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lunedì 31 marzo 2008

Casa Leopardi
Biografia

L'Infinito
di

Giacomo Leopardi


Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte,
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
5 spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi figno, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
10 infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensiero mio:
15 e il naufragar m'è dolce in questo mare.

[dai Canti"piccoli idilli"
Il termine idillio indicava nel mondo classico un componimento breve, talvolta dialogato, di argomento agreste e più tardi di argomento amoroso. Gli idilli leopardiani prendono spunto da motivi paesistici o autobiografici, per poi ripiegarsi in meditazioni, ricordi, sensazioni che Leopardi stesso definì "situazioni,affezioni,avventure storiche " dell'animo.

METRO: Versi sciolti.

Questo breve componimento, scritto nel 1819, è uno dei testi leopardiani a cui la critica ha prestato da sempre maggiore attenzione.
Esso prende spunto da una vicenda reale, come sovente avviene in Leopardi. Il poeta, infatti, era solito recarsi su un colle poco distante dal suo palazzo: il monte Tabor (chiamato oggi Colle dell'infinito).
Una siepe impedisce allo sguardo di abbracciare tutto l'orizzonte, ma proprio questa limitazione fornisce a Leopardi l'occasione per creare, oltre quella siepe, uno spazio immaginario, tutto mentale, che provoca un senso di smarrimento e di vertigine ("ove per poco / il cor non si spaura").
Un improvviso soffio di vento suggerisce spontaneamente al poeta il richiamo del presente, e lo induce a paragonare il senso dell'infinito ("l'eterno, e le morte stagioni") al momento vivo e reale (la stagione "presente e viva, e il suon di lei").
Infine, tutto si placa in un abbandono ("il naufragar m'è dolce") nell'atmosfera infinita e profonda ("questo mare") creata dalla mente.
L'immaginario è dunque superiore alla realtà in quanto, più di questa, può nello stesso tempo illudere e consolare.
indietro

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

1. quest'ermo colle: secondo la tradizione, il colle solitario (ermo) sarebbe il monte Tabor, un'altura nei pressi di casa Leopardi; ma la determinazione concreta del luogo è assolutamente irrilevante. Quanto ad ermo, va rilevato che «è la prima di tutta una serie di parole indefinite che costituiscono uno degli aspetti più caratteristici del linguaggio del canto» (Fubini-Bigi).


E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

che sottrae allo sguardo (il guardo esclude) così gran parte dell'estremo (ultimo, latinismo) orizzonte.


Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani

fermandosi a guardare (dando così al verbo sedere il significato generico di "stare"); secondo Citati, invece, Leopardi «stava seduto per terra, ... a ridosso della siepe», poiché il limite era voluto: «mentre pensava (infinito aveva bisogno di avere attorno a sé un limite, una siepe, un muro».
interminati: senza fine, senza termine; «le parole che indicano moltitudine, copia, grandezza, lunghezza, larghezza, altezza, vastità, ec. ec. sia in estensione, o in forza, intensità cc. cc. sono pure poeticissime, e così pure le immagini corrispondenti».
quella: la siepe.


Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento

mi fingo: mi costruisco, mi immagino; «l'anima s'immagina quello che non vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre ci nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perchè il reale escluderebbe l'immaginario».
ove: «usato nel delicato duplice senso di collocazione spaziale e di consecuzione temporale (`dove' e `per cui')» (Solmi).
come: quando.


Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce

tra queste... voce: il gioco dei rimandi tra realtà/immaginazione/realtà è sostenuto dal deittico dimostrativo queste/quello/questa; questa voce: quella del vento che stormisce fra le piante.


Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

Vo comparando: vado paragonando, confronto.
l'eterno: «dopo l'infinito dello spazio, l'infinito del tempo» (Fubini-Bigi).


E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa

le morte stagioni: tutte le età passate, tutta la storia; cfr. La sera del dì dí festa, w. 33-39: «infinità del passato che mi veniva in mente, ripensando ai Romani così caduti dopo tanto tumore e ai tanti avvenimenti ora passati ch'io paragonava dolorosamente con quella profonda quiete e silenzio della notte, a farmi avvedere del quale giovava il risalto di quella voce o canto villanesco».
e la presente... di lei: e il tempo presente che ancora vive, attraverso il rumore del vento.
immensità: «l'immensità dello spazio che egli si era finta nel pensiero e quella del tempo che ora gli è tornata in mente alla voce del vento» (Flora).


Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

m'è dolce: mi risulta piacevole: «qualifica la sensazione dell'immergersi in questo mare immaginato, dell'abbandonarsi a un indeterminato fluttuare di sensazioni e di idee» (Puppo).


La situazione. Il poeta è seduto dinanzi a una siepe che gli impedisce di vedere il profilo dell'orizzonte e gli oggetti reali che entro quello si collocano; egli coscientemente si finge, immagina al di là della siepe «interminati / spazi», «sovrumani / silenzi» e «profondissima quiete», finché, richiamato al presente da una sensazione uditiva, lo stormire delle fronde, estende il suo fantasticare dalla dimensione spaziale a quella temporale, evocando le «morte stagioni» e «l'eterno», in un contrasto analogo a quello spaziale precedente (limite della siepe / infinità; presente / eterno), e conclude sottolineando la dolcezza di questa immaginazione («naufragar m'è dolce»).

Un'esperienza dell'immaginazione. È fondamentale rilevare come la situazione del "naufragare" nell'infinito e nell'eterno sia, non già, come in altri poeti romantici, una pura e semplice fuga nell'irrazionale e nel sogno, bensì un processo immaginativo e consolatorio sottoposto a un preciso controllo razionale o, per usare ad altro fine una formula nota, un sogno fatto in presenza della ragione: il soggetto che vive l'esperienza costruisce consapevolmente la situazione di contrasto tra limitato e illimitato (ricerca nella siepe il limite spaziale che consenta l'attività immaginativa) e poi paragona il presente al passato é all'eterno.
La poetica dell’indefinito e del vago

Tra il 1820 e il 1821, Leopardi elabora questa poetica i cui elementi di base sono essenzialmente:

' >L’ignoto è più attraente del noto. Questo perché l’ignoto si presenta come lontano e tutti i beni “paiono bellissimi e sommi da lontano”

' L’anima poetica preferisce ciò che è infinito. Infatti l’anima è attirata da ciò che non può “abbracciare”, dal “bello aereo” cioè dalla bellezza vaga, indefinita, impalpabile.

' L’anima cerca il piacere in ogni cosa, ma non può mai essere soddisfatta da ciò in cui temporaneamente prova piacere.

Il Leopardi basandosi su questi concetti determina che all’uomo moderno non è concessa una poesia di immaginazione, ma solo una poesia sentimentale e filosofica, non fondata sulle illusioni, ma sulla caduta delle illusioni e sulla scoperta della verità. La vera poesia d’immaginazione appartiene solo agli antichi che credevano alle illusioni e non conoscevano il pensiero filosofico. Per questo motivo gli autori moderni possono solo imitare ciò che gli antichi hanno a loro volta imitato dalla natura quindi sono “imitatori degli imitatori”.

Nel componimento “L’infinito”, si presentano 3 aspetti fondamentali di questa poetica:

' LE SENSAZIONI VISIVE INFINITE: ultimo orizzonte, interminati spazi, sovrumani silenzi, profondissima quiete

' LE SENSAZIONI UDITIVE INFINITE: odo stormir tra queste piante.

Il poeta mentre immagina tutto ciò che non vede, è interrotto dalla sensazione uditiva dello stormire delle fronde, così estende la sua immaginazione da una dimensione spaziale ad una temporale evocando un contrasto momenti passati – presenti - futuri analogo a quello spaziale limite della siepe - infinità e conclude sottolineando la dolcezza di questa immaginazione (“naufragar m’è dolce in questo mare”)

' LE PAROLE POETICHE DELL’INDEFINITO E DEL VAGO: ultimo, interminati, sovrumani, profondissima, infinito, eterno, morte, immensità, naufragar, dolce.

Ugo Foscolo
Alla sera

(Sonetti)
Forse perché della fatal quiete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o sera! E quando ti corteggian liete
4 le nubi estive e i zefiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
8 vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
11 questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
14 quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.

L'infinito di Leopardi presenta dei punti di contatto con il sonetto Alla Sera di Foscolo.Mettete a confronto i due testi e individuate somiglianze e differenze.

CONCETTA RUSSO

L’infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 e fa parte dei Piccoli Idilli. Il tema dominante del componimento è la tensione verso l’infinito, questo tema era molto sentito anche da altri autori romantici del tempo sia italiani che europei. Leopardi dal monte Tabor cercava di vedere fino all’estremo orizzonte, però questo non era possibile perché vi era una siepe che glielo impediva. Questo ostacolo, impedimento alla vista, fa subentrare l’immaginazione del poeta che si ritrovò mentalmente nell’immensità dell’infinito. Nel secondo momento lo stormire del vento tra le piante, sensazione uditiva, lo riporta alla realtà e dopo si immerge di nuovo nel mare dell’infinito e prova come un senso di sgomento.In questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito.
Nel sonetto "Alla sera" Foscolo fa una placata riflessione sulla morte, il cui pensiero gli viene suggerito dalla sera,dall'imbrunire procurandogli un senso di dolcezza nelle zone più segrete del suo cuore.La sera è cara al poeta in qualunque modo si manifesta sul mondo,serena o tenebrosa e inquieta, sempre apportatrice di pace.Il poeta infatti è portato a riflettere sulla morte che ha per lui efficacia liberatoria perchè con essa finiranno tutti i dolori e i dispiaceri che ci sono nella vita terrena. Però, a questo pensiero, si contrappone quello del tempo reo che tormenta l’uomo con affanni e dispiaceri e distrugge ogni cosa.

GIADA GIUFFRIDA
Tra il sonetto Alla sera di Ugo Foscolo e l’idillio L’infinito di Giacomo Leopardi vi sono molteplici punti di contatto. Entrambi i poeti, partendo da un dato paesaggistico, giungono a una riflessione esistenziale e meditano sul rapporto tra il tempo e l’eterno, tra l’uomo e l’infinito. Il Foscolo inizia commentando l’immagine della sera da lui tanto aspettata poiché simile alla morte, Leopardi, invece, si sofferma sul monte Tabor, solitario e molto amato dal nostro poeta,ma la siepe gli impedisce di scorgere il mondo esterno e a questo punto scatta ,l'immaginazione del poeta...... Da questa situazione parte la riflessione del poeta che si ritrova a meditare e a fantasticare sullo spazio immenso dell'infinito che la siepe esclude alla vista dei suoi occhi. Ambedue gli autori utilizzano l’aggettivo caro per definire la sera e l’ermo colle. Il Foscolo, infatti, reputa tale la sera poiché la paragona alla morte che per lui rappresenta l’annullamento della vita e di tutti i patimenti terreni, Leopardi, invece, considera caro il colle in quanto è proprio in quel luogo solitario che lui si soffermava a immaginare l’infinito e il mondo che lo circondava ma che non poteva scorgere. La lirica dell'Infinito è tutta incentrata sul contrasto tra limitato ed illimitato, tra vicino e lontano, tra realtà ed immaginazione. Tale contrasto viene sottolineato anche linguisticamente attraverso l'uso degli aggettivi dimostrativi questo (che indica vicinanza) e quello (che indica lontananza). E' la dimensione del “non-essere”, che nella poetica leopardiana ha come conseguenza estrema il nulla e la morte. “Le parole lontano, antico e simili sono poeticissime e piacevoli perché destano idee vaste e indefinite e non determinabili e confuse”.
RICCARDO SPADARO
riccardo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post " Casa Leopardi Biografia L'Infinit...":

Salve,
ecco qui le mie risposte:
L’infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 e fa parte dei Piccoli idilli. Il tema dominante del componimento è la tensione verso l’infinito. Leopardi dal monte Tabor ,detto anche colle dell'infinito, cercava di vedere fino all’estremo orizzonte, però questo non era possibile perché vi era una siepe che glielo impediva. Questo ostacolo fa scattare l’immaginazione del Leopardi che si ritrova mentalmente nell’immensità dell’infinito, ma ecco che una sensazione uditiva ,un soffio di vento lo immerge in un infinito temporale ("l'eterno"), in contrasto con le epoche passate e ormai svanite.In questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito mentre il sonetto “Alla sera” di Foscolo in cui il poeta fa una pacata riflessione sulla morte è stato scritto nel 1803, la riflessione viene suggerito al poeta dalla sera invece che dalla siepe. La sera in qualunque modo si manifesta sul mondo,serena o tenebrosa e inquieta, è sempre apportatrice di pace e conduce il poeta a pensare alla morte e all'annullamento di tutti i dolori e i dispiaceri che nella vita terrena lo hanno deluso come uomo e come artista. Però , mentre il poeta si abbandona all'idea della morte si presenta l'immagine del tempo reo che lo tormenta, ma la sera porta pace al suo "spirto guerrier"
Cordiali saluti
YVONNE SGROI
buona sera prof..ecco riportata di seguito l'analisi dei due testi..

“L’infinito” del Leopardi, scritto intorno al 1819-1821, fa parte dei "piccoli idilli". Il tema del componimento è la tensione verso l’infinito, molto sentita dagli scrittori romantici italiani ed europei.
La poesia si articola in due momenti:
- Nella prima è descritta la situazione iniziale: il poeta si trova in un luogo determinato e familiare (quest’ermo colle), chiuso da una frontiera (questa siepe) che limita la sua vista, ciò fa sì che il poeta immagini l’infinito spaziale,senza limiti.
Le caratteristiche sono: l’assenza di limiti (indeterminati/spazi), il silenzio (sovrumani/silenzi), la quiete (profondissima quϊete).
- Nella seconda il poeta è riportato al presente dalla voce del vento (e come il vento/odo stormir tra queste piante) e comincia a paragonare il finito con l’infinito. Il finito s’identifica con il fluire del tempo (le morte stagioni) e con la vita pulsante di suoni e movimento (la presente/e viva, e il suon di lei); l’infinito con la quiete dell’eterno.
- Tra i due momenti il poeta vi è un passaggio pscicologico : l'io lirico s’immerge totalmente nell'infinito spaziale fino a sprofondarvi, provando così la sensazione di una sconfinata dolcezza.

Nel componimento, l’autore fa uso di deittici (questo, quello) per descriverci la vicinanza o distanza, e grazie a questi spinge il lettore in un viaggio tra l’infinito e il finito.

Nel sonetto “Alla sera”, Foscolo fa una riflessione sulla morte, il cui pensiero gli è suggerito dall’immagine della sera. Come la sera può scendere ora dolce e serena ora tenebrosa e inquieta, allo stesso modo l’idea della morte gli suggerisce da una parte il pensiero dell’annullamento dell’eterno, dall'altra quello del porto di quiete ove si placano gli affanni della vita. All’immagine della sera-morte si contrappone quella del reo tempo, che distrugge ogni cosa e tormenta l’uomo con avversità, affanni e delusioni.
MARY PAFUMI

Salve Prof, sono Mery Pafumi...


Tra i sonetti “ Alla sera” di Foscolo e “L’infinito” di Giacomo Leopardi, vi sono molteplici punti di contatto. Entrambi i poeti cominciano la propria riflessione sul tempo e sull’infinito partendo da elementi naturalistici. Il Foscolo da inizio ai suoi versi commentando l’immagine della sera da lui tanto aspettata poiché così simile alla morte. Leopardi, invece, si sofferma sul monte Tabor, solitario e molto amato dal nostro poeta,ma la siepe gli impedisce di scorgere il mondo esterno . Da queste immagini parte la riflessione del poeta che si ritrova a meditare e a fantasticare sullo spazio immenso che la siepe esclude alla vista dei suoi occhi. Ambedue gli autori utilizzano l’aggettivo caro per definire la sera e l’ermo colle.
Il Foscolo, infatti, reputa la sera simile alla morte che per lui rappresenta l’annullamento della vita e di tutti i patimenti terreni, Leopardi, invece, considera caro il colle ,in quanto è proprio quel luogo solitario dove si soffermava a far scattare in lui l'immaginazione e quell'infinito spaziale che il mondo reale con i suoi limiti gli vietava.

A domani prof...:)

CHARLIE GRIOLI

Scritto nel 1819, l’infinito è uno degli idilli che compongono la raccolta dei “Canti”.Leopardi nella prima parte descrive un paesaggio familiare che illustra delle immagini a lui care come il colle “solitario” e la siepe. La siepe è per lui un ostacolo che però diventa anche un incentivo che gli permette di attivare la sua immaginazione verso spazi sterminati, sovrumani silenzi e profondissima quiete che rappresentano per lui uno spazio infinito. Leopardi poi è riportato alla realtà dal rumore del vento che muove le piante , e questo rumore gli ricorda le voci dell’epoca in cui vive. L’infinito e l’eterno sono per Leopardi i due elementi che costituiscono l’immensità dove il pensiero dell’autore va a picco, poiché non c’è la fa a racchiudere in sé questa grandezza, ma nonostante tutto, il perdersi in questa immensità, in queste riflessioni, è piacevole e gradevole.
Ugo Foscolo compone “Alla sera” nel 1803. Quest’opera inizia con la descrizione della sera identificata come un momento di pace assoluta. La bella esclamazione con cui l’autore descrive la sera ( a me si cara vieni, o sera) conferisce alla prima parte della poesia un tono piacevole e sereno che sottolinea come la sera abbia conquistato il cuore del poeta. Ma questa serenità è destinata a scomparire perché la sera è paragonata alla morte. Essa, secondo il poeta, è infatti il simbolo del “nulla eterno” dove gli individui, la storia, il tempo e l’animo sono destinati a scomparire per sempre. La sera infonde nel poeta sia un senso di calma e serenità, ma anche un senso di tormento e terrore. Infatti nella parte finale del sonetto all’immagine della sera viene contrapposta quella del “reo tempo” che distrugge tutto.

GIOVANNI SCIUTO
L'infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 il titolo "L'infinito" non è causale ma vuole alludere la novità della poesia leopardiana che tende a creare un'atmosfera vaga.Nella poesia greca l'idillo era un breve componimentodi argomento pastorale e a caratter dialogico. Infatti Leopardi attinge da questo tipo di argomento, però lo rinnova.La sua poesia non è "poesia d'imaginazione" ma è invece poesia sentimentale dove lui dà voce ai suoi sentimenti.Dal punto di vista metrico, Leopardi, nei Piccoli idilli, adotta l' endecasillabo sciolto e non rispetta le sue forme tradizionali metriche.Invece nei Grandi idilli ha una soluzione metrica nuova. Leopardi dal monte Tabor cercava di vedere fino all’estremo orizzonte, però questo non era possibile a causa dell'ostacolo - siepe da quì scatta l’immaginazione del poeta che si ritrova mentalmente nell’immensità dell’infinito.Nel secondo momento,un soffio di vento lo riporta alla realtà, gli viene così in mente l'infinito temporale ("l'eterno") in contrasto con le epoche passate e ormai svanite. n questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito.
ANTONELLA SALVA'

Sera prof....

L'infinito di Leopardi presenta dei punti di contatto con il sonetto Alla Sera di Foscolo.
Alla Sera di Ugo Foscolo si basa sul tema della sera, vista come immagine della morte, la «fatal quiete», cioè una dimensione cosmica atemporale, ma anche la pace dell'anima. Per questo motivo è molto cara al poeta. Ma affine a questo, emerge dalla poesia anche un altro tema fondamentale: il sofferto rapporto tra il desiderio di pace del poeta e il senso angoscioso della vita che lo travaglia. La sera è descritta quindi dal Foscolo sia portatrice di bei tramonti estivi, accompagnata da venti leggeri, sia foriera di atmosfere invernali, tenebrose e nevose, ma in entrambi i casi la sera è sempre desiderata, perché essa ispira i più intimi pensieri, le più segrete aspirazioni.
Infatti l'infinito di Leopardi è un infinito "negativo", nel senso che è un infinito creato dall'immaginazione e dal desiderio, un puro prodotto della mente umana. È chiaro che il suo modo di porsi di fronte al "problema infinito" è di tipo metafisico, è la ricerca del rapporto tra infinito come spazio assoluto e tempo assoluto e la nostra cognizione del tempo e dello spazio empirici. Ma nella sua riflessione inserisce il suo particolare modo di interpretare l'infinito, o meglio l'indefinito, come fluttuare di sensazioni.
Per Leopardi, questa tensione può spegnersi solo nel momento della morte perché è uno slancio connaturato alla vita stessa, "l'anima, amando sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta l'estensione immaginabile di questo sentimento, senza poterla neppure concepire, perché non si può formare idea chiara di una cosa che ella desidera illimitatamente".
BUCALO CARMELO
L'Infinito, di Giacomo Leopardi, è stato scritto tra il 1819-1821. L'opera è uno degli idilli che compongono la raccolta dei "Canti". L'idillo in origine era un componimento breve, molte volte dialogato, con argomenti di carattere agreste e successivamente amoroso.
Entrambi i poeti presentano nelle loro rispettive opere dei punti di contatto; il Leopardi e il Foscolo infatti, metidano sull'esistenza e riflettono su alcuni aspetti in particolare il tempo e l'eterno, l'uomo e l'infinito, partendo da un quadro paesaggistico. Nell'infinito, il poeta è seduto sul monte Tabor, a lui molto caro, ma una siepe gli impedisce di vedere l'orizzonte. E qui allora, chein Leopardi scatta la molla dell'immaginazione a tal punto da naufragare nell'infinito, fino a essere richiamato da una sensazione uditiva che lo porta a fantasticare dalla dimensione spaziale a quella temporale, viaggiando nell'eterno. Questi due elementi, "l'eterno" e "l'infinito" permettono a Leopardi di entrare in un ottica piacevole e gradevole.
Foscolo, autore del sonetto "Alla sera" composto nel 1803, inizia descrivendo la sera come un momento di pace assoluta, immagine simile alla morte,ma la sera tanto inquietaquanto tenebrosa conduce il poeta ad annullare i suoi dolori.La sera infonde al poeta calma e serenità, ma anche un senso di tormento e terrore. Infatti nel momento in cui Foscolo viaggia nel "Nulla eterno", viene richiamato come Leopardi dal soffio del vento nel "reo tempo" che lo ha deluso nel corso della sua vita.
MARY LEOTTA
Salve proffy:

Da un punto di vista letterario Foscolo e Leopardi sono figli della stessa cultura: la differenza è che mentre Leopardi si muove all'interno dell'alveolo del classicismo stilistico formale, Foscolo vi approderà solo nella sua produzione matura, il Foscolo delle "Grazie", per capirci.
Appunto Leopardi si concentra su tematiche più esistenzialiste, Foscolo spazia anche in ambiti diversi, come il patriottismo. Ovviamente, questi temi riflettono le diverse esperienze di vita dei due poeti.
Sul piano dello stile quindi Foscolo è più vario. passa dai tono nervosi e straripanti di un opera "tutto cuore" come le Ultime Lettere (anche se si tratta di un'opera letteraria complessa, non priva di importanti rimandi, desunti dalla letteratura contemporanea tedesca e inglese...) ad una ricerca di stile più armonioso ed equilibrato.
Diverse furono anche le tematiche, le poetiche e l'esperienze esistenziali che, certo condizionarono la produzione letteraria di entrambi. Come vedi gli ambiti di riflessione sono praticamente infiniti. Stiamo confrontando due pilastri della letteratura italiana e potremmo parlarne fino a domani...!

saluti e baci! Mary Leotta

venerdì 28 marzo 2008

Cap.XIX "Due esperienze consumate si trovano di fronte"


Il colloquio fra il conte-zio e il padre provinciale, due potestà, cioè due incalliti uomini di potere e di comprovata perizia diplomatica , offre l'immagine tipica del dibattito politico(in cui ogni interlocutore tenta di convincere l'altro e di indurlo ad assecondare le proprie intenzioni(trasferire Padre Cristoforo) L'umorismo però non risparmia il personaggio delineato a tutto "tondo"come il conte zio, anzi si trasforma in satira pungente, la cui estrema materializzazione è espressa da ricorrente tic del soffiare.
Nessuna forma d'ironia è riservata invece al padre provinciale;il narratore ne fa risaltare lo spirito di paziente e prudente attesa (lo lasciò dire , dire e dire).
Ritroviamo la stessa situazione, ogni giorno, nei "salotti" televisivi: prova a seguire una di queste trasmissioni e a stabilire un punto di confronto fra i personaggi manzoniani e i contemporanei " politici".

GIUSEPPE MACCARRONE

Il conte zio invitò un giorno a pranzo il padre provinciale e gli fece trovare una corona di commensali assortiti con un intendimento sopraffino. Dapprima il dialogo comincia sul tema di Madrid: si parla di politica e dei fatti giornalieri. Poi si passa a Padre Cristoforo, il frate temuto da don Rodrigo. Il conte zio racconta tutte le vicende passate, le liti e gli avvenimenti accaduti prima e via via si decide di trasferire Padre Cristoforo a Rimini. Detto fatto viene trasferito nel bene e nel male. Il povero Padre non voleva lasciare il convento di Pescarenico, però fu costretto a farlo. Don Rodrigo lo venne a sapere e fu contento del trasferimento perché così avrebbe avuto un ostacolo in meno per arrivare al suo intento, cioè rapire Lucia. Così don Rodrigo gioca un’altra carta: quella di chiedere aiuto all’Innominato, un signorotto temuto addirittura dallo stato di cui non è mai stato rivelato il nome, così don Rodrigo offre amicizia e aiuti e prepara il piano del rapimento di Lucia.
Recentemente, in vista delle elezioni politiche, assistiamo a situazioni analoghe soprattutto nelle in alcune trasmissioni televisive dove la parola viene utilizzata per ottenere consensi ......

CONCETTA RUSSO

I protagonisti della scena dominante del XIX capitolo sono il padre provinciale e il conte zio.
Il conte zio per esibire il suo potere invita a pranzo il padre provinciale e altri commensali per accrescere il suo prestigio.
Il conte zio e il padre provinciale sono due personaggi che, forti della lunga esperienza diplomatica e politica acquistata con gli anni attraverso il potere, tendono ad una prima contrapposizione non combattendo come giovani a colpi di lancia ma come vecchi (due canizie) con abilità di fiorettisti. Gli affari li dividono, ma molti elementi li accomunano e predispongono all’accordo. Entrambi sanno che la via più produttiva negli scontri non è quella del contrasto duro e radicale, ma quella del compromesso e dell’accomodamento, dello scambio di favori.
Questa stessa via viene presa dai politici di oggi che vanno “nei salotti televisivi” per la campagna elettorale del proprio partito e per ottenere consensi e voti promettendo di risolvere tutti i problemi del paese , però l'esperienza insegna che le parole resteranno soltanto parole ....
CHARLIE GRIOLI

Nel diciannovesimo capitolo, il conte zio dopo il colloquio con il conte Attilio decide di parlare con il padre provinciale. Un giorno quindi lo invita a casa sua. Il compito del conte è quello di convincere il padre a far trasferire Fra Cristoforo. Il colloquio è un capolavoro di diplomazia: i due pesano le parole, cercano di non offendersi, ma allo stesso tempo di non compromettere il loro obiettivo. Alla fine, il conte zio riesce a convincere il padre provinciale che s’impegna a trasferire Fra Cristoforo. La sua decisone è dettata dal fatto che Fra Cristoforo era una testa calda quindi era meglio non rischiare. Il colloquio tra i due personaggi può essere paragonato ai confronti televisivi tra politici durante la campagna elettorale. Essi, infatti ,come i due personaggi del romanzo discutono ed esprimono le proprie idee circa la situazione dello stato in modo civile, misurando le parole e senza compromettere la propria posizione, ma cercando con molta diplomazia di mettere in difficoltà l’avversario. Ognuno usa delle strategie per cercare di mettere l’oppositore in una posizione scomoda agli occhi o al parere dell’opinione pubblica così da accaparrarsi la simpatia e la fiducia degli elettori , gli obiettivi sono ottenere consensi e screditare gli avvarsari politici.
ROSARIO BONACCORSI
Rosario BONACCORSI
Salve prof:
Un punto di confronto tra i personaggi manzoniani e i politici di oggi,sta inizialmente nel dialogo tra il conte zio Attilio e il padre provinciale per il trasferimento di fra Cristoforo da parte di don Rodrigo.Il conte zio insinua che il frate abbia appoggiato Renzo nell'azione del tumulto milanese, quindi dopo ciò ,il padre provinciale promette che indagherà su tutto questo, ma alla fine il conte zio cede e racconta la verità cioè il diverbio aperto tra fra Cristoforo e don Rodrigo.Ecco il confronto tra i personaggi manzoniani e i politici contemporani che pur di ricavare il maggior numero possibile di voti durante il periodo delle elezioni fanno molto spesso delle promesse infondate.
Arrivederci

SPINELLA DAVIDE
Molte similitudini di politici contemporanei le ritroviamo ancora oggi con alcuni personaggi manzoniani. Così come don Rodrigo il conte Attilio e il conte zio anche i politici odierni sono in gran parte uguali a loro. Per esempio nel capItolo XIX, don Rodrigo si rivolge all'Innominato (personaggio molto losco di cui non è citato il nome ma che sappiamo ha avuto gravi precedenti penali) per preparare la cattura di Lucia. Qui possiamo fare un piccolo punto di confronto fra i due personaggi, così come don Rodrigo si rivolge all'innominato per il suo scopo, anche i politici di oggi si rivolgono alla mafia per i loro obiettivi, facendo significare che alcuni politici di oggi sono l'equivalente moderno di don Rodrigo. Nello stesso capitolo succede un altro fatto importante, ovvero il riuscito tentativo del conte Attilio e del conte zio, di togliere (tramite il superiore ecclesiastico) fra Cristoforo sotto la protezione di Lucia trasferendolo da Pescarenico. Questo fatto evidenzia soprattutto la capacità lessicale dei due personaggi che sono riusciti a far convincere il superiore ecclesiastico, rivelandogli l'unico scheletro nell'armadio di fra Cristoforo l'uccisione di un nobile, dopo che gli aveva ucciso un servo, di cui il frate ha preso il nome. Quest' abilità e il carisma sono le solite caratteristiche presenti in molti politici, così come i due personaggi.Questo colloquio tra i due si può attualizzare oggi con i politici e con i personaggi manzoniani di quattro secoli fà, rendendoli molto simili. Ma non è proprio così, senza i politici in Italia non si andrebbe avanti e sono fondamentali per migliorare il nostro paese, basterebbe soltanto che fossero eticamente più corretti anche in modo da dare l'esempio a tutti. Questo dimostra che, nonostante siano passati due secoli da quando Manzoni ha scritto "i Promessi Sposi", il problema sussiste ancora oggi, e ciò ci insegna che l'ingiustizia è sempre esistita ed esisterà sempre.

venerdì 14 marzo 2008

"Un filatore di seta che si chiama Tramaglino: lo conoscete?"


Cap.XVIII

A questo punto è necessario riflettere sulla funzione di Renzo in questi diciassette capitoli.Renzo è l'eroe in cerca di giustizia: un eroe umile, un "antieroe", attrraverso il quale Manzoni penetra in modo originale nelle vicende storiche di un'età.Gli equivoci per cui Renzo è oggetto di successivi travestimenti vogliono significare un'amara realtà, già enunciata peraltro da Perpetua:"Mala cosa nascer povero,il mio caro Renzo".
Chiusa l'avventura milanese di Renzo il narratore riprende i fili del racconto organizzando la successione degli argomenti relativi alle vicende di tanti personaggi secondo una sapiente regia che conferisce grande compattezza alla struttura del capitolo, sicchè questo si configura come un organico snodo narrativo e si delineano nel contempo nuove direzioni di percorso .La storia di maturazione di Renzo attraverso l'esperienza a contatto con una realtà nuova e così distante da quella consueta del villaggio si conclude..
Quali sono gli atteggiamenti e le azioni dei funzionari della giustizia che si occupano di Renzo?
Scheda di approfondimento :il romanzo di formazione di Renzo

Mariangela Leotta


Salve proff......inizio:
non appena Renzo si trova in salvo a Bergamo,nello stesso giorno, viene avvisato il podestà di Lecco di metter in moto le ricerche nei confronti di un certo Lorenzo Tramaglino,filatore di seta, che, miracolosamente sfuggito all'arresto, strappato con la forza fuori(dall'osteria) dall'autorità poliziesca,decide di recarsi presso il cugino Bortolo in direzione di Bergamo che rappresenterà per lui la salvezza. I funzionari della giustizia, nel caso in cui riuscissero a catturarlo, avrebbero dovuto arrestarlo subito e questa volta mettergli le manette e tenerlo sotto buona scorta, infine condurlo alle carceri,ed aspettare finchè non venissero a prelevarlo, perchè era già riuscito a scappare dalle mani della giustizia! Il podestà ordina, su sollecitazione delle autorità milanesi, una perquisizione in casa di Renzo.I compaesani non possono credere che si sia macchiato di qualche colpa e presuppongono una macchinazione di don Rodrigo. Il padre Cristofotro scrive a Bonaventura per avere notizie.
Saluti e Baci.....Mary

STEFANO CONTI
l podestà di Lecco ha ricevuto un ordine scritto perché si indaghi accuratamente sul giovane Lorenzo Tramaglino, che miracolosamente sfuggito all'autorità poliziesca,decide di recarsi presso il cugino Bortolo in direzione di Bergamo che rappresenterà per lui la salvezza. I funzionari della giustizia, nel caso riuscissero a catturarlo, avrebbero dovuto arrestarlo subito e tenerlo sotto buona scorta perchè era già riuscito a scappare dalle mani della giustizia. Il 13 novembre viene ordinata dalle autorità milanesi una perquisizione della casa di Renzo, indicato come pericoloso ribelle sfuggito alla giustizia. Il podestà la esegue e la notizia circola nel paese, dove la gente immagina che dietro a tutto questo ci sia la mano di don Rodrigo. Padre Cristoforo scrive al suo confratello di Milano Bonaventura per avere informazioni più precise.

CHARLIE GRIOLI

Lo stesso giorno in cui Renzo arriva a Bergamo , al podestà di Lecco arriva una lettera da parte della polizia milanese che ordina la perquisizione e il successivo arresto del filatore di seta Lorenzo Tramaglino. In questo dispaccio si dice: “Lorenzo Tramaglino è scappato dalle forze dell’egregio signor capitano, e sia tornato apertamente o nascostamente al suo paese, ignoto quale per l’appunto, ma sicuramente nei pressi di Lecco; se risulterà che sia così , cerchi il detto signor podestà, con tutta la diligenza che gli sarà possibile, d’averlo nelle mani; e legato a dovere, cioè con buone manette, lo faccia condurre nelle carceri, e lo ritenga lì, sotto buona custodia, per farne consegna a chi sarà spedito a prenderlo; e tanto nel caso del si, come nel caso del no, vi rechiate in casa del predetto e fatta la dovuta perquisizione , vi sequestriate tutto quello che secondo voi avrà attinenza col fatto e prendiate informazioni sulla di lui perversità”. La notizia della lettera della polizia mano a mano arriva anche in paese, e il fatto che Renzo venga dipinto come un delinquente, un fuorilegge desta un po’ di sospetti nella gente del luogo che lo conosce molto bene. Questa notizia arriva quindi anche a Frà Cristoforo che sbalordito avverte anche Lucia e Agnese, le quali ,in un primo momento sono molto preoccupate, ma in seguito alla notizia di Renzo al sicuro presso il cugino Bortolo, si tranquillizzano un po’.
RICCARDO SPADARO
Salve prof,
ecco quì la mia risposta:
Quando Renzo è ormai in salvo a Bergamo, lo stesso giorno viene avvisato il podestà di Lecco per le ricerche di un filatore, un certo Lorenzo Tramaglino,sfuggito alle forze dell'ordine e sul punto di tornare al suo paese..e nel caso in cui lo avessero potuto trovare, i funzionari della giustizia lo avrebbero dovuto subito arrestare, mantenendolo ,stavolta, sotto buona scorta in modo che non avrebbe potuto più fuggire , quindi in seguito avrebbero dovuto condurlo alle carceri ed aspettare finchè non venissero a prelevarlo,perchè era già riuscito a scappare dalle mani della giustizia . Ma quante precauzioni per quel povero Renzo!
Saluti,
ROSARIO BONACCORSI

Lo stesso giorno in cui Renzo arriva a Bergamo , al podestà di Lecco arriva una lettera da parte della polizia milanese che ordina la perquisizione e il successivo arresto del filatore di seta Lorenzo Tramaglino che deve essere seguito da una scorta e deve essere ammanettato accuratamente per essere imprigionato una volta per tutte. La notizia della lettera della polizia piano piano arriva anche in paese, e il fatto che Renzo venga dipinto come un delinquente, un fuorilegge desta un po’ di sospetti nella gente del luogo che lo conosce molto bene. Questa notizia arriva quindi anche a Frà Cristoforo che sbalordito avverte anche Lucia e Agnese, le quali in un primo momento sono molto preoccupate, ma in seguito alla notizia che Renzo è al sicuro a Bergamo, si tranquillizzano un po’.
Saluti
YVONNE SGROI

sera prof..ecco la mia risposta e scusi il ritardo..

Renzo arriva a Bergamo. Lo stesso giorno è avvisato il podestà di Lecco, gli viene detto di far ricerche di un tizio,un certo Lorenzo Tramaglino,sfuggito alle forze dell’ordine e con l'intenzione di tornare al suo paese. Allora il podestà avvisò che, se lo avessero mai trovato i funzionari della giustizia ,lo avrebbero dovuto arrestare subito , stavolta, sotto buona scorta in modo da rendere impossibile ogni tentativo di fuga, quindi condurlo alle carceri, ed aspettare finché non venissero a prelevarlo, dal momento che si era rivelato abile alla fuga. Il 13 novembre, dalle autorità milanesi, viene dato l'ordine di perquisire la casa di Renzo, indicato come “pericoloso ribelle” .. Il podestà la esegue e la notizia circola nel paese, ma la gente del paese di Renzo immagina che esisyta in fondo in fondo lo zampino di don Rodrigo. Intanto Padre Cristoforo scrive al suo confratello di Milano, Bonaventura, per avere notizie attendibili .

ANTONELLA SALVA' E LUCIA LA GUZZA

Sera prof...

La funzione di questo capitolo, dopo la lunga interruzione della "renziade", è quella di riprendere in mano le fila del racconto, dopo un momento di pausa riepilogativa , e cioè le nuove vicende dei protagonisti vecchi e nuovi come il conte zio. La funzione di raccordo, al solito, non esclude, la capacità di variare i toni, gli spazi e i tempi escludendo che il capitolo sia semplicemente di trapasso . ala'esigenza del realismo in Manzoni è sempre presente e così le trame di don Rodrigo ricominciano " questa relazione mise il diavolo addosso a don Rodrigo, o, per dir meglio, rendè più cattivo quello che già ci stava di casa". Prima di narrare le vicende degli altri personaggi, il narratore si sofferma sul brutale saccheggio, sotto la specie di una perquisizione legale, compiuto ai danni della casa di Renzo: la notizia del tumulto era giunta anche al paesello, e così la trista fama che a Renzo era stata attribuita, di essere uno dei capi della rivolta. Il povero Renzo non cessa dunque di subire violenza e sopruso in quanto povero nel solito mondo di ingiustizia: ritorna la direzione in cui si fondono politica ed arte, religione e morale, il nucleo incandescente della polemica manzoniana.

lunedì 10 marzo 2008

In morte del fratello Giovanni



Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentil anni caduto.

La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto.

Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch'io nel tuo porto quiete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.

Analisi del testo

Carme 101 di Catullo


Multas per gentes et multa per aequora vectus
advenio has miseras, frater, ad inferias,
ut te postremo donarem munere mortis
et mutam nequiquam alloquerer cinerem,
quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum,
heu misere indigne frater adempte mihi,
nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum
tradita sunt tristi munere ad inferias,
accipe fraterno multum manantia fletu,
atque in perpetuum, frater, ave atque vale.


Ho viaggiato tra molti popoli e su molti mari
e giungo qui, fratello, per donarti queste misere cose
in offerta come ultimo dono di morte
e per parlare invano alla muta cenere,
poiché la sorte mi ha strappato proprio te,
oh povero fratello toltomi ingiustamente,
ora tuttavia ricevi queste offerte, come triste dono
portate secondo il culto degli antenati,
grondanti di molto pianto fraterno,
e per sempre, fratello, addio.

Confronto e produzione

Provate a individuare i punti di contatto e le differenze fra i due componimenti .

CONCETTA RUSSO II E

Ugo Foscolo prendendo spunto dalla morte del fratello minore Giovanni, suicida per un debito di gioco, scrisse il sonetto “In morte del fratello Giovanni” per meditare sulla sua esistenza per la quale vedeva come uniche prospettive la morte e l’esilio. Questa lirica si apre con la speranza del poeta di poter visitare un giorno la tomba del fratello, ma la speranza, appare lontana e irrealizzabile a causa dell’esilio. Nella seconda quartina l’attenzione si sposta sulla madre che parla invano con il figlio morto del poeta vivo anche se lontano è il desiderio di abbracciare i suoi famigliari e si traduce metaforicamente nel gesto di protendere le braccia. Nella condizione precaria dell'esule,il ricongiungimento con la madre e con la terra natale è l'unico punto fermo , l'unica certezza che può vincere l'angoscia del poeta a cui non resta che un’unica speranza oltre quella di trovar pace nella morte, e cioè che un giorno le sue ossa possano essere restituite alla madre. Il sonetto, che si era aperto con i temi dell’esilio e della morte, si conclude con la ripresa degli stessi motivi.
Il “Carme 101” di Catullo ha in comune con la lirica di Foscolo il tema della morte del proprio fratello in occasione di una visita alla sua tomba mentre a Foscolo non è concesso questo perché è in esilio in terre straniere. In Catullo non troviamo la figura della madre che nel sonetto di Foscolo rappresenta l'anello di congiunzione del nucleo fsamiliare. Il ritorno impossibile sstesso, una sepoltura lacrimata, in modo che la sua memoria resti viva presso le coscienze dei suoi parenti più cari.
Foscolo nello scrivere questa poesia emula “Il carme 101” di Catullo.
Il tema
i attua nella morte, cioè nell'illusione di un ritorno al petto della madre.
CARMELO BUCALO
In morte del fratello Giovanni" è un sonetto composto nel 1803 da Ugo Foscolo. Giovanni, era il fratello minore, morto suicida nel 1801 a causa di un debito di gioco. L'opera si apre con la speranza del poeta di poter visitare, un giorno, la tomba del fratello, ma come lui ben sa l'esilio la farà apparire immediatamente lontana e del tutto irrealizzabile. Successivamente, Foscolo sposterà il suo pensiero sulla madre, figura tragica e maestosa, alla quale è affidata la ricomposizione familiare. Infatti, dal momento che il poeta si trova in esilio e inutilmente tende le braccia verso la sua terra, l'unico punto fermo, è la speranza che almeno dopo la morte un giorno le sue ossa possano rientrare in patria. . Dalla struttura del sonetto inoltre possiamo capire come Foscolo riesce nei versi finali a ritornare ai temi iniziali in modo circolare riuscendo a dare un perfetto equilibrio alla composizione.
Il "carme 101", di Catullo poeta latino, è stato scritto in occasione di una visita del poeta al fratello, non per niente Foscolo rileggendolo prese spunto da questa opera. Dunque in entrambe le liriche il tema principale è la morte del fratello, ma mentre Catullo compone il carme 101 spinto da questa visita Foscolo non riesce perchè costretto dall'esilio in terra straniera. Inoltre nel carme 101 non ritroviamo la figura della madre.
CHARLIE GRIOLI

Ugo Foscolo scrive “ In morte del fratello Giovanni” nel 1803 in seguito alla morte misteriosa del fratello Giovanni. La lirica infatti si apre con il poeta che esprime le sue riflessioni sulla triste morte del fratello , ma spera di poter un giorno visitare il luogo in cui è seppellito. Analizzando attentamente il testo si può vedere come Foscolo si sia ispirato al carme 101 di Catullo, dove il poeta parla da una parte della sua visita alla lontana tomba del fratello e , dall’altra dello sgomento che prova nel parlare con le sue “mute ceneri”. Tra le due poesie si possono notare affinità come delle differenze. Per esempio una delle affinità è che in tutte e due le opere si affrontano temi come la morte del fratello e l’esilio. Una delle differenze invece è che mentre il poeta latino riesce a giungere presso la tomba del fratello, seppur dopo molte difficoltà, Foscolo non ha questa possibilità in quanto la sua situazione non gli permette di rientrare a Venezia.Il ritorno , impossibile nella vita, cioè nella realtà, si attua nella morte, cioè nell'illusione, perchè la restituzione delle ossa consente l'illusione di un ritorno al petto della madre.
YVONNE SGROI
Buona sera Proffy!!

Ugo Foscolo prendendo spunto dalla morte del fratello Giovanni, che era morto in circostanze misteriose, ma si pensa suicida a causa di un debito di gioco, scrisse il sonetto “In morte del fratello Giovanni” per meditare sulla sua esistenza, della quale vedeva come uniche prospettive la morte e l’esilio. Questo sonetto si apre con la speranza del poeta di poter visitare un giorno la tomba del fratello (un dì), ma la speranza sembra irrealizzabile a causa dell’esilio. Nella seconda quartina l’attenzione si sposta sulla madre che parla con Giovanni e con il poeta. Nella condizione dell'esule,il ricongiungimento con la madre e con la terra natale è l'unica certezza che può vincere l'angoscia del poeta. Il sonetto, che si era aperto con i temi dell’esilio e della morte, si conclude con la ripresa degli stessi motivi, ma la morte non è l'annullamento totale "NULLA ETERNO",perchè essendo lacrimata, consente un legame con la vita.

Il “CARME 101” di Catullo e “IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI” hanno in comune la morte del proprio fratello, però mentre Catullo ha la possibilità di visitare la tomba di suo fratello, a Foscolo non è concesso per via dell’esilio. Inoltre in Catullo non troviamo la figura della madre che nel sonetto di Foscolo è l’anello che ricongiunge tutto il nucleo familiare.
GIADA GIUFFRIDA
“In morte del fratello Giovanni” di Ugo Foscolo fu composto nel 1803 a Milano in occasione della commemorazione della scomparsa del fratello Giovanni Dionigi, suicidatosi l'anno precedente (1801) in seguito a debiti di gioco. Dal punto di vista metrico si tratta di un sonetto, cioè un componimento di 14 endecasillabi raggruppati in due quartine e due terzine, con schema ritmico ABAB ABAB CDC DCD. Esso fu poi pubblicato nel 1803 nella raccolta Poesie e, insieme a soli altri 11 sonetti, è uno dei componimenti più emblematici della produzione foscoliana. In esso ci sono L'ESilio, la tomba, la morte del fratello e la figura della madre. Il sonetto inizia, come si può constatare, da una situazione di dolore: il poeta esprime le sue riflessioni sulla triste morte del fratello, ma non può recare omaggio di persona alla sua tomba a causa dell’esilio. Successivamente Foscolo immagina il dolore dell'anziana madre, che ora si trova completamente sola, e impegnata in un monologo delirante, mentre parla, con il fratello morto («cenere muto») del fratello assente.
L'ultima terzina conclude il componimento con un'invocazione di ottenere, per se che li accomuna è quello della morte di una persona molto cara e amata come il fratello. Il carme di Catullo è uno dei più intensi dei 116. Durante il viaggio in Bitinia, compiuto al seguito del pretore Caio Memmio, Catullo coglie l’occasione per visitare la tomba dell’amato fratello (contrariamente a Foscolo). Dopo un lungo viaggio, egli vuole rendergli finalmente gli onori funebri da tempo attesi e ha il desiderio di parlare con lui. Il poeta è molto addolorato, dal momento che il destino gli ha sottratto prematuramente il fratello che egli rimpiange. In seguito Catullo si rassegna e dà l’ultimo addio al fratello che mai più potrà rivedere.Il poeta fa alcun riferimento , si concentra unicamente sulla figura del fratello. Al contrario Foscolo parla della madre, figura chiave e simbolo del ricongiungimento col nucleo familiare.

ANTONELLA SALVA'

Sera prof......
La tematica dell'amore fraterno e la fine di una giovane esistenza trovano voce nella lirica di Catullo e nel sonetto di Foscolo “In morte del fratello Giovanni” che ha sentito le suggestione e l'influenza del poeta latino. Entrambi hanno sofferto il dolore ddella perdita di un fratello, che non ha avuto la possibilità di vivere tutta la sua vita. Come dicono entrambi il loro amore fraterno è stato come un fiore che è nato, sbocciato e morto troppo presto. Della bellezza di questo fiore, però,ci si accorge soltanto quando è troppo tardi. E allora si incomincia a pensare al perché non abbiamo voluto dare l' acqua per farlo crescere. Ebbene si per tutti è così. L' importanza di una persona si evince soltanto quando questa viene a mancare. In sua presenza ci appare tutto scontato. Ci siamo costruiti un impalcatura dell'anima, ma quando sappiamo che la persona verso la quale provavamo profondi sentimenti non c'è più, questa impalcatura crolla. Con il tempo impariamo a costruire un'altra dai pezzi distrutti, ma questa non servirà più a costruire un castello di sentimenti ma servirà a costruire una muraglia intorno ad esso per coprire il dolore ormai diventato troppo assordante. Foscolo è ossessionato dal pensiero di tornare in patria, per rendere omaggio a suo fratello. Lui non solo si rammarica per il fratello morto, ma anche per non poter tornare in patria e piangere sulla sua tomba. La sua condanna è quella dell' esilio, non solo fisico ma anche psicologico. È andato in frantumi il suo affetto verso la famiglia: tutta colpa della lontananza e del tempo che man mano cancella i ricordi trasformandoli in cenere che un giorno si sommerà a quella del corpo, ma l' anima si salverà e finalmente potrà riabbracciare il proprio fratello. Questo è quello che afferma Foscolo: la possibilità di una salvezza dopo la morte. Forse ha bisogno di crederci lui stesso per primo,o meglio deve crederci per forza perché davanti a sé rimane l'illusione che gli consentirà di vivere in attesa del "nulla eterno" Catullo,invece,è più avvantaggiato perché ha perso anche lui il fratello, ma lui almeno ha potuto versare le lacrime sulla sua tomba. Lacrime non di tristezza ma di rabbia. Rabbia verso colui che ha privato un uomo felice della sua felicità,del suo affetto. Foscolo si è ispirato a Catullo, vedendo quindi una somiglianza un qualcosa in comune: la tragica morte di una persona cara.

ANDREA MUSCOLINO

In morte del fratello Giovanni tra i grandi sonetti del Foscolo appare quello senza dubbio più intimo e più sofferto.
Dopo il furore tumultuoso dell'Ortis,dopo le confessione privo di ritegno di Iacopo,le parole di questo sonetto cosi semplici,sobrie e pure colme di pena sono la prova più grande di maturazione raggiunta.
Il fratello Giovanni Dionigi appena ventenne si uccise con un colpo di pugnale per un debito di gioco .
Proprio nel 1802 il poeta scrisse questo sonetto che voleva essere di compianto per morte inmatura del giovane.
Ma più del dolore per la morte del fratello suonano in questi versi i motivi essenziali del Foscolo:il motivo dell'esilio,le tempestose cure che travagliano il suo spirito,il vagheggiamento della sepoltura nella quiete della patria,il presentimento della morte tra genti straniere.Non solo quindi un compianto per il fratello ma piuttosto il vagheggiamento della pace che egli ha raggiunto .
Risalta soprattutto la figurazione della propria fuga di gente in gente.Il critico Luigi Russo ha sostenuto che questo è "solo apparentemente un sonetto di affetti domestici;in realtà è poesia della solitudine pellegrinante dell'uomo su questa terra.Proprio questo sonetto gia nella prima quartina vede il predominare del tema dell'esilio,quella consapevolezza della propria sorte di esule che è del tutto innata nell'animo del foscolo.Interessante è notare come questo sonetto cosi romantico nell'ispirazione riecheggia di motivi e parole che molto si rifanno alla classicità.
Proprio nel Foscolo l'antico e il moderno,il classico e il romantico pervengono ad una sintesi altissima.I primi versi riportano ai versi di catullo :"multas per gentes..."ma ci si domanda dov'è nel poeta latino quella pena universale di esilio che derivò al Foscolo dal nuovo significato di patria come conseguenza dell crollo dei miti illuministi nè del resto vi è il dubbio o il timore che lo trattiene al di qua della pietra.I versi di catullo si pongono come un miraggio,un approdo negato per sempre al poeta moderno.
"Multas per gentes et multa per aequora vectus" sottolinea la lunghezza e la fatica di un viaggio;anche qui lo stesso Catullo riprende un modello epico .
Infatti egli riecheggia l'inizio dell'odissea di Omero,dove il protagonista Ulisse è presentato cm "l'eroe che molto soffri ' che di molti uomini vide le città e conobbe la mente,che molti dolori soffri per mare.
Nel sonetto di foscolo nella seconda quartina compare d'apprima l'immagine della madre piangente sulla tomba del figlio;poi di nuovo la figura dell'esule che invano tende le due sue palme deluse " verso la patria e da lontano saluta i suoi tetti.Tutte queste immagini cioè la madre,la patria,la tomba del fratello sono il simbolo di un mondo ideale dal quale il poeta si sentiva sdradicato,di quel porto al quale aspirava per rinvenire la quiete.
Rimane solo la madre che,trascinando lentamente i suoi giorni, parla di lui esule con il suo cenere muto .
Questo stesso verso richiama il famoso verso di catullo"et mutam nequiquam alloquerer cinerem"lì il poeta si rivolge ad una muta cinis che non può rispondergli .
Il verso del Foscolo invece congiunge in un solo pensiero i due figli lontani,il figlio esule con quello perduto.Anche la parte finale del sonetto sembra quasi racchiudere in sè un senso infinito di stanchezza,di pace,quale appunto traspare da"e pego anchio nel tuo porto quiete" ilFoscolo avverte anche le segrete ngoscie che travagliarono l'esistenza del fratello e invoca nel medesimo porto la quiete nn di certo lo preoccupa l'idea della morte;la sua è la ricerca di un sepolcro cm qll del fratello,un sepolcro e la quiete della patria.
Il motivo dell'esilio si fà ancora più vivo proprio nei versi finali là dove esordisce "straniere genti,almeno le ossa rendete allora al petto della madre mesta".le genti fra le quali il poeta va fuggendo rimangono pur sempre genti straniere anche xk la sua patria rimane solo un ideale.
L'unica speranza quindi che può rimanere è di poter finalmente approdare a un giusto porto.
Quanto al componimento di catullo, dopo il dolore palese del distico centrale là dove c'è tutto

un' espressione immediata del dolore per la scomparsa del fratello,l'idea che questo fratello gli è stato strappato via come appunto appare nei versi"fortuna mihi tete abstulit ipsum",tutto sembra rientrare in una misura piu sorvegliata e cioè Catullo riprende il controllo di se stesso e compie il rito che nei primi versi aveva dichiarato essere il fine del suo viaggio e cioè compiere i riti necessari per gli onori funebri e portare con triste tributo x l offerta i doni,secondo l'antico costume degli avi.ma questi doni saranno cosparsi dal pianto del fratello,"munera fraterno multum manantia fletu".

Cordiali saluti


Salve prof ecco il mio post su queste due poesie
SANDRO DEL POPOLO
In morte del fratello Giovanni è un sonetto scritto nel 1803 da Foscolo riguardante il fratello Giovanni, morto due anni prima per debiti di gioco. Per quanto riguarda la struttura il sonetto è interamente giocato sull'opposizione di due motivi fondamentali,da un lato mette in risalto il tema dell’esilio del poeta che non gli permette di visitare la tomba del fratello e rendergli gli onori funebri dall'altro la tomba , come centro intorno a cui si raccoglie il nucleo fondamentale. Successivamente, nella seconda quartina Foscolo si concentra sulla madre,la quale è l’unica certezza di riunificare la famiglia, infatti sulla tomba il poeta spera di poter ricongiungere il legame affettivo col fratello, con la cenere del figlio morto la madre parla del figlio lontano. Nelle due terzine finali invece Foscolo fa riferimento al presente e al futuro,smontando le sue speranze e facendo ancora riferimento all’illacrimata sepoltura.
Questa poesia con il Carme 101 di Catullo ha un’analogia :il tema della morte del fratello. Infatti il Carme si concentra su un momento nel quale Catullo si reca alla tomba del fratello e si lascia andare ad un momento di sfogo. Diversamente invece le tematiche dell’esilio e del
la madre,presenti in Foscolo non sono presenti in Catullo

STEFANO CONTI

ll sonetto“ In morte del fratello Giovanni” fu composto nel 1803.
Si apre con la speranza del poeta di poter visitare la tomba del fratello morto per un debito di gioco in circostanze misteriose, ma l'autore è consapevole che l'esilio renderà questa speranza irrealizzabile. Nella seconda parte Foscolo parla della madre una figura tragica e maestosa alla quale è affidata l’unità della famiglia, essa parla invano al figlio morto del poeta in esilio che ha un forte desiderio di “abbracciare” la sua patria. Foscolo trova un po’ di serenità pensando alla morte (" e prego anch'io nel tuo porto quiete" ).e riesce nei versi finali a ritornare ai temi iniziali cioè quelli della tomba e dell’esilioe ripropone quel ricongiungimento col nucleo familiare che sembrava impossibile e definitivamente negato.
Il “Carme 101” di Catullo ha in comune con la lirica di Foscolo il tema della morte del proprio fratello in occasione di una visita nella Troade alla sua tomba, mentre a Foscolo non è concesso questo e sarà il suo tormento costantee nel poeta latino non ritroviamo poi la figura della madre .

RICCARDO SPADARO
Salve prof,
ecco quì la mia risposta:
Ugo Foscolo scrive “ In morte del fratello Giovanni” nel 1803 in seguito alla luttuosa vicenda della morte del fratello Giovanni: La poesia si apre con le sue riflessioni sulla triste morte del fratello e con la speranza che un giorno possa rendergli onori funebri. Studiando attentamente il testo si può vedere come Foscolo si sia ispirato al carme 101 di Catullo, dove il poeta parla da una parte della sua visita alla lontana tomba del fratello in Asia Minore , dall’altra dello sgomento che prova nel parlare con la sua “muta cenere”. Tra le due poesie si possono notare somiglianze come delle differenze. Per esempio una delle affinità è che in tutte e due le opere si affrontano temi come la morte del fratello e l’esilio. Una delle differenze invece è che mentre Catullo riesce a giungere presso la tomba del fratello, seppur dopo molte difficoltà, Foscolo non ha questa possibilità in quanto la sua situazione non gli permette di rientrare a Veneziae la figura della madre che non risulta presente in Catullo. La poesia é sicuramente una delle più profonde tra i sonetti del Foscolo.

Mi scusi per il ritardo ma il pc fino alla settimana scorsa era dal tecnico per la formattazione.
Saluti


venerdì 7 marzo 2008

Il percorso interiore: Renzo fugge verso l'Adda(Cap. XVII)


Nel suo cammino verso l'Adda, Renzo ripensa non solo agli eventi recenti di Milano, ma al suo rapporto con Lucia, con Agnese, con Padre Cristoforo.Queste tre figure rappresentano il mondo dei valori che guidano il giovane nella sua crescita morale e gli permettono di vincere le sue paure.
Immaginate un'avventura di viaggio in cui siete costretti dalla situazione a dover attraversare un grande fiume.I luoghi di riferimento e l'ambientazione geografica devono essere esatti, le situazioni descritte credibili, in modo da dare al racconto un taglio realistico.

MARCO SIRACUSANO

Un giorno io e i miei amici, decidemmo di fare una scampagnata, e cosi partimmo verso la montagna.
Il tempo non era dei migliori e c'era un forte vento.
Dopo circa mezz'ora che giravamo per i boschi, vidi in lontananza una strana pianta e mi avvicinai per vedere meglio. I miei amici non si accorsero di nulla e proseguirono. E fu così che mi persi. Provai a chiamare col cellulare ma non c'era linea. Quindi cercai di orientarmi e ritrovare la strada. Purtroppo sbagliai sentiero e dopo circa venti minuti di cammino arrivai ad un fiume.
A circa cinquecento metri dalla sponda opposta vidi delle macchine e pensai di chiedere a loro se avevano visto un gruppo di ragazzi passare da quelle parti.
Provai a gridare ma il rumore dell’acqua copriva del tutto la mia voce e di conseguenza fui costretto ad attraversare il fiume.
Mi arrotolai i pantaloni e mi levai le scarpe, in modo da lasciare qualcosa di asciutto.
La corrente era forte e a volte mi sentivo sprofondare i piedi tra la sabbia.
Non riuscì a proseguire e tornai a riva.
Seguendo la riva cercai un guado o qualcosa di simile...
Trovai un punto con in livello dell’acqua più basso e provai a passare ma invano, stesso problema iniziale.
Proseguì di nuovo e mentre mi allontanavo dal punto di partenza vidi una sequenza di pietre che arrivavano a metà tra me e la mia meta.
Provai a passare. All’ultimo masso non avevo appigli su cui poggiarmi e decisi di immergere un piede.
Era molto più profondo e molto più freddo. Ma a quel punto non potevo tornare indietro e continuai.
Camminavo a stento ma ero convinto di poter arrivare all’altra sponda.
Misi il piede di traverso e caddi in acqua.
Appena arrivai con la testa sott’acqua mi preoccupai per quello che avevo addosso. Ma quando vidi i pochi centimetri che c’erano tra me ed una pietra pensai alle conseguenze che potevano esserci se cedevo poco più avanti.
Con molta fatica mi rialzai e ricomincia la mia marcia.
Caddi di nuovo ma questa volta fu tutto più facile.
La distanza con l’altro lato sembrava immensa.
Qualche altro passo e sentì l’acqua diventare più calda e meno profonda.
Quando arrivai alle macchine chiesi aiuto alle persone li presenti.
Spiegai loro da dove venivo e mi accompagnarono…

Forse è un tantino esagerato ma fa parte di un libro che sto tentando di scrivere




comunque ne approfitto per salutarla e per augurarle una buona pasqua visto che domani non potrò venire a scuola per via della febbre.
Sera prof!
Marco

Ok Marco ! Ricambio gli auguri a te e famiglia anche per una pronta guarigione!
La prof
RICCARDO SPADARO

In un giorno dal cielo sereno mi diressi verso la città di Bologna per andare a trovare i miei più cari parenti.Quindi mentre stavo camminando su un viottolo pietroso incontrai una persona del luogo che mi spiegò una scorciatoia per arrivare prima, ma mi disse che mi dovevo inoltrare nel bosco lì accanto e attraversare il fiume Po,quindi lo salutai ringraziandolo e seguìi le sue istruzioni.Entrando nel bosco notai subito i vari tipi di alberi tra i quali si potevano riconoscere abeti,larici e noci le cui foglie aghiformi rispecchiavano la luce del sole creando effetti di luce meravigliosi che si proiettavano sulla terra che calpestavo.In giro per il bosco sentivo il fischiettio di alcuni uccelli che mi accompagnarono fino alla fine del tragitto dove sentìi lo scroscio del fiume Po.Quì cercai subito un modo per attraversarlo, ma non venendomi nessun idea in testa, mi sedetti sopra una roccia corrosa per la forte corrente del fiume e mi addormentai improvvisamente per l'estenuante cammino.Al mio risveglio mi ritrovai in una casa dove accanto al letto su cui sedevo, giaceva un piccolo braciere e un cane da caccia e più in fondo mi accorsi di un uomo seduto .Costui dall'apparente età dei sessanta aveva una folta barba,così, appena mi avvicinai lui si presentò e dicendomi di avermi trovato addormentato sulla riva del fiume di notte mi portò a casa sua perchè non sarei riuscito a sopravvivere alla rigida temperatura che regnava nel bosco di sera.Quindi parlammo,gli spiegai la mia situazione e lui mi rispose che mi avrebbe fatto oltrepassare il fiume il giorno seguente, visto che possedeva una barca.Così appena sorse il sole, partimmo per il fiume e ci imbarcammo , dopo una mezz'oretta raggiunsi la sponda opposta,quindi lo ringraziai per tutto ciò che aveva fatto per me e mi diressi verso Bologna con il sole che si rifletteva sul mio viso rassicurandomi che non mi avrebbe abbandonato fino alla fine del viaggio.
Saluti,

lunedì 3 marzo 2008

Le vostre citazioni


Il rosso, il bianco e l’azzurro. E poi il rosso sul bianco e ancora tanto bianco; ancora tanto azzurro. [...]
Penso che i colori sono una splendida creazione della natura e che il nostro occhio percepisce tramite essi
il multiforme e variopinto aspetto della realta’ delle cose in tutta la loro bellezza.


Tutti i colori del giorno

Segnalate una citazione su questo tema

Lo scrigno dei colori è un piccolo universo delle apparenze dove la fisica moderna di Newton ha costruito con la luce del sole le sue certezze, dove egualmente Goethe ha costruito una sua storia, per rendere più oggettivo un principio universale che egli cercava quasi con furore: l'imprevedibile della natura e la naturale semplicità delle arti, quella di saper guardare, sentire accanto al principio della qualità.

Teresa (da M. Brusatin)


SAVERIO cara prof eccole qualche citazione sui colori:

* Amo i colori, tempi di un anelito inquieto, irresolvibile, vitale, spiegazione umilissima e sovrana dei cosmici "perché" del mio respiro. (Alda Merini)

* I colori maturano la notte. (Alda Merini)

* I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni. (Pablo Picasso)

* Il colore è un mezzo di esercitare sull'anima un'influenza diretta. Il colore è un tasto, l'occhio il martelletto che lo colpisce, l'anima lo strumento dalle mille corde. (Vasilij Kandinskij)

* Non c'è blu senza il giallo e senza l'arancione. (Vincent Van Gogh)

spero che le piacciano, arrivederci.

MARCO SIRACUSANO
- Le anime più pure e più pensose sono quelle che amano i colori. (I. Ruskin)

- Tutto ciò che vediamo è sorto da una massa di colori trasformata in piano e volume, e ogni macchina, cosa, persona, tavola è un sistema pittorico di volumi predisposto per scopi precisi. (K. Malevic)


- Come un nulla senza possibilità, un nulla morto dopo la morte del sole, come un silenzio eterno senza avvenire, risuona interiormente il nero. (V. Kandinskij)

- Se vuoi sognare e hai bisogno di un tonico, rovescia la coppa del cielo e beviti l'azzurro! (L. Vidales)

- "Non essere gelosa del sole che dipinge il cielo per te." (Vitale Tagliaferri)

- "Quando si scrive delle donne, bisogna intingere la penna nell'arcobaleno." (Baltasar Gracian)

- "Il riso sulla sua bella faccia pareva l'arcobaleno e io la baciai ancora." (Italo Svevo)


ANTONELLA SALVA'
Sera prof..........

I colori sono i veri abitanti dello spazio. La linea non fa che viaggiarvi attraverso e percorrerlo; essa passa soltanto.
(I.Klein)

Son belle le sere quando la luce scende di colore e dall'oro e dal viola s'immerge nel turchino.
(G. Viogolo)


Le anime più pure e più pensose sono quelle che amano i colori.
(I. Ruskin)

Tutto ciò che vediamo è sorto da una massa di colori trasformata in piano e volume, e ogni macchina, cosa, persona, tavola è un sistema pittorico di volumi predisposto per scopi precisi.
(K. Malevic)



Se vuoi sognare e hai bisogno di un tonico, rovescia la coppa del cielo e beviti l'azzurro!
(L. Vidales)


«La gioia è un punto bianco tra una distesa nera o una distesa bianca con un puntino nero?»
«Bisogna essere preparati alla semina, al raccolto, e all'aridità, predisposti al bianco, al nero e al grigiore, al sogno, al mistero e alla riflessione.»
«Non essere gelosa del sole che dipinge il cielo per te.»
(da Vitale Tagliaferro)

Ma come! Non avete vetri colorati? vetri rosa, rossi, azzurri, vetri magici, vetri paradisiaci? Spudorato! avete la sfrontatezza di girare per i quartieri poveri, e non avete nemmeno vetri che fanno vedere la vita in bellezza!
(Charles Baudelaire)


Il flirt è l'acquerello dell' amore.
(Bouerget)

Le notti senza di te non hanno colore, invece i giorni sono grigi; ma i pensieri sono lava vulcanica che annientano finché non giungeranno alla meta.
(Imo Corde)

Io voglio da te: un cuore d'oro, un domani rosa, un cielo azzurro, ed anche sguardi vermigli, abbracci blu, luci rosse, notti bianche; tutto tra panorami verdi e complicità nera; insomma, un arcobaleno come te.
( Fran Tarel)

La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca
( Baltasar Gracián y Morales
)