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venerdì 27 aprile 2007

la figura di Ulisse in Omero


Cari alunni della I E,
Omero ha definito la personalità di Ulisse partendo da questi epiteti:
-polytlas , "colui che ha molto sopportato";
-polytropos, "dal carattere multiforme";
-polymetis, "dalle molte astuzie"
-polymechanos, "capace di trovare molte soluzioni".
Come vedete, negli epiteti ricorre sempre, il prefisso poly, che in greco significa" molto, molteplice".
Ed è proprio questa molteplicità di doti che rende complesso e affascinante il personaggio Odisseo.
Quando entra nella spelonca di Polifemo, il mostro è assente.Potrebbe rubare del cibo e fuggire e invece vuole restare e vedere...Fate una ricerca sul ciclope, mostro terribile e antropofago e sul mito di Eolo.E risentirci !
N.B. Postate il commento e la ricerca.

"il tema del viaggio", clicca qui per visitare la pagina


Odissea, da Wikipedia

giovedì 26 aprile 2007

tramonto






la poesia non è morta

Cari alunni della II E,
oggi abbiamo visitato il Parco della Mondialità (Gallico) ideato e iniziato nel 1970 da P.Aurelio Cannizzaro,missionario Saveriano in Cina e nelle isole Mentawaii (Indonesia).
I missionari Saveriani nelle scuole, con i programmi CEM ,si occupano di interculturalità e problematiche del Sud del mondo e il loro motto è fare del mondo una sola famiglia.
Come voi sapete la società italiana,al pari di quelle europee,
si avvia a essere sempre più multietnica.Si tratta di decidere
come convivere e si può scegliere tra la cultura dell'accoglienza e quella del rifiuto.Quest'ultima rischia di cadere nel pregiudizio e nell'intolleranza.La cultura dll'accoglienza non può prescindere dalla cultura della legalità.Ma senza pregiudizi.L'intelligenza e lo spirito di tolleranza,il buon senso e la conoscenza sono, però, armi invincibili.per questa ragione i nemici della libertà hanno vinto molte battaglie,ma hanno perso la guerra.Ciao a tutti !
Scipio Slataper ((Trieste 1888-Monte Podgora,Gorizia,1915)
ha scritto Il mio Carso, prosa autobiografica che , collocandosi nella temperie dell'espressionismo vociano, supera la poetica del frammento dei giovani scrittori che ruotavano attorno alla rivista fiorentina, conseguendo una sua compatta, sia pure acerba unità compositiva.
Il libro è diviso in tre parti non titolate. La prima parte è tutta dedicata alla rievocazione dell'infanzia triestina e della scoperta del Carso. L'inizio famoso, si serve di un espediente retorico (l'anafora), tipico dello stile alto , per formulare una falsa ipotesi sulle proprie origini, subito smentita, con un effetto al tempo stesso epico e ironico, che bene introduce al tono nostalgico della narrazione: "vorrei dirvi: sono nato in carso, in una casupola col tetto di paglia annerita dalle piove e dal fumo..."
La seconda parte inizia con la descrizione del nuovo porto della città. La vita cittadina, che comprende la scuola, gli amori, le associazioni giovanili proibite dalla polizia, ma anche il ricordo di uno zio garibaldino, è resa con il frequente ricorso al dialogo in dialetto, ardita soluzione stilistica in un impianto letterario vociano. La terza parte più breve, racconta il ritorno a Trieste e al carso, dopo il suicidio di Gioetta, la donna amata.La prosa si fa più febbrile, i pensieri
si confondono uno con l'altro, e su tutto domina l'incertezza, lo spaesamento: " io sono solo e stanco. Posso tornare e restare."

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