, sull’erba scintilla la rugiada e nel silenzio si avverte la voce del vento, ma la sensibilità del poeta trasfigura le perle di rugiada in stille di pianto e il sussurro del vento in un gemito insistente. E’ come se la natura stessa, umanizzata, piangesse per la partenza della donna. La notte assume i contorni di una creatura femminile che inonda di lacrime la terra. In questo giro continuo di trasfigurazioni le gocce della rugiada si trasformano in stelle che impreziosiscono l’erba. L’acqua e l’aria hanno come caratteristica fondamentale la mobilità che li fa apparire animati e più facilmente umanizzabili.
ANDREA MUSCOLINO
X agosto. (Giovanni Pascoli)Le stelle che cadono durante la notte di S. Lorenzo non sono altro che per il poeta le lacrime del cielo sulla malvagità degli uomini. Per Pascoli il 10 agosto è una data emblematica dato che è l'anniversario della morte del padre. Egli dice di sapere perché un così gran " numero di stelle sembra incendiarsi e cadere dal cielo: tante stelle che cadono così fitte sembrano le lacrime di un pianto dirotto che splendono nella volta celeste. Poi immagina una rondine che, mentre tornava al suo nido fu uccisa e cadde tra i rovi: ella aveva un insetto nella bocca cioè il cibo dei suoi piccoli. Qui Pascoli, con una metafora, intende dirci che la rondine era l'unica fonte di sostentamento per i suoi piccoli così come suo padre lo era per la famiglia. Descrive la rondine trafitta sui rovi spinosi con le ali aperte quasi come se fosse in croce. Poi, afferma che i suoi rondinotti rimangono in una vana attesa del cibo. Dopo passa a descriverci un uomo,suo padre in punto di morte pronunziò parole di perdono verso i suoi assassini. Negli occhi rimase la volontà di emettere un grido. Invece Pascoli, con il particolare delle due bambole che l' uomo portava, voleva alludere alla tenerezza che avrebbe caratterizzato l'arrivo del padre a casa e delinea un mondo di consuetudini affettuose che la morte interruppe. Adesso, nella casa “solitaria”, i suoi familiari lo attendono inutilmente come in precedenza avevano fatto i rondinotti. Il povero uomo con gli occhi impietriti dalla morte indica le bambole al cielo che è descritto dal poeta molto distaccato e indifferente al dolore umano. E infine, dice che il cielo, visto come una divinità, dall'alto della sua serenità lascia cadere fitte lacrime su questa piccola parte dell'universo, che è il regno del male. X Agosto di Giovanni Pascoli Analisi: Il poeta, nel rievocare la morte del padre si rivolge a San Lorenzo, la cui festa cade appunto il 10 Agosto, quando il cielo è attraversato da una pioggia di stelle cadenti. Il santo, infatti, soffrì un doloroso martirio, e può ben capire la crudeltà umana. Le stelle con il loro pianto appaiono rispondere al pianto del poeta, le cui parole hanno una semplicità profonda e meditata. Egli dice di sapere perché un cosi gran numero di selle sembra incendiarsi e cadere nel cielo:tante stelle che cadono cosi fitte sembrano quasi le lacrime di un pianto dirotto,lacrime che splendono nella volta celeste. Altro quadro particolarmente denso di significato è il simbolismo del nido. Tale simbolismo indica metaforicamente l’incapacità del poeta di aderire attivamente alla vita,alla storia,alle ideologie,e il non volere accettare il suo essere adulto. È un’immagine che risponde a pieno all’immaginario funereo del Pascoli,chiuso nella gelosa custodia dei vincoli di sangue,proteso in “una regressione verso uno stato prenatale,presso i familiari,in una condizione primordiale di esistenza prima del tempo,là dove regnano i morti,intesi come il mondo prima della nascita,incerto,ambiguo in cui ci si puo rifugiare. Nella lirica 10 Agosto si rinnova una tenace morte familiare,l’angosciante ricordo del padre morto,la presenza muta di condanna al pianto e al ricordo;i morti che materializzano al di là del tempo l’irrevocabilità dell’ambito chiuso e geloso del nido,da cui non si sfugge mai,fino a fare dell’appartenenza al nido un dovere di ricordo continuo,senza tregua ed evasioni,un legame assoluto,totale.Al di fuori del nido sembra quasi che ogni rapporto sia impedito,nel quadro di una società ridotta al nucleo isolato e incomunicante della famiglia gelosamente chiusa in sè.In 10 agosto, attraverso studiate simmetrie,il poeta accomuna l’uccisione di una rondine”ritornava una rondine al tetto:l’uccisero,cadde tra spini…”a quella del padre quale risulta nei versi”anche un uomo tornava al suo nido;l’uccisero:disse perdono e restò negli aperti occhi un grido…”Gli uccelli e il cielo in Pascoli non si fanno espressioni di immagini di vita,ma più spesso costituiscono significazioni di morte. L’immagine del nido,il ricordo delle due bambole che il padre portava in dono,la partecipazione del cielo al dolore degli uomini sono i momenti più intensi d’ispirazione.Il padre del poeta e la rondine vengono uccisi nello spazio esterno lontani dal nido e la loro morte lascia il nido indifeso ed esposto a tutte le minacce che vengono dal di fuori. Emblematica l’immagine della rondine che,mentre tornava al suo nido fu uccisa e cadde tra gli spini mentre aveva nel becco un insetto, la cena dei suoi rondinini. Ma l’attesa dei piccoli sarà inane perchè la rondine non tornerà più al suo nido. Il quadro ad esso contrapposto è quello in cui il poeta passa a descriverci un uomo,suo padre che tornava anche al suo nido e fu ucciso. Di lui rimane significativo quella parola “perdono” bisbigliata in punto di morte ai suoi assassini e quel grido dilacerante negli “aperti occhi”.Portava due bambole in dono ma anche le sue figlie come i rondinini lo aspetteranno invano.E, su tutto, rimane l’immenso arazzo del cielo, il cielo visto come una divinità dall’alto della sua serenità lascia cadere fitte lacrime su questa piccola parte dell’universo, che è il regno del male. Interessante stabilire un confronto con un madrigale di Torquato Tasso dal titolo “Qual rugiada o pianto”.Proprio nei madrigali la sua forma poetica”si flette e si inebria in agilissimi ritmi”e in quel trascorrere di versi , la stessa poesia sembra quasi esalare la musica come le erbe dei campi le loro essenze.In questo madrigale ricorrono voci e immagini che ci riportano ad effusioni di sentimenti amorosi nella vastità della notte.Si denota anche qui quel brillare e palpitare della luce lunare in ogni aspetto delle cose, quel configurarsi della natura come uno stato d’animo che il lettore riesce a percepire. Da tutto il madrigale deriva un ‘impressione di pianto,sospiri.
Da quel notturno manto cioè dalla volta celeste al poeta sembra che discendano quasi gocce di rugiada o pianto e domanda a se stesso quali lacrime,quale pianto fosse proprio questo che vede scendere e fermarsi come rugiada sulle erbe dei prati,o quali sospiri mai fossero quelli che muovevano l’aure.
Ma le domande sembrano rimanere, come lo stesso trasalimento dell’anima innanzi a quelle ombre e a quelle voci. Bellissima l’immagine della luna bianca che lascia cadere una pura pioggia di stille cristalline proprio in grembo all’erba fresca. Queste stille proprio come in 10 agosto si configurano come lacrime,come pianto e ogni goccia di rugiada colpita dai raggi delle luna sembra quasi come una minuta stella sul prato .Ma proprio la chiusa del madrigale è quella dove si addensano le note più significative del componimento,dove si addensa quel dolce strazio suggerito sia dalla suggestione di quelle lievi auree notturne quasi come sospiri e voci segrete della notte,sia da quel senso di lunga veglia suggerito dalle ultime parole , una veglia che si prolunga “in sino al giorno”.E quasi come un’ ipotesi si pone la parte finale là dove il poeta suppone che tutte queste manifestazioni siano forse un’ eco , un segno del distacco,della”partita della vita della sua vita”
Cordiali saluti

CARMELO BUCALO
1) Il X Agosto è stato scritto da Giovanni Pascoli nel 1896, per rievocare la morte del padre (1807), una tragedia che ha segnato la sua vita e quella della sua famiglia. Per evidenziare l'assurdità di quella morte il poeta la paragona all'uccisione di una rondine che torna al nido con la cena per i propri rondinini. E' proprio il nido il tema principale della poesia: per il poeta il nido è la famiglia intesa come luogo che rende possibile il conforto e la pace, come rifugio che consente di sfuggire agli orrori della storia. All'interno della lirica sono presenti diverse corrispondenze e parallelismi: il primo è il nido, già visto, e quindi inteso come tetto e luogo di protezione; un altro termine fondamentale è "il cielo" che rappresenta la dimensione del divino che il poete sente lontana dall'uomo e incapace di correggere le storture del mondo (la terra in contrapposizione con il cielo). Al cielo si ricollegano le stelle che simboleggiano sia la luce e lo splendore ma anche il dolore (pianto di stelle) per il male del mondo; e infine "la rondine e l'uomo". Essi rappresentano tutte le vittime innocenti e ingiustamente uccise dalla malvagità degli uomini. In qualche modo richiamano il sacrificio di Cristo, in particolare la rondine con le ali aperte come in croce,il sacrificio di Cristo.

Nella poesia di Tasso il tema è abbastanza diverso, dal momento che parliamo della partenza della donna amata. Tuttavia però il poeta umanizza la natura rendendola partecipe della sua malinconia e solitudine di amante; come se piangesse per la partenza della donna. Anche Pascoli fa uso della natura che rappresenta il paragone tra il padre e la rondine. E inoltre attraverso la natura stessa, mette in evidenza il male e la malvagità degli uomini.
YVONNE SGROI
sera prof..ecco il mio commento..

Il “X agosto”, scritta dal Pascoli nel 1896, parla della morte del padre del poeta, avvenuta il 10 agosto del 1867, un lutto che segna sia la sua vita che quella della famiglia. Con una serie di parallelismi e di corrispondenze il poeta innalza la sua vicenda personale ad un livello universale, facendone il simbolo dell’ingiustizia e delle vittime innocenti perseguitate dalla malvagità degli uomini e per sottolineare l’ingiustizia di quella morte fa riferimento all’uccisione di una rondine che torna al nido con la cena per i suoi figli. Dal punto di vista metrico è formata da sei quartine di decasillabi e novenari legati da rime alternate secondo lo schema ABAB. Le parole chiave sono: il nido che per Pascoli rappresenta la famiglia; il cielo che rappresenta la dimensione del divino che il poeta sente lontana dall’uomo;al cielo si ricollegano le stelle che rappresentano la perfezione e lo splendore, ma anche il dolore per il male del mondo; la rondine e l’uomo rappresentano le vittime ingiustamente uccise.

“Qual rugiada o qual pianto” , scritta da Torquato Tasso tra il 1562 e il 1567, è un madrigale formato da endecasillabi e settenari che rimano secondo lo schema ABAB- CDDC- EE- FF. Il tema principale è quello della partenza della donna amata del poeta che è esplicitato solo nei due versi finali, tutta la parte precedente è un “notturno” poetico nel quale Tasso umanizza la natura rendendola partecipe della sua malinconia e della sua solitudine d’amante. Gli elementi principali sono l’umanizzazione e la trasformazione. Nell’ oscurità della notte sull’erba scintilla la rugiada e nel silenzio si avverte la voce del vento, ma la sensibilità del poeta trasfigura le perle di rugiada in stille di pianto e il sussurro del vento, fa diventare le perle di rugiada = lacrime e il sussurro del vento = un gemito. Così la natura stessa, umanizzata sembra piangere per la partenza della donna. La notte assume i contorni di una creatura femminile che inonda di lacrime la terra. In questo gioco continuo di trasfigurazioni le gocce della rugiada si trasformano in stelle che impreziosiscono l’erba. I due elementi ricorrenti sono l’aria e l’acqua che hanno come caratteristica la mobilità che li fa apparire animati e quindi facilmente umanizzabili.
ANTONELLA SALVA'
Sera prof!!!

La famosissima poesia “X Agosto” di Pascoli è una delle opere più celebri del poeta italiano Giovanni Pascoli, grande esponente della corrente del simbolismo e del movimento letterario del decadentismo. Tratta dalla raccolta Myricae, essa è dedicata alla morte del padre, assassinato in condizioni misteriose il 10 agosto del 1867. La poesia è una fitta rete di simboli, che richiamano la sua visione pessimistica della vita e il suo ricorrente concetto del “nido”, inteso sia come dimora che come nucleo famigliare. Il primo vero simbolo si può ritrovare già nel titolo: il 10 agosto, rievoca il giorno della morte del padre di Pascoli e la notte di San Lorenzo, famosa per le sue stelle cadenti. Il poeta vede questo particolare e splendido fenomeno naturale in modo completamente diverso e con gli occhi di un uomo sofferente e rattristato, che riconosce nelle comete le lacrime di un grande pianto, quello di un cielo disperato e deluso, proprio come Pascoli. Questo concetto viene evidenziato molto nella prima strofa, quando il poeta, evocando proprio San Lorenzo, spiega come vede la notte delle stelle cadenti: non come un particolarissimo fenomeno astronomico, ma come un grandioso pianto divino che interessa tutto il cielo e che in un certo senso fa compagnia al poeta che appare come un uomo deluso, tradito dal destino che ha agito in modo veramente crudele. Proprio in questa strofa riusciamo a percepire quale fu la cultura impartita al poeta: con le parole “tanto di stelle”, intravediamo una costruzione latina, il che presuppone un corso di studi classici, percorso che Pascoli effettivamente scelse. Con la strofa successiva, comincia la sua complessa rete di allegorie e di metafore: egli paragona alla morte del padre, quella di una rondine che doveva tornare al nido per nutrire i suoi piccoli, ma che essendo stata uccisa durante il tragitto, lascia i suoi “rondinini” affamati e purtroppo, morenti. Oltre a questa prima metafora superficiale, il poeta introduce altri elementi rilevanti in questa strofa: nel verso 5 utilizza la parola “tetto” per descrivere il nido, questa volta in senso letterale e non come metafora dell'ambiente famigliare; evidentemente questa espressione è collegata a quella della fine del verso 13, in cui invece utilizza il vocabolo “nido” proprio nel modo appena citato, volendo cioè esprimere il senso di protezione che la dimora umana trasmette e soprattutto il concetto di “nucleo famigliare” che in questo caso sta attendendo con ansia il ritorno del padre.
Mentre nel madrigale "Qual rugiada o qual pianto" di Tasso gli elementi della natura, celesti e terreni, sono presentati prima nel loro oggettivo e poi nell'interpretazione soggettiva del poeta, che li legge quali riflesso del proprio dolore. Tutto il comportamento è soffuso di una dolce malinconia, grazie anche agli accorgimenti metrici e retorici usati dal poeta :
- Enjambement: che provoca un rallentamento del ritmo e una frammentazione della sintassi
- Le inversioni sintattiche rispetto al normale ordine delle parole
- La ripetizione di alcuni termini (
"qual...qual...quai", "perché".
- La frequenza delle rime baciate tra endecasillabi e settenari , che provocano un effetto di eco,
- Musicalità della poesia accentuata dall'uso di allitterazioni.
Il modo con cui il poeta di pone rispetto al mondo della natura è essenzialmente riflessivo; egli interpreta cioè gli elementi naturali come specchio della propria realtà interiore e attribuisce loro degli atteggiamenti umanizzati.
RICCARDO SPADARO
Salve prof,
ecco qui il mio commento:
Il X agosto è stato scritto da Pascoli nel 1896. Questa poesia parla della morte del padre del Pascoli, morto il 10 agosto del 1867. Con una serie di parallelismi e di corrispondenze il poeta dilata la sua vicenda personale proprio su ciò,facendone il simbolo della malvagità del mondo di cui sono vittime gli esseri più deboli e innocenti e per sottolineare l’assurdità di quella morte la paragona all’uccisione di una rondine che torna al nido con la cena per i suoi figlioletti. Questa poesia è formata da sei quartine di decasillabi e novenari legati da rime alternate secondo lo schema ABAB. Le parole chiave sono: il nido che per Pascoli rappresenta la famiglia con tutto ciò che in essa vi è di protettivo; il cielo che rappresenta la dimensione del divino che il poeta sente lontana dall’uomo e incapace di correggere i sbagli del mondo; le stelle che rappresentano la perfezione e lo splendore ma anche la pietà e il dolore per il male del mondo; la rondine e l’uomo perché entrambi sono stati uccisi senza un motivo mentre la poesia Qual rugiada o qual pianto è stata scritta da Torquato Tasso tra il 1562 e il 1567. E’ un madrigale formato da endecasillabi e settenari che rimano secondo lo schema ABAB- CDDC- EE- FF.
Il tema principale è quello della partenza della donna amata dal Foscolo che viene espresso solo negli ultimi due versi, mentre nei versi precedenti appare la natura come protagonista della sua malinconia. Le componenti dominanti del madrigale sono l’umanizzazione e la trasformazione. Nell’ oscurità della notte, sull’erba scintilla la rugiada e nel silenzio si avverte la voce del vento, ma la sensibilità del poeta trasfigura le perle di rugiada in stelle di pianto e il sussurro del vento in un gemito insistente. E’ come se la natura stessa, umanizzata, piangesse per la partenza della donna inoltre La notte assume anche i contorni di una creatura femminile che inonda di lacrime la terra e in questo giro continuo di trasfigurazioni le gocce della rugiada si trasformano in stelle che impreziosiscono l’erba e vengono paragonate alle lacrime del poeta.
SAVERIO FERRARA

La poesia il X agosto è stata scritta da Giovanni Pascoli nel 1896, nella poesia rievoca la morte del padre avvenuta nel 1807, una avvenimento che segnò profondamente la vita di Pascoli e di tutta la sua famiglia. Pascoli paragona la morte di suo padre con la morte di una rondine che torna al nido mentre porta il cibo ai suoi rondinini. Il tema principale della poesia è il nido, infatti per il poeta il nido rappresenta la famiglia intesa come luogo di pace e conforto, come rifugio per sfuggire agli orrori del mondo. Nella lirica sono presenti parallelismi e corrispondenze: il primo è il nido, già visto, e quindi inteso come tetto e luogo di protezione; un altro termine fondamentale è "il cielo" che rappresenta la dimensione del divino che il poeta sente lontana dall'uomo e incapace di correggere le storture del mondo. Al cielo si ricollegano le stelle che simboleggiano sia la luce e lo splendore ma anche il dolore (pianto di stelle) per il male del mondo; e infine "la rondine e l'uomo". Nella poesia tutte le vittime uccise ingiustamente dalla malvagità del uomo, richiamano il sacrificio di Cristo, cosa che si può ritrovare anche nella figura della rondine con le ali aperte che ricorda la croce.

La poesia di Tasso ha un tema diverso rispetto alla poesia di Pascoli perchè tratta della partenza della donna amata. Il poeta, utilizza la natura usandola per esprimere la malinconia e la solitudine di un amante, elementi della natura per descrivere il suo stato d’animo. Anche nelle poesia di Pascoli è presente la natura, infatti Pascoli usa la rondine per descrivere la morte di suo padre e grazie alla natura mette in evidenza la malvagità dell’animo umano.













giovedì 17 aprile 2008

La notte di Lucia (Cap.XXI- Per sabato 19)



Lucia, che dopo il rapimento è stata condotta al castello dell'Innominato e ha incontrato il signore di quel luogo, è affidata alle cure di una vecchia indurita. Cala la notte: la giovane alterna il sonno alla veglia, fra terrori e pensieri angosciosi. Raggomitolata in un angolo di una stanza, trova la forza di pregare la Madonna: le promette in voto di rinunciare , se si salverà, al matrimonio.Trova così pace e si addormenta.E' stato detto che in questo capitolo Lucia diventa un docile strumento della Provvidenza.
Discutete questa affermazione, dimostrandone la validità e la coerenza rispetto al modo d'intendere e di vivere la fede da parte di Lucia.
In questo contesto,la decisione di pronunciare un voto vi sembra condivisibile?

Nella notte della conversione il signore del castello, abbandonandosi finalmente al fascino dell'immagine carismatica di Lucia, si era trovato nella condizione di aspettare "ansiosamente il giorno", per andare , anzi per "correre" a liberare la sua vittima, per" sentire dalla bocca di lei altre parole di refrigerio e di vita" e lo farà , impacciato," con una certa gentilezza quasi timida".L'uomo nuovo che è cresciuto dentro di lui, come giudica il rapimento di un'innocente e poi,, via via, tutta la propria vita?

GIADA GIUFFRIDA

Il XXI capitolo dei Promessi sposi ha una sua unità strutturale. E' organizzato attorno ai ricordi che tumultuosamente segnano, dopo il rapimento, la mente di Lucia e dell'Innominato, condannato a riconsiderare il senso della sua vita, trascorsa tra mille brutalità e soprusi. In entrambi i casi, il ricordo delle esperienze dolorose, in cui i due personaggi sono stati coinvolti ( Lucia come vittima del rapimento e l'Innominato come responsabile dello stesso ) ha il potere di mutare il loro atteggiamento verso il futuro.
Lucia si affida alla preghiera che fa rinascere in lei la speranza e con spirito di sacrificio decide di offrire il suo amore per Renzo alla Vergine, facendo voto di rinunciare per sempre al matrimonio. Tutto ciò spiega la fiducia incrollabile della giovane nella Provvidenza, nonostante la “desolazione” del suo stato d’animo: il gesto non deve essere interpretato come segno di una religiosità superstiziosa, ma come l’ulteriore dimostrazione di una fede che è soprattutto colloquio, comunicazione con Dio.
L’Innominato vorrebbe redimere se stesso e cancellare il suo passato sanguinoso; privo di fede, vive un profondo travaglio,perché la conquista dell’uomo “nuovo” deve passare attraverso un doloroso esame di coscienza, condotto con implacabile rigore fino a contemplare una possibile vita oltre la morte e, di conseguenza, l'esame del giudizio divino.
La conversione dell'Innominato è un atto ancora più imprevedibile ed eversivo per la logica del Seicento: da oppressore diviene protettore degli oppressi, rinnegando uno stile di vita estremamente peccaminoso ed ergendosi a personaggio estremamente positivo nel romanzo .

SAVERIO FERRARA

Nel XXI capitolo dei promessi sposi troviamo sia Lucia che l’Innominato ,personaggi accomunati da una"prova", infatti ambedue nel corso di una notte riconsiderano il senso della loro vita.La prova notturna può essere vista come una metafora, in termini terreni delle sofferenze patite da Cristo. Come si intende dall’affermazione “Lucia diventa un docile strumento della Provvidenza” in questo capitolo Lucia sarà la persona che farà scattare nell’Innominato una profonda riflessione sul senso della sua vita e delle sue azioni trascorse "lo smarrimento dell'indole antica" . Lucia, dopo il rapimento,percorre due vie :una verso la disperazione e l'altra quasi una "risalita" verso la speranza .Si affida alla preghiera che la aiuta a sperare in un futuro migliore, nonostante tutto , e arriva perfino ad offrire il suo amore per Renzo alla Vergine, facendo voto di castità.In questo atto possiamo notare la fede rigorosa di Lucia che, nella mente del signore del castello si trsforma in colei "che dispensa grazie e consolazioni". Nel contempo, l’Innominato colpito dalla figura di Lucia, cerca di recuperare il temperamento di un tempo, ma ogni pensiero di imprese criminose gli riesce sgradevole. Il futuro gli si presenta privo di interesse e il passato diventa una fonte inesauribile di rimorsi. Giunto ormai alla disperazione, si appresta al suicidio,"andava alzando e abbassando, con uma forza convulsiva del pollice, il cane della pistola..", ma l'eventualità di una vita eterna lo induce a desistere. Durante la notte angosciosa nell’Innominato avviene un cambiamento importante che lo porterà a diventare da “cattivo” a “buono”, infatti la sera stessa decise che l’indomani avrebbe liberato Lucia.

CONCETTA RUSSO
I pianti e le implorazioni di Lucia dopo il rapimento spaventano il Nibbio,braccio destro dell' innominato che di fronte a Lucia spaventata prova "compassione". La sua pietà spaventa l’Innominato "Non la voglio in casa costei" dice a se stesso dopo l'incontro col Nibbio, ma poi decide di iconoscere Lucia. Il colloquio con Lucia lo turba profondamente , si aspettava lacrime e preghiere ma non tanta dignità penetrare nel suo animo. Lascia la ragazza che diventa per lui un'immagine ossessiva e durante la notte il suo turbamento muta in una vera e proprio crisi di coscienza.Infatti ,mentre Lucia, durante la notte angosciosa trascorsa nel castello dell'innominato, prende una decisione di estrema importanza e cioè far voto di castità alla Madonna e rinuncia per sempre a Renzo , l’Innominato è assalito dall’idea del suicidio e dalla profonda disperazione. Infine attinge dalle parole della vittima oppressa “Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!” una “lontana speranza” e si risolleva, nell’attesa ansiosa del giorno per correre a liberarla. Secondo me, in queste circostanze, è condivisibile la scelta di pronunciare un voto.

RICCARDO SPADARO

Il XXI capitolo dei Promessi Sposi è costruito sui ricordi che segnano, dopo il rapimento,svariate occasioni di pentimento di Lucia e dell'Innominato che rimpiange tutti i suoi peccati commessi precedentemente il colloquio con Lucia . In entrambi i casi il ricordo delle esperienze dolorose dei due permette la trasformazione del loro atteggiamento verso il futuro.
Lucia ,essendo prigioniera dell'Innominato, non vede altra scelta che affidarsi alla preghiera e conseguentemente, al voto di castità verso la Madonnacon la rinuncia per sempre al matrimonio con Renzo.
Questa situazione, quindi ,di reclusione dall'esterno la conduce verso una via fondata soltanto sulla Provvidenza e non più verso l'amore per Renzo.
Mentre l’Innominato vorrebbe sopprimere il suo passato sanguinoso; privo di fede e di buone azioni deve passare attraverso un doloroso esame di coscienza dopo il colloquio avvenuto con Lucia, gli tornarono in mente parole che aveva sentite e risentite, poche ore prima:"Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia! " avrebbe avuto modo di cancellare tutti i suoi peccati e vivere una seconda vita dopo la morte.Così, dopo aver passato la notte insonne , quasi come una prova di passione , morte e resurrezione del Cristo,ecco la risalita e il desiderio del bene "Aspettava ansiosamente il giorno, per correre a liberarla " il giorno seguente in modo da sperare il perdono e la nascita di un "uomo nuovo" e la decisione di dare una svolta alla sua vita facendosi protettore degli oppressi.

CHARLIE GRIOLI


Il capitolo XXI rappresenta il capitolo della svolta nella vicenda del romanzo. Infatti avviene l’incontro tra Lucia e l’innominato, altro personaggio chiave del romanzo. Lucia ,dopo essere arrivata al castello, viene accolta dalla vecchia serva dell’innominato. Lei è molto spaventata e preoccupata e tutto ciò la porta a ritrovare una religiosità che aveva dimenticato. Lucia, dopo il colloquio con l’innominato ( molto impressionato dalla fanciulla dalla quale si aspettava lacrime e preghiere e non tanta fermezza e capacità di penetrare il suo animo), resta in una condizione di dormiveglia con pensieri angosciosi. Risvegliatosi completamente ,inizia a pregare e fa voto di castità alla Madonna rinunciando per sempre a Renzo e, dopo essersi tranquillizzata, si addormenta.Per quanto riguarda la figura dell’innominato, è un personaggio dal passato oscuro, pieno di imprese criminose che diventano fonte di rimorsi e e d'inquietudine per il futuro. La figura centrale del capitolo è certamente quella dell’innominato che, dopo aver preso la decisione di vedere Lucia , al confronto con lei si mostra come un “pover’uomo”. Egli è ormai un uomo diverso dal mascalzone di un tempo, che penserà anche al suicidio dopo essere giunto al culmine della disperazione, ma che troverà nelle parole di Lucia la sua salvezza. Il pensiero di Dio e le parole di Lucia sono senza dubbio gli elementi che hanno fatto accelerare il processo della sua conversione e che lo salvano e gli mostrano la via della misericordia e del perdono, ma questa salvezza ha come presupposto quell’altra vita di cui gli avevano parlato molto da giovane. Infatti è proprio per quest’altra vita che egli non si suicida, poiché capisce che la morte non sarebbe una soluzione ai suoi problemi. La sua sofferenza proviene dalla consapevolezza di aver trascorso la sua vita, piena di crimini, nel peggior dei modi. Egli, però, grazie al nuovo sentimento scaturito dalle parole di Lucia ( “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”) risale verso una nuova speranza di salvezza, a cui giungerà attraverso la fede.
YVONNE SGROI
Nel XXI troviamo sono presenti sia la figura di Lucia che quella dell’Innominato. Questi due personaggi hanno in comune la riconsiderazione, in una notte, della loro vita. In entrambi i casi, il ricordo delle esperienze dolorose ha il potere di modificare il loro atteggiamento verso il futuro.
Lucia si affida alla preghiera che fa rinascere in lei la speranza e decide di rivolgere il suo amore per Renzo alla Vergine, facendo voto di rinunciare per sempre al matrimonio. Tutto ciò spiega la fiducia incrollabile della giovane nella Provvidenza.
L’Innominato vorrebbe cancellare per sempre il suo passato; senza la fede, il futuro si presenta senza interesse e il passato diventa motivo di rimorsi. Giunto ormai alla disperazione, si appresta al suicidio, "E se c'è quell'altra vita...! A un tal dubbio gli venne addosso una disperazione più nera", così il pensiero di una vita eterna lo porta a resistere.
Durante la notte avviene un cambiamento molto importante per l’innominato: la conversione. Questo è un atto ancora più imprevedibile per la logica del Seicento: da oppressore diviene protettore degli oppressi, decidendo così di liberare Lucia, gli tornarono in mente parole che aveva sentite ee risentite poche ore prima:" Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia!".
ANTONELLA SALVA'

Sera prof...

Il capitolo XXI rappresenta il punto focale per lo sviluppo della narrazione dei fatti e mostra l’incontro tra l’Innominato e Lucia: il persecutore e la sua vittima. Conclusasi la Renziade, la protagonista della scena è ora Lucia, al termine della cui vicenda l’autore non tratterà più dei singoli vissuti dei personaggi, ma di forze superiori alla portata dei protagonisti, quali la guerra, la peste, la carestia.
Solo apparentemente paragonabile a quella di un romanzo di appendice, ricco di suspense, la situazione che vede l’incontro tra l’Innominato e Lucia non è basata su un tema galante: infatti l’Innominato non vede in Lucia una donna, ma una creatura che desta pietà. Non solo questi due personaggi presentano numerose analogie, ma sono anche posti sullo stesso piano: entrambe le anime sono sconvolte da una devastante sofferenza, sebbene in verità sia causata da motivazioni alquanto differenti. Lucia con le sue parole esce vincitrice dal confronto verbale con l’Innominato; solo ora è comprensibile che la sua implorazione nei confronti dei bravi non è stata inutile, anzi, muovendo a compassione il Nibbio, è riuscita a destare interesse nell’Innominato. Le parole di Lucia toccano alcune delle tematiche già affrontate dall’autore, come la giustizia e la pietà sentimenti che incideranno nell’Innominato (mentre invece non li percepisce la vecchia), non avendo preconcetti nei suoi riguardi. Lucia rivolge all’Innominato parole cariche di forza che causeranno grazia al suo persecutore, ma in lei non c'è rassegnazione perchè durante la notte angosciosa trascorsa nel castello, Lucia prende una decisione di estrema importanza, fa voto di castità alla Madonna e rinuncia per sempre a Renzo.

SANDRO DEL POPOLO

Salve prof,
ecco il mio post sul capitolo 21:

il capitolo 21 è un capitolo di svolta in tutto il romanzo perchè avviene un episodio chiave di tutto il romanzo.Si apre con l’arrivo di Lucia nella dimora dell’Innominato. Ella viene affidata ad una signora che in tutti i modi cerca di rassicurarla, ma non ci riesce. Nel frattempo ,il Nibbio va a riferire al proprio padrone di Lucia che in lui ha suscitato un forte senso di compassione. L’innominato ,in una situazione conflittuale alle prese con i suoi trascorsi terribili , si pone continue domande sull'aldilà e prova sentimenti contrastanti..Le conseguenze dell'incontro con Lucia saranno davvero importanti. Intanto Lucia, durante la notte passata in dormiveglia,non riesce a trovare conforto e rifugiata in angolo della stanza trascorre la notte piangendo ma riesce a trovare conforto solo nella preghiera e trova pace nella promessa di castità alla Madonna, sacrificando così il suo amore per Renzo. Lucia è vista dai critici come uno strumento della provvidenza per la figura dell'innominato . Egli è sempre stato un uomo malvagio che non ha avuto scrupoli nel compiere azioni sbagliate , ma la notte trascorsa nel dolore , nei ripensamenti sembra quasi una "discesa" agli inferi e le parole di Lucia impresse nella sua mente costituirsanno la" risalita" verso la speranza . Così decide di liberare la giovane ragazza.Questo è un episodio in cui la figura dell’Innominato da oppressore diviene liberatore e protettore e culminerà nell' atto di misericordia. Ovviamente questo suo cambiamento ribalta tutte le sue azioni crudeli commesse in passato per le quali prova rimorso e vergogna.

lunedì 14 aprile 2008

Leopardi "Il sabato del villaggio" Per Martedì 22


La donzelletta vien dalla campagna (vv.1-15)
in sul calar del sole,
col suo fascio dell'erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni nell'età piú bella.(vv.16-37)
Già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giú da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,(vv.38-51)
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

ANALISI


Sono presenti numerose figure retoriche :
Metafore: la giovinezza è espressa con "età fiorita", "età bella", "stagion lieta";
Litote: "altro dirti non vo' " fa capire l'intenzione di Leopardi di non demoralizzare i giovani;
Climax: I personaggi sembrano realizzare un climax prima crescente dopo decrescente: la donzelletta (gioventù)- la vecchiarella (vecchiaia)- lo zappatore (età matura)- il garzoncello (gioventù);
Enjambements : spezzano il ritmo (la sega/ del legnaiuol) , (diman tristezza e noia/ recheran l'ore);
Similitudini: "cotesta età fiorita è come un giorno d'allegrezza pieno";
Metonimie: " torna azzurro il seren"; " or la squilla dà segno della festa che viene" .
Nella prima parte della poesia si notano allitterazioni con doppie (donzelletta, vecchiarella, novellando, sulla, bella, colli...) o con dittonghi (giorno-, chiaro- ciascuno -gioia- stagion, pien- pensier- lieta), assonanze ( campagna- calar- ornava- sana- danzar- aria- parca...;siede- parole- recente- sette- speme, incontro- giorno- riposo- scherzoso ), consonanze (face- seco- reca, affretta- tutta- tetti- frotta- tutto- sette, fanciullo- bella- garzoncello, azzurro- precorre, onde- quando) e rime (sole- viole- suole, appresta- festa, crine- vicine, snella- bella, imbruna- luna, gridando- saltando, rumore- zappatore, face- tace ). L'uso continuo di diminutivi (donzelletta- vecchiarella- garzoncello) evidenzia una tenerezza del poeta verso i suoi personaggi. In particolare si nota una spiccata delicatezza per gli adolescenti . Alcune annotazioni scandiscono il passar del tempo :"in su calar del sole" ;" già tutta l'aria imbruna " ; " torna azzurro il seren, e tornan l'ombre " ; " or la squilla…" ; "Poi quando intorno è spenta…"
1. una situazione ("il cor si riconforta"): descrive ciò che accade nel villaggio la sera del sabato. I personaggi sono tutti umani; la descrizione è organizzata in scene che si legano al tempo: dal calar del sole al buio profondo.

2. un commento ("di sette è il più gradito giorno"): è conseguenza della situazione, vista come esempio di una condizione umana generale.

3. un'esortazione ("godi fanciullo mio"): è conseguenza della situazione del commento. L'umanità si comporta così il sabato (situazione), perché è il giorno più gradito (commento) e per tanto godi (esortazione). Il Poeta ribadisce il concetto della non esistenza della felicità: il piacere è quiete dell'affanno, attesa, delusa, della gioia.

CONFRONTO E PRODUZIONE

La quiete dopo la tempesta(vedi pag.165) e Il sabato del villaggio, comunemente definiti gli "idilli del borgo", hanno una struttura compositiva molto simile.Confrontate i due testi e sviluppate i risultati del confronto in un testo espositivo sia in forma scritta che orale.
CONCETTA RUSSO

Sia "la quiete dopo la tempesta" che "il sabato del villaggio" sono state scritte nel 1829. Queste due poesie sono le più note di Leopardi e presentano la stessa struttura compositiva. Entrambe hanno come forma metrica la canzone libera: la prima è costituita da tre strofe di settenari e endecasillabi variamente alternati e rimati, la seconda invece da quattro strofe. Entrambe affrontano il tema della illusorietà della felicità che non esiste mai in positivo, come godimento presente e reale nella vita dell'uomo, ma è percepita sempre in negativo come cessazione di un dolore (come nella prima poesia) o come un'attesa di un bene futuro ( come la seconda poesia).
La quiete dopo la tempesta si divide in due parti: la prima è descrittiva, infatti viene descritta la vita del poeta del borgo dopo la tempesta; la seconda, che comprende la seconda e terza strofa, invece è meditativa, infatti vi è un'amara riflessione del poeta e un'amara ironia nei confronti della natura.
Anche nel sabato del villaggio Leopardi raffigura la condizione dell'uomo al quale è sempre negata la felicità del presente, attraverso un' alternanza di toni descrittivi e meditativi. Nelle prime due strofe vi è la descrizione dell'atmosfera di lieta attesa che regna nel borgo la sera precedente il giorno festivo. Nelle ultime due invece vi è una riflessione del poeta che propone la malinconia della descrizione precedente e invita tutti a godere la giovinezza.
WVONNE SGROI
sera proff..

"la quiete dopo la tempesta" e "il sabato del villaggio" sono le poesie più note di Leopardi e presentano la stessa struttura compositiva. Tutte e due hanno come forma metrica la canzone libera: la prima è costituita da tre strofe di settenari e endecasillabi variamente alternati e rimati, la seconda invece da quattro strofe di settenari e endecasillabi variamente alternati e rimati. Ambedue affrontano il tema dell’illusorietà della felicità che non esiste mai in positivo, come godimento presente e reale nella vita dell'uomo, ma è percepita sempre in negativo come fine di un dolore ("la quiete dopo la tempesta") o come un'attesa di un bene futuro ("il sabato del villaggio").
La quiete dopo la tempesta presenta una struttura bipartita: la prima è descrittiva, infatti viene descritta la vita del poeta nel borgo dopo la tempesta; la seconda, che comprende la seconda e terza strofa, invece è meditativa e il poeta vi fa una riflessione sulla natura.
Anche nel sabato del villaggio, Leopardi raffigura la condizione dell'uomo al quale è sempre negata la felicità del presente. Nelle prime due strofe, il poeta descrive l'atmosfera di lieta attesa che si ha nel borgo la sera che precede il giorno festivo (appunto il sabato). Nella terza strofa, il poeta annuncia un’amara verità: l’attesa della felicità sarà delusa e la gioia del sabato sarà seguita della noia del giorno festivo. Nell’ultima strofa si ha un dialogo in cui si evidenzia l'analogia tra la successione dei giorni settimanali con le età della vita: il sabato ,il giorno più bello della settimana , simboleggia l’adolescenza l'età più spienserata della vita.

CHARLIE GRIOLI
“La quiete dopo la tempesta” e “ Il sabato del villaggio” sono due canti nati pressoché contemporaneamente nel settembre del 1829. Un borgo che muta aspetto , un paesaggio caro e vivo solo nella memoria, stanno al centro delle due poesie: il ritorno della pace e il sorriso rasserenato del cielo dopo un temporale, nel primo; nel secondo, il lieto ardore di contadinie di artigiani,fanciulli alla vigilia di un atteso e desiderato giorno festivo. L’opera “La quiete dopo la tempesta” si può dividere in due parti: nella prima, il poeta descrive la quiete del paesaggio e l’intraprendenza delle persone dopo la tempesta nella seconda ,invece ,subentra la riflessione del poeta: il piacere non esiste in sé, non è altro che un momento di passaggio tra due momenti di dolore. I temi quindi sono due: la natura nemica e il piacere visto come un momento di passaggio dopo il dolore. La poesia è un canto libero, costituito da tre strofe di endecasillabi e settenari distribuiti in modo irregolare. Sono presenti anche alcuni enjambement che mettono in evidenza le parole tematiche della poesia. Per quanto riguarda l’opera “Il sabato del villaggio” anche questo canto si divide in due parti: nella prima parte il poeta descrive come viene vissuto il giorno festivo del sabato al villaggio; la parola sabato è una metafora che indica la giovinezza , secondo Leopardi, l’età delle illusioni, nella seconda parte viene descritta la domenica che invece indica l’età adulta che è l’età delle disillusioni. Secondo il poeta infatti il sabato è migliore della domenica perché viene vissuto con felicità e gioia pregustando il successivo giorno festivo . La domenica ,invece,viene vissuta con noia e tristezza perché si pensa al giorno successivo , cioè un giorno lavorativo. Nella parte finale dell’opera si evidenzia quella fase del pessimismo cosmico dell'autore che coinvolge tutta l'umanità. . L’opera è costituita da versi di endecasillabi e settenari con rime libere.
MANILA TROVATO

Le due poesie “La quiete dopo la tempesta” e “il sabato del villaggio” sono state scritte da Giacomo Leopardi nel 1829. Entrambe affrontano un tema molto caro per il poeta cioè l’illusorietà della felicità, che viene sempre percepita in modo negativo, come attesa di un bene o come cessazione di un dolore; e non in modo positivo, come godimento presente e reale della vita dell’uomo.
Nella poesia”la quiete dopo la tempesta” viene descritta, nella prima parte, un momento della vita del borgo dove dopo un temporale estivo nel momento in cui vengono riprese le attività quotidiane, invece, nella seconda parte ,troviamo un’amara riflessione del poeta, seguita da un’ amara ironia, nei confronti della natura.
Nella seconda poesia “il sabato del villaggio” troviamo, nelle prime due strofe, la descrizione dell’atmosfera di lieta attesa e, nelle altre due, l’intervento del poeta il qualemanifesta malinconica e universale realtà(fase del pessimismcosmico). Riscontriamo anche una contrapposizione tra la speranza (donzelletta) e la realtà ( vecchierella)e queste due figure sottolineano la misura del tempo trascorso, infatti, la donzelletta è proiettata nell’attesa di una gioia futura, mentre la vecchierella può solo ricordare i tempi felici.
ANDREA MUSCOLINO
Entrambe sono le poesie più famose di Leopardi e sono state scritte nel 1829.
Tutte e due hanno come forma metrica la canzone libera.
Ne"La quiete dopo la tempesta":il poeta descrive,con tono di festosa esultanza, la vita serena di Recanati, che riprende più operosa ed animata, dopo le violenze del temporale. La seconda parte del canto si risolve, peraltro, in una dolorosa meditazione sull' inesorabile infelicità del genere umano, la cui unica gioia consiste esclusivamente nella cessazione del dolore (> ) Genere: poesia dell' idillio Le tematiche consistono nella concezione del piacere e ,di conseguenza, la cessazione del dolore.
Ne "Il sabato del villaggio"il realismo di Leopardi è presente nella parte descrittiva dal verso 1 al 37; il poeta ci presenta una serie di quadri attraverso impressioni visive e uditive . Nel primo caso descrive la donzelletta col fascio d'erba e un mazzolino di rose e viole ;la vecchierella che fila e racconta alle vicine i giorni della sua giovinezza; l'aria che imbruna ; le ombre che scendono e la luna che biancheggia. Tra le impressioni uditive c'è la campana che suona, le grida e il “lieto rumore” dei fanciulli , il picchiettare del martello e il rumore della sega del falegname. Leopardi afferma che il sabato è il più bel giorno della settimana , perché momento di attesa dell'imminente festa così come la giovinezza è l'età più lieta , perché precorre alla festa della vita , che poi risulterà diversa dalla speranza. Il piacere sta nell'attesa di una felicità, che poi risulterà illusoria , per questo la giovinezza è l'età più felice alla quale seguirà l'età matura che porterà soltanto tristezza e noia
STEFANO CONTI

"Il sabato del villaggio " e "la quiete dopo la tempesta" sono state scritte nel 1829. Queste due poesie presentano la stessa struttura compositiva. Entrambe hanno come forma metrica la canzone libera: la prima di quattro strofe invece la seconda è costituita da tre strofe di settenari ed endecasillabi variamente alternati e rimati.Presentano il tema dell’ illusorietà della felicità che non esiste mai in positivo, ma è percepita sempre in negativo come cessazione di un dolore (La quiete dopo la tempesta) o come un'attesa di un bene futuro (il sabato del villaggio).
Nella prima lirica le prime due contengono la descrizione dell’atmosfera di lieta attesa che regna nel borgo la sera precedente il giorno festivo; le altre due hanno carattere meditativo e racchiudono l’intervento del poeta il quale trae dalla precedente descrizione una malinconica e universale verità che rientra nella fase del pessimismo cosmico del suo pensiero. La quiete dopo la tempesta, al di là della divisione metrica in tre strofe, presenta a livello tematico una struttura bipartita. La prima parte, che coincide con la prima strofa, è descrittiva; la seconda, che occupa le altre due strofe, è meditativa.
MANUELA CASELLA

Il piacere consiste solo nella proiezione nel futuro di una gioia che poi non si realizzerà, è quindi tutto illusione e non realtà.
Questo è in poche parole il concetto che viene espresso in entrambi le poesie attraverso una serie di immagini paesaggistiche che presentano la semplicità della vita quotidiana del paese, l’uno vivace e gioioso nell’attesa del giorno di festa, l’altro nella ripresa dell’attività del borgo interrotta dalla tempesta. In entrambi le poesie tanti effetti visivi: i colori dei fiori, il cielo sereno, le luci del tramonto, le nubi e la nebbia che si allontanano.
A questi effetti subentrano tanti suoni: quello delle campane, le grida dei fanciulli, il fischiettare dello zappatore, il rumore delle botteghe e poi ancora il cinguettio degli uccelli, il verso delle galline... Tra tanti suoni e colori c’è “la vita” che scorre con i suoi personaggi: il garzoncello scherzoso cioè il fanciullo per il quale la vita è ancora un gioco: la donzelletta che rappresenta la fanciullezza (l’età dei sogni e della gioia dell’attesa) che per il poeta è come un sabato sereno e allegro che precede la festa della vita che verrà. Ed è proprio a questi adolescenti che il poeta si rivolge esortandoli a godere di questo momento gioioso della loro vita che precede l’età adulta senza volerla affrettare, credendo di trovare in essa la festa della loro vita. Infatti egli afferma chein futuro essa ( la vita) li deluderà poiché la felicità consiste soltanto nell’attesa e nel sogno. La felicità è solo attimo, che fugge via perchè una pausa del dolore. Quindi bisogna godere della giovinezza, assaporando tutte le gioie che essa porta senza tralasciare nulla perché essa non tornerà più e giungerà la vecchiaia mentre sul far della sera.a. Ancor prima che questo si verifichi passeranno tante gioie e dolori nella nostra vita ma dobbiamo sempre ricordare che subito dopo una tempesta ritorna la quiete e che dietro le nuvole c’è sempre il sole, quindi godiamoci la giovinezza prima che essa fugge via.

ANTONELLA SALVA'


Sera prof...

Il sabato del villaggio fu scritto dal Leopardi nel 1829 subito dopo "La quiete dopo la tempesta". Riprende e sviluppa lo stesso tema, tanto che si può considerare una sorta di dittico sia per le tematiche, sia per la forma, sia per il linguaggio poetico con cui furono scritte. In questi Canti, dopo una descrizione realistica dell'ambiente naturale e dopo la descrizione delle figure-simbolo il Leopardi passa alla sua riflessione personale, concludendo entrambi con un commiato di ammonimento a non farsi illusioni sulla natura.
Tuttavia rispetto al primo componimento, si osserva una rappresentazione più ampia del villaggio al calar della sera, tra voci, colori, luci ed ombre evocati con tocchi delicati ed espressivi. La sola strofa conclusiva, con l'apostrofe «Garzoncello scherzoso ...», rende esplicita, ma senza sottolineature amare o sentenziose, l'analogia tra il sabato e la giovinezza, e tra la domenica piena di «tristezza e noia» e l'età adulta.
Mentre ne" La quiete dopo la tempesta" il piacere della vita si riferisce agli elementi della natura stessa, ne "Il sabato del villaggio"il piacere della vita si riferisce alla società e alle tradizioni sociali: come non c'è tregua al dolore nella natura, così non c'è piacere nella società, perché la natura arriva presto a stroncare ogni forma di piacere e di illusione. Ma una grande differenza c'è tra i due finali: il finale della Quiete è drammatico e pessimistico, mentre il finale del Sabato è dolce e solo lievemente malinconico, con un invito a godere dei possibili piaceri della fanciullezza, prima che arrivi la giovinezza che darà dolori e a cui seguirà la terribile vecchiaia.La conclusione filosofica è affoidata a un colloquioaffettuoso con il "garzoncello"e invece di insistere sul vero che dissipa l'illusione e che è acerbo lo dissimula e così non c'è spazio per la polemica.
CARMELO BUCALO

I rispettivi canti, "La quiete dopo la tempesta" e "Il sabato del villaggio", sono stati scritti da Giacomo Leopardi rispettivamente nel 1829.
Entrambi presentano la stessa struttura compositiva, e affrontono lo stesso tema che al poeta è molto caro, dal momento che lo ha accompagnato nel corso della sua vita: vale a dire il tema del dolore, dolore causato dalla sua infanzia trascorsa sui libri e e nell'ambiente angusto della provincia. Di fatto per il poeta il vero piacere consiste o nella fine del dolore o nell'aspettazione di un bene, mai nel tempo presente.
La prima opera, "La quiete dopo la tempesta", presenta tre strofe, ma a livello tematico la si può suddividere in due strofe: la prima di tipo descrittiva in cui si ha la ripresa delle attività normali e quotidiane dopo un temporale estivo, la seconda invece di tipo meditativo in cui il poeta illustra la crudele legge della natura sintetizzata con l'espressione: "Piacer figlio d'affanno".
Anche ne " Il sabato del villaggio" le quattro strofe, si possono suddividere in base al loro scopo: le prime due di tipo descrittivo, in cui si ha la descrizione dell'atmosfera che regna nel borgo la sera prima del giorno festivo; le ultime due di tipo meditativo in cui il poeta esprime tutto il suo pessimismo. In questa poesia il poeta ci vuole far capire che il sabato viene vissuto con felicità e gioia dai giovani al pensiero che il giorno seguente sarà un giorno festivo. La domenica viene vissuta con noia e tristezza perché già si pensa al giorno seguente e a ciò che ci aspetta, il lavoro.

lunedì 7 aprile 2008

IL PASSERO SOLITARIO ( Per martedì 15)


Metro: Canzone libera, composta da tre strofe

diverse tra loro per numero di versi e schema. Rime o

assonanze liberamente disposte.


D'in su la vetta della torre antica,(vv.1-16)

Passero solitario, alla campagna

Cantando vai finché non more il giorno;

Ed era l'armonia per questa valle.

Primavera dintorno

Brilla nell'aria, e per li campi esulta,

Sì ch' a mirarla intenerisce il core.

Odi greggi belar, muggire armenti;

Gli altri augelli contenti, a gara insieme

Per lo libero ciel fan mille giri,

Pur festeggiando il lor tempo migliore:

Tu pensoso in disparte il tutto miri;

Non compagni, non voli,

Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;

Canti, e così trapassi

Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.

Oimè, quando somiglia (vv.16-44)

Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,

Della novella età dolce famiglia,

E te german di giovinezza, amore,

Sospiro acerbo de' provetti giorni,

Non curo
, io non so come; anzi da loro

Quasi fuggo lontano;

Quasi romito, e strano

Al mio loco natio,

Passo del viver mio la primavera.

Questo giorno ch'omai cede alla sera,

Festeggiar si costuma al nostro borgo.

Odi per lo sereno un suon di squilla,

Odi spesso un tonar di ferree canne,

Che rimbomba lontan di villa in villa.

Tutta vestita a festa

La gioventù del loco

Lascia le case, e per le vie si spande;

E mira ed è mirata, e in cor s'allegra.

Io solitario in questa

Rimota parte alla campagna uscendo,

Ogni diletto e gioco

Indugio in altro tempo: e intanto il guardo

Steso nell'aria aprica

Mi fere il Sol che tra lontani monti,

Dopo il giorno sereno,

Cadendo si dilegua, e par che dica

Che la beata gioventù vien meno.

Tu, solingo augellin, venuto a sera (vv.45-59)

Del viver che daranno a te le stelle,

Certo del tuo costume

Non ti dorrai; che di natura è frutto

Ogni vostra vaghezza.

A me, se di vecchiezza

La destata soglia

Evitar non impetro,

Quando muti questi occhi all'altrui core,

E lor fia vòto il mondo, e il dì futuro

Del dì presente più noioso e tetro,

Che parrà di tal voglia?

Che di quest'anni miei? che di me stesso?

Ahi pentirommi, e spesso,

Ma sconsolato, volgerommi indietro

Il passero solitario. Serve da prefazione agli idilli. Il canto è diviso in tre strofe, la prima e la seconda in cui si traccia il confronto fra il passero solitario e il poeta; la terza invece, in cui vengono indicate le differenze. Come il passero vive solitario e, pensoso, contempla il tripudio dei compagni e canta in disparte dall'alto della torre, così il poeta, mentre il paese è in festa, esce solitario alla campagna e rimanda ad altro tempo giochi e diletti. Ma, giunto alla fine della sua vita, il passero non si dorrà della sua solitudine, essa deriva dall'istinto, è frutto della natura; diversamente il poeta rimpiangerà di aver gettato il tempo migliore e si volgerà senza conforto al passato.

1 Dopo una prima lettura, riassumete il contenuto
informativo del testo (max 10 righe)


2 Perchè i versi dedicati alla"vecchiezza" del passero (vv 45-49) sono immuni dal linguaggio del vero?

3 La terza strofa è costruita su parallelismi sintattici, del tipo"Tu non ti dorrai", "A me.. che parrà?".Il loro valore è quello di saldare i due destini del passero e del poeta come nelle prime due strofe, oppure indica l'opposizione tra la spiensieratezza dell'uno e la disperazione dell'altro?
GIADA GIUFFRIDA

Questo componimento svolge uno dei temi più tipici di Leopardi, cioè quello della giovinezza che passa inesorabilmente. Il passero solitario,come dice il suo nome, trascorre il proprio tempo da solo, senza confondersi con gli altri uccelli nel volo e nel canto. E se tutti gli altri animali sembrano festeggiare la primavera, e cioè la stagione della giovinezza, il nostro passero se ne sta in disparte a cantare da solo. Il poeta si paragona al passero solitario: anche lui evita, proprio nella giovinezza, la compagnia dei suoi coetanei, né si cura del divertimento e dell’amore, anzi sembra volerli sfuggire. Ma ol poeta a differenza del passero ha un destino diverso: perché il comportamento del primo è dettato dall’istinto naturale, e quindi non avrà certo occasione di pentirsene, una volta invecchiato. Invece, per il poeta quando i giorni appariranno tutti uguali e privi di speranze rimpiangerà la giovinezza sprecata e si pentirà della sua scelta di una solitudine che la poesia rende melanconicamente più dolce.
N°3) Il valore dei parallelismi sintattici "Tu non ti dorrai", "A me.. che parrà?" indicano l'opposizione tra la spensieratezza dell'uno e la disperazione dell'altro, perché l’uccellino ha agito guidato dall’istinto naturale, invece il poeta rimpiangerà di non aver goduto della giovinezza.


CHARLIE GRIOLI

1)Tutta la poesia è incentrata sul confronto che il poeta stabilisce tra il proprio comportamento e quello del passero. Entrambi disdegnano la compagnia e i divertimenti, preferendo trascorrere il proprio tempo in solitudine , mentre la natura sembra vivere il suo più bel periodo: La Primavera. Ma anche se il loro modo di comportarsi è identico, diverso è il destino a cui andranno incontro: il passero infatti potrà morire senza rimpianti poiché in lui la scelta di vivere in solitudine è dettata da un istinto naturale, mentre il poeta, quando la giovinezza sarà irrimediabilmente finita, non potrà far altro che pentirsi di come è vissuto. Il poeta e il passero sono entrambi personaggi statici, e gli altri "augelli" e i coetanei di Leopardi sono in contrapposizione ai due personaggi principali. La poesia stabilisce una corrispondenza tra il tempo della natura e quello della vita umana. Il tema della vecchiaia è introdotto da un cambiamento dello scenario naturale, il tramonto che sopraggiunge sulla campagna. Quello che si vuole sottolineare è la transitorietà del tempo migliore della vita, e il rimorso di cui non lo vive e se ne esclude in modo volontario e inspiegabile.
3)Nella terza strofa si notano i parallelismi sintattici " Tu non ti dorrai", " A me…... Che parrà?" che indicano l'opposizione tra la spensieratezza del passero e la disperazione del poeta. Leopardi evidenzia come la vita solitaria del passero è stata dettata da un istinto naturale e dice anche come lui un giorno si pentirà di aver vissuto in questa maniera anche se è stata una sua scelta dettata dalla propria volontà.
CARMELO BUCALO

1) Il poeta, appunto come il passero solitario, vive pensoso, solitario, la giovinezza. Rispetto a tutti gli altri animali che sembrano festeggiare la primavera, il passero se ne sta solo cantando e volando in disparte ma, mentre il passero non soffre della sua solitudine, per indole naturale, e non avrà rimpianti al momento della morte, il poeta rimpiangerà invano di non aver goduto delle uniche gioie dell'esistenza e di aver sciupato la propria giovinezza e, quasi, di non aver vissuto.
2) Il tema della vecchiaia viene introdotto attraverso un quadro paesaggistico, in cui il tramonto sopraggiunge sulla campagna. Si rafforza così la corrispondenza, molto cara al Leopardi, tra il giorno di festa e la stagione felice della vita, che volge al termine, e tra l’anno di vita del passero e la sua stagione migliore, la primavera.
3) Il valore di questi parallelismi sintattici ("Tu non ti dorrai", "A me.. che parrà?"), hanno valore di opposizione tra la spiensieratezza dell'uno e la disperazione dell'altro. Lo si può capire perchè il passero ha agito secondo la sua natura, e non avrà nessun rammarico, mentre il Leopardi si rimpiangerà il periodo più bello della vita dal momento che è consapevole di non averlo vissuto
ANTONELLA SALVA'
Sera prof...

Il Tema di questa poesia è il parallelo che il poeta stabilisce tra il proprio comportamento e quello del passero. Entrambi disdegnano compagnia e divertimenti, preferendo trascorrere il proprio tempo in solitudine, mentre la natura sembra ridestare il suo più bel periodo: la Primavera e Recanati è in Festa. Ma anche se il loro modo di comportarsi è identico, diverso è il destino a cui andranno incontro: il passero potrà morire senza rimpianti, perché in lui la scelta di vivere in solitudine è dettata da un istinto naturale, mentre il poeta, quando la giovinezza sarà irrimediabilmente finita, non potrà far altro che pentirsi della vita trascorsa. Il Poeta e il passero sono entrambi dei Personaggi “Statici”, e gli altri “Augelli” e i coetanei di Giacomo sono in contrapposizione tutti dei personaggi "Dinamici." Il Componimento presenta due sfere lessicali: la “Solitudine” e “L’Ambito giocondo”, così lo possiamo suddividere in tre parti: la Prima racchiude la “Vita del Passero”, la Seconda la “Vita del Poeta”, e la Terza il “Confronto tra i loro diversi costumi di vita e gli esiti finali”.
RICCARDO SPADARO
1)Il passero solitario di Giacomo Leopardi parla del poeta che, appunto come il passero solitario, vive pensoso e in solitudine la giovinezza piuttosto che festeggiare la vita ,durante la sua stagione preferita,ovvero la primavera . Rispetto a tutti gli altri animali che sembrano festeggiare la primavera, il passero se ne sta solo cantando e volando in disparte ma, mentre il passero non soffre della sua solitudine e non avrà rimpianti al momento della morte, il poeta rimpiangerà invano di non aver goduto delle uniche gioie della sua giovinnezza e di aver sciupato la propria gioventù.
2) Il tema della vecchiaia viene introdotto attraverso un quadro paesaggistico, in cui il tramonto arriva sulla campagna ingrandendo così la corrispondenza, molto cara al poeta, tra il giorno di festa e la stagione felice della primavera, che volge al termine, e tra l’anno di vita del passero e la sua stagione migliore, la primavera.
3) Il valore di questi parallelismi sintattici ("Tu non ti dorrai", "A me.. che parrà?"), hanno valore di opposizione tra la spiensieratezza dell'uno e la disperazione dell'altro. Lo si può capire perchè il passero ha agito secondo la sua natura, e non avrà nessun rammarico, mentre il Leopardi si avrà rimpianti dal momento che è consapevole di non aver vissuto in maniera intensa il periodo della sua gioventù.
CONCETTA RUSSO

Il passero solitario è stato scritto tra il 1829-1831. Come forma metrica viene utilizzata la canzone libera, costituita da tre strofe di settenari e endecasillabi variamente alternati e rimati. Nella prima strofa viene descritta la vita solitaria del passero; nella seconda la vita solitaria del poeta e nella terza vi è il confronto tra la vita del poeta e quella del passero e il loro diverso destino: il passero non avrà motivo di rimpiangere il proprio modo di vita, mentre il poeta sì perché non ha voluto godersi l’età della giovinezza che non potrà mai più riavere e nello stesso tempo si è isolato da tutti.
Il tema della vecchiaia viene introdotto attraverso un quadro paesaggistico, nel quale il tramonto sopraggiunge sulla campagna. Viene evidenziata così la corrispondenza tra il giorno di festa e la stagione felice della vita che volge al termine, e tra l’anno di vita del passero e la sua stagione migliore, la primavera della vita cioè la giovinezza.
Il valore dei parallelismi sintattici della terza strofa è quello di indicare l'opposizione tra la spensieratezza del passero e la disperazione del poeta.

venerdì 4 aprile 2008

Cap. 20 Il coraggio di cambiare... ( Per sabato 12)

Castello dell'Innominato

Fin dalla sua prima presentazione, l'Innominato ci appare come una figura grandiosa e misteriosa."un tale le cui mani arrivavano spesso dove non arrivava la vista degli altri; un uomo, un diavolo, per cui la difficoltà delle imprese era spesso uno stimolo a prenderle sopra di sè"(cap.XVIII).E ancora alla fine del Cap. XIX Manzoni, nel ripercorrere la storia del personaggio, sottolinea, fra i caratteri dominanti della sua personalità, una volontà indomabile, un grande senso di indipendenza e l'abitudine a svolgere un ruolo di supremazia e di comando, siamo in presenza di un "uomo terribile",il cui intervento può dare agli avvenimenti una svolta imprevista.L'innominato è un personaggio della storia, ma le stesse fonti storiche a cui Manzoni si richiama sembrano usare una strana cautela circa la sua vera identità..Tutto, insomma, intorno all'innominato contribuisce a trasmettere l'idea di una potenza terribile, ma appena rimane solo dopo il congedo di Don Rodrigo,sente venir meno la fermezza che si era imposta perchè in realtà in lui si sono i primi indizi della crisi che da temo lo tormentano.
La scelta dell'innominato di cambiare radicalmente vita è una scelta coraggiosa, coerente con la statura del personaggio, ora se è vero, come dice don Abbondio, che "il coraggio, uno non se lo può dare" è altrettanto vero che compiere scelte decisive ha un prezzo molto alto per tutti.

LabScrib
In una situazione particolare della vostra vita avete deciso di attuare un cambiamento, comunque doloroso, che vi impone uno stile di vita diverso e l'abbandono di vecchie abitudini e amicizie.Esponete sotto forma di scrittura autobiografica le motivazioni che vi hanno indotto a prendere una decisione così importante.Affrettatevi a postare....


MANUELA CASELLA
La vita è bella perché nulla rimane immutato ma tutto si evolve, cambia... ed è ciò che è capitato a me. Immatura per i miei quattordici anni, avevo scelto insieme ad un’amica, un indirizzo di studi classico.Ma, già dall'inizio dell’anno scolastico, questa amica comincia a far amicizie con i nuovi compagni, mettendomi da parte.
Indescrivibile era il mio stato d’animo, mi sentivo sola in una classe di 25 alunni, forse perchè la mia "amica" mi aveva messo in cattiva luce con i compagni di classe.
Ho provato dolore, sconforto e amarezza, ma ho trovato la forza di impegnarmi il più possibile negli studi perché il mio unico desiderio era quello di andare via da quella classe, da quella scuola.
Il mio sogno (dopo mesi di sofferenza interiore) si realizza a luglio quando, una volta finita la scuola e visti i risultati, chiedo il trasferimento al liceo scientifico “Leonardo”. Devo confessare che le mie pene non sono finite qui perché ho dovuto studiare tutta l’estate per recuperare la materia non fatta al classico cioè la fisica.
Ora sono felice di far parte della II E dove ho trovato compagni affabili, dei bravi professori e poi questa scuola mi piace perché vi regna un clima distensivo.
Dimenticavo di dire quella che si spacciava per mia amica ormai è morta per me, così come quelle come lei ,in quanto quest’estate, dopo varie vicissitudini personali, ho cambiato gruppo di amici e amiche, meglio pochi ma buoni .Questo ormai è diventato il mio motto di vita.
MERY PAFUMI
Sono Mery, una ragazza di 16 anni che frequenta il Liceo Scientifico.
Da quando sono nata vivo nel mio paese, un piccolo paesino di circa 1000 abitanti, dove ci conosciamo tutti e siamo tutti amici. Fino alle scuole medie andavo a scuola li, con tutti i miei compagni, anche se eravamo pochi, perché una classe era formata da circa 10 ragazzi. Io ero abituata a stare con loro e a convivere con pochi ragazzi a scuola. Arrivata in 3° media, era arrivato il momento di scegliere la scuola dove andare, avendo una mezza idea su cosa fare nella vita. Beh, fin dall’inizio avevo in mente di venire allo Scientifico, ma dovevo decidere l’indirizzo da prendere. Dopo tanti riflessioni , consigli e ripensamenti, ho deciso di scegliere il P.N.I.
Per tutta l’estate pensavo a come mi sarei trovata, agli amici che avrei incontrato. Finalmente arriva il primo giorno di scuola, tutta contenta prendo l’autobus e arrivo a scuola, entro in Aula Magna e mi sono sentita un po’ spaesata, perché era piena di ragazzi, io entro e mi metto ad ascoltare, fin quando non chiamano il mio nome associato alla mitica 1°E. Quando arriviamo in classe, rimango ancora più sbalordita perché eravamo in 30. Non sapendo cosa fare, mi sono scelta una compagna e da quel primo giorno di scuola, la timida ragazza non c'è più, sono cambiate molte cose. Adesso sono molto contenta di stare in questa classe, anche perché ci sono degli amici fantastici, ma soprattutto tre ragazze stupende… Con questo racconto ho voluto farvi capire che passare da una classe di sei ragazzi ad una classe così numerosa, per me è stato un enorme cambiamento.

Buonasera professoressa...scusi tanto il mio ritardo...

Nella vita si effettuano molti cambiamenti, uno che mi ha particolarmente segnato è stato la nascita di mio fratello.
Fino a dieci anni sono stata figlia unica, tutti mi invidiavano, però in fondo sentivo la mancanza di qualcuno che potesse condividere con me i miei spazi.
Mi sentivo sola, avevo bisogno di scherzare, giocare, parlare e condividere le mie gioie.
Quando mia madre mi diede la notizia, ho passato nove mesi di piena attesa e agitazione. da qui cambiò la mia vita: appena venne al mondo ero la persona più felice del mondo, mi sentiì rinascere.
E' vero, è stata una grande gioia la nascita di mio fratello, ma l'unico aspetto negativo essendoci la differenza di età, non riuscivo, neanche volendo, a sfogarmi i miei problemi, eppure mi sono presa cura di lui.
Adesso, ha sei anni, ho seguito ogni tappa della sua vita, spero tanto di poter mantenere questo magnifico rapporto negli anni che verranno e proteggerlo da possibili pericoli.

Spero che vada bene, le auguro una buona domenica! Baci


Grazie, ma chi sei? La prof

CHARLIE GRIOLI

Nella mia vita non ci sono stati cambiamenti decisivi tali da definirli dolorosi. Certo la scelta della scuola superiore è stata quella più importante che ha segnato comunque parte della mia vita. Nonostante le idee dei miei amici non coincidessero con le mie per la scelta della scuola superiore, io ero abbastanza convinto di quello che volevo fare, anzi, posso dire di aver resistito ai loro tentativi di convincermi del contrario.È stata una scelta unicamente mia, non si sono intromessi neanche i miei genitori ,forse, perchè in fondo anche loro erano dello stesso mio parere. Sin dalla quinta elementare l'idea di scegliere il Liceo scientifico era chiara , perchè sono sempre stato consapevole che il Liceo Scientifico sia il massimo e che, alla fine del percorso di studi ,si ha una preparazione completa così da poter scegliere qualunque ramo universitario. Lasciare i vecchi compagni è stato triste, ma sono compensato dalla soddisfazione dei risultati che ho ottenuto fino ad ora, anche se cerco di non accontentarmi mai. Questa è sicuramente stata la prima di una lunga serie di scelte che dovrò affrontare nella vita. La prima che ha segnato il mio futuro, il mio avvenire e se, per certo verso ,è stato doloroso dover cambiare le mie amicizie, le mie abitudini, è anche vero che la scelta mi ha maturato e mi stimola a proseguire sempre con motivazione e interesse per le discipline che studio .
GIUSEPPE MACCARRONE
Io sono molto legato a una mia compagna delle scuole medie di nome Clara. E’ una ragazza salare,scherzosa, simpatica, dove c’è lei c’è allegria. Tutto però quattro anni fa cambia: la vita di Clara, a causa della separazione dei suoi genitori.Una famiglia che, all’occhio sociale, sembrava felice e serena si è trasformata in una famiglia piena di tristezza e preoccupazione. Così Clara cade in depressione. La depressione è una bruttissima malattia che porta ad assumere psicofarmaci e persino fa pensare al suicidio. Tra i genitori tutto incomincia con un litigio, piccole incomprensioni, entrambi stressati dal lavoro o problemi vari che riescono a distruggere un rapporto splendido. Così Clara non accettava la situazione che che si era creata in casa , si rifiutava di parlare con tutti, piangeva interrottamente perché nessuno la capiva o perlomeno era convintache fosse così. Dapprima non volli vederla per paura di una mia reazione brusca. In. Ma un giorno insistetti di andare a casa sua con un mio compagno. La sua casa era diventata come l’Inferno di Dante, sua mamma era irriconoscibile, bianca in faccia, triste e dentro di me aumentava sempre di più la tristezza e la paura che questo periodo non finisse più. Clara , quel giorno uscì dalla sua stanza, magra, pallida più che mai , gridava senza motivo, sua madre cercava di sdrammatizzare la situazione ,ma io, pur avendo undici anni, capivo fin troppo bene che lei stava malissimo. Beh, torno a casa e naturalmente scoppio a piangere pensando a tutti i momenti belli passati con lei. Ritorno dopo due settimane da Clara: stessa atmosfera ,masentivo che questo prima o poi sarebbe finito e che lei sarebbe ritornata quella di prima. Comunque la trovo nella sua stanza a rovistare le foto degli anni passati. Era triste e piangeva perché aveva perso tutta la sua allegria e solarità, ma dentro di me aumentava sempre di più la certezza che tutto sarebbe tornato come prima. Così decido di non andarci più per un bel po’. Ritorno a casa sua dopo un mese e come per magia la situazione era cambiata in meglio, così pure il suo umore . Clara finalmente ha accettato la separazione dei genitori e la sua vita scorre normale.
BUCALO CARMELO
Circa tre anni fà, andai a fare una scampagnata con un gruppo di amici. La giornata si preannunciava ottima, e speravamo di divertirci. Ma durante l'ora di pranzo accadde l'impensabile. Un mio carissimo amico ebbe un incidente,; mentre si trovava ad attraversare una stradina di campagna fu investito.
Per due giorni si trovò in fin di vita, e durante quei brutti momenti all'interno dell'ospedale pensavo: pensavo quanto tempo avevamo passato insieme, quante avventure nel bene e nel male, e non mi rassegnavo all'idea che se ne andasse. Ci stavo davvero male, e stavo ancora più male vedendo il dolore dei suoi genitori. La sera ,non riuscendo a dormire, mi tornava in mente quel brutto episodio e riflettevo quanto fosse crudele la vita. Mi ponevo sempre la solita domanda:"Quale è il senso della vita, se poi abbandoniamo tutto?". Un giorno ,però, arriva la buona notizia: non era più in pericolo. Da quel momento fui felicissimo, e vidi la vita da un'altro punto di vista, con una prospettiva diversa.Da allora le cose materiali mi interessano poco perchè quell'incidente mi ha reso più maturo .
ROSSANA ZAGAMI
Nella mia vita, ho avuto la fortuna di avere delle splendide persone a fianco e mi sento di dire un profondo "grazie" a tutti coloro con cui ho condiviso amicizie stupende.
Ma dal profondo del mio cuore, ringrazio delle persone magnifiche che mi hanno seguita dal primo giorno della ia vita: i miei genitori.
Quand'ero piccola, seppi della decisione di mio padre di andare a lavorare all'estero; a dir la verità mi mancava tanto, ma essendo piccola, non ci pensavo più di tanto.
Eppure le cose sono cambiate durante la mia crescita; cercavo di distrarmi con i miei amici ridendo e scherzando, ma appena mi soffermavo a pensare, il mio cuore si colmava di tristezza, nonostante ciò purtroppo dovevo trovare la forza di superare quest' angoscia
Se fosse stato il classico padre, forse non ci sarei stata così male, ma lui non è come qualsiasi altra persona, lui è stupendo, magnifico, fantastico: Mio Padre!
Lui mi dà sicurezze, mi dà la forza per andare avanti in determinate situazioni, riesce a farmi riflettere per controllare la mia impulsività. Beh! Mi aiuta in tutto.
Grazie papà, per avermi insegnato così tante cose, grazie per essere così presente pur essendo così lontano, grazie per avermi fatto scegliere il giusto, GRAZIE DI TUTTO!
Forse non si può definire un vero e proprio cambiamento, ma in qualche modo, all'interno di me stessa è subentrata una piccola percentuale di forza in più, che è fondamentale in alcune situazioni, perchè la vita è piena di sfaccettature, belle e brutte, e si deve essere pronti ad affrontare qualsiasi cosa, perchè ogni situazione ci aiuta a crescere!! .
Spero che le vada bene, buona giornata, a domani.
ANTONELLA SALVA'


Sera prof...

Alla fine di ogni anno mi faccio un bilancio complessivo dei miei cambiamenti.
Circa 16 anni fà sono nata come seconda figlia e cosi piccola che entravo due volte in una manica. Per giunta avevo molti capelli, avevo la pelle di color latte ed ero la prima femminucia dopo circa sette anni. Quando mi hanno vista, la mamma, la nonna e le zie hanno detto:-Che bellina-mio padre ha avuto il compito del nome:-é tutta mia madre.
La madre del nonno si chiamava Antonietta e, secondo lui, se fosse stata al mondo quando sono nata mi avrebbe trovata bellissima.
Per farla in breve, in onore di mia nonna Antonina, mia sosia peccato solo per gli occhi, e della bisnonna Antonietta, sono stata chiamata Antonella.
Io ero molto piccola per protestare, ma mi hanno raccontato che quanto mi hanno battezzato, ho strillato per tutta la cerimonia
Voi capite che mettere nome Antonella a una che entra due volte in una manica ed è bianca come il latte è una grossa responsabilità: e se resta davvero di questo calibro, come farà a portare un nome cosi impegnativo?Io credo che per questo hanno incominciato a misurarmi e a pesarmi continuamente e a festeggiare ogni centimetro e ogni etto in più.
La mia statura è quasi normale e non sono molta robusta, ma la nonna dice che è meglio essere intelligenti piuttosto che stupidi e forti.In bocca ho ancora i denti da latte e la mamma me li controlla tutte le volte che telefona alla zia Anna.
Ora, al posto dei miei due ex denti, piccoli e proporzionati, mi ritrovo degli incisivi che mi fanno sembrare la moglie di un castoro!
Avere undici anni non è una cosa semplice. A undici anni ti crescono i primi peli, per esempio, oppurre ti vengono i denti da castoro e ti si allungano i piedi.
A undici anni, poi, si deve cambiare scuola e questo è un problema che si aggiunge a tutti gli altri. Prendete me: io sono una tranquilla, ma quando mi arrabbio non vedo più nulla. Io ho fatto le elementari a Zafferana. Non mi posso lamentare, me la passo bene, anche se alle volte mi prendeva la malinconia perchè mi sentivo prigioniera in quel giardino tutto chiuso, e la sera, quando tornavo a casa per me cominciava il più bello, la mamma si inventeva la scusa che cascavo dal sonno e mi mandava a letto!
Il primo giorno delle medie comequello delle superiori non lo dimenticherò mai. Mi hanno accompagnato mia madre e mio fratello. Papà- disse-farà la figura della scema!-, ma loro niente.La mamma non si decideva a lasciarmi la mano. Eravamo ormai sulla soglia dell’aula e i miei compagni hanno visto la scena : mia madre si chinava per darmi un bacio sulle guance e si è alzato dalla classe una specie di ululato:-uhuuuu!!!-Sono entrata più arrabbiata del solito.
Possibile non capire che non sono più nell’incubatrice? Che sono cambiata non solo nella corporatura, ma anche nel carattere? Comunque la vita è bella perchè cambia, se no che vita monotona sarebbe!
ANDREA MUSCOLINO


Buona sera Professoressa,
Premetto dicendo che in quesi ultimi anni ho fatto molti cambiamenti e ora sono veramente fiero e orgoglioso di essere come sono.
Molte cose di me sono cambiate, specialmente il mio aspetto fisico.
Fino alle scuole medie ero molto ma molto più basso e più pienotto.
Oltre al mio aspetto fisico è cambiato anche il mio carattere.
Prima ero infantile,immaturo,troppo giocherellone;non mi importava nulla degli altri pensavo solo

al mio benessere ,Inveceora credo di essere cresciuto:sono più maturo,responsabile,altruista.

In questo ultimo periodo ho avuto tante delusioni una in particolare; ma è giunto il momento di metterci una pietra sopra e di non pensarci più.
Durante questa settimana ho capito che quello i consigli dei miei genitori sono corretti e sinceri;
Lunedi scorso un mio carissimo amico ha avuto un incidente con il motorino,è stato ricoverato all'ospedale di Acireale e successivamente è a Palermo, perchè in coma; vi è rimasto per ben quattro giorni , ma per fortuna è uscito ha superato la fase più difficile, infatti è uscito dal coma.
Tutto questo è successo perchè non aveva il casco, così ho capito perchè i miei genitori mi fanno mille raccomandazioni!
A volte si pensa che questo tipo di cose non possano mai capitare a noi e a persone a noi care,ma è qui che si sbaglia , ciò che non succede in cent'anni, succede talvolta in un secondo.
Questo avvenimento mi ha fatto crescere forse un pochino tanto che mi riprometto di fare maggiormente attenzione , ma soprattutto di non essre impulsivo e riflettere prima di uscire senza casco.

Una Buona serata
ROSARIO BONACCORSI
Durante la mia vita un cambiamento molto importante è stato il passaggio dalle scuole medie a quelle superiori.Sono molto contento della scelta che ho fatto e grazie all'aiuto di persone a me molto care sono riuscito a superare l'impatto con questo nuovo mondo.Per fortuna nella mia classe siamo tutti uniti come se fossimo un'unica persona ed ho professori fantastici che ci aiutano sempre,anche quando sembra tutto finito.Qualche problema durante questo viaggio l'ho avuto e c'è l'ho ancora (parlo sotto l'aspetto scolastico), ma pian piano li sto superando, inoltre spero di continuare questo bellissimo viaggio fino alla fine con tutte le persone con le quali ho iniziato ed avere un bellissimo ricordo per il resto della mia vita.